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"Una serata in compagnia dei Bluedeepa, band alternative rock"

Un sabato sera come tanti per molti, ma non per
questo gruppo romano, che riparte con un nuovo
disco. Un disco che si avvale della direzione
artistica di Saro Cosentino, già produttore artistico
di Franco Battiato, >Radio Derwish, Massimo
Zamboni e Mauro Sgalambro.
Il Jailbreak, il locale che spalancherà le porte ai
Bludeepa, è ancora vuoto quando arrivo. Il gruppo
è a un tavolo, in attesa di pizze e birra. C'è chi si
precipita, chi è curioso, chi invece rimane in
disparte: le chiacchere non sempre piacciono ai
musicisti.
C'è fermento: una serata sentita, ma al contempo
adrenalinica, che non può che giovare allo
spettacolo. Due chiacchere preliminari mi permettono di conoscere un po' di più questo gruppo,
dopo messaggi scambiati sul MySpace del gruppo, e soprattutto, dopo aver avuto l'onore di ascoltare
in anteprima il loro disco. La curiosità è tale che non vedo l'ora di sentirli suonare.
Il locale inizia a riempirsi, e le parole fanno fatica a farsi sentire. A un certo punto anche il tavolo si
svuota. I musicisti iniziano a correre per il locale, immersi tra saluti, baci e quel pizzico di ansia per
l'imminente inizio.
Così, nell'attesa che inizi il live, vado a trovarmi un posto vicino al palco, di modo tale da aver una
visuale perfetta.
Il palco, oltre che dagli strumenti dei cinque musicisti, è curiosamente adornato da tre televisori:
una miscela di immagini e musica che racconteranno la band.
I musicisti attraversano la platea e si sistemano alle loro postazioni. Il telone che adombrava gli
strumenti viene tirato su svelando ogni componente al proprio strumento.
Il primo pezzo è quello che apre l'album: 'Tempo Meccanico'. Un inizio ritmato dal batteria di Andrea
Nicolè, potente, che esplode con il ritornello: "Libera, nessun quadrante conta…. Libera, è il
desiderio che conta", con le braccia di Danilo Butcovich, voce potente del gruppo, che si aprono come
a voler volare via, liberi, senza costrizioni di spazio, luogo e tempo. Liberi di essere, di vivere, di
amare. Pezzo rafforzato dalla seconda voce di Salvatore Romano, uno dei due chitarristi che
compongono i Bludeepa.
Ma ecco che si insinua la linea di basso, in 'Senza Respiro' (la mia canzone preferita dell'album). Un
inizio sussurrato che si condensa lisergicamente al pizzicato del basso di Maurizio Massi, andando
quasi in apnea. Un loop sulle frequenze più basse, che fanno spaziare la mente verso paesaggi
ignoti.
Si prosegue con 'Buchi Neri', dove l'oblio si scatena in un pericoloso vortice. Una caduta libera alla
ricerca continua di quell'anima che, in qualche modo, ci completa, riempie quei buchi o che quei
buchi li provoca, li crea, e per questo si brucia. Una delle canzoni più sofferte dell'album, con un bel
riff di chitarra che graffia; Bruno Lo Turco completa questa rock band romana.
'Dentro un lunghissimo inverno' si affaccia su quelle atomosfere Anni '70 che ritroviamo anche in
'Senza Respiro'. Una canzone che parte un po' cupa, che esplode in tutto il suo dolore e solitudine nel
ritornello. Malinconicamente intensa, intensamente bella.
Un'intro di chitarra apre 'Sul piano infinito'. Bruno, il chitarrista, si scatena finalmente,
uniformandosi alla carica del gruppo. Una quasi rock ballad; il ricordo di un brivido passato, che
riemerge, forse in un nuovo amore.
Conclude la presentazione dell'album, rigorosamente in ordine di scaletta, 'L'uomo che guardava le
stelle'. Il basso riaffiora, mentre la batteria si mette da parte, delicatamente. Una canzone
d'atmosfera, da ascoltar a lume di candela. La colonna sonora per un momento che potrebbe
restare indelebile sulla pelle e nella mente - Castlerock


"Bludeepa: oltre il rock."

I Bludeepa nascono a Roma cinque anni fa e la loro storia è quella di molti altri gruppi italiani: la lunga
gavetta fatta di sala prove e primi concerti in quei locali che, per fortuna, decidono di puntare ancora sulle
band emergenti. Tra il 2002 e il 2006 i Bludeepa inanellano una lunga serie di concerti, partecipando
anche a festival e rassegne che permettono loro di conquistare una certa notorietà anche al di fuori del
circuito musicale romano. Nel 2006 la loro musica viene trasmessa nello storico programma di RadioDue,
Stereonotte, e i componenti sono intervistati dal conduttore Vicent Messina.
Dopo L'età inquieta, loro primo disco co-prodotto con la Blond Records, nel marzo del 2007 esce la loro
seconda prova su cd, In assoluta presenza di fragilità: sei brani di rock italiano contaminato da
un'elettronica mai troppo oscurante, ma in grado di sottolineare abilmente i testi scritti dal cantante
Danilo Butcovich.
L'impostazione tipicamente rock del gruppo, formato da due chitarre, voce, basso e batteria emerge
chiaramente nel brano che apre il cd, Tempo meccanico, in cui gli arrangiamenti del produttore (oltre che
chitarrista e abile strumentista elettronico) Saro Cosentino creano un'atmosfera che si fonde in maniera
egregia con un testo interessante.
L'aspetto forse più interessante dell'opera dei Bludeepa è la loro capacità di trasformarsi, cambiare di
brano in brano, senza rimanere legati a schemi fissi: il lento Senza respiro può ricordare, in alcuni suoi
momenti, i Negrita, ma il paragone regge per poco, perché il gruppo romano aggiunge nuovi elementi e
fornisce prova di una buona abilità musicale. Così come l'inizio di Sul piano infinito, quinta traccia, che
riecheggia il classico intro di scuola "ligabuiana", ma sa abilmente allontanarsi dal clichè grazie anche
all'uso sapiente di suoni diversi dal classico rock.
L'ultimo brano, L'uomo che guardava le stelle, è vera poesia musicata, con una voce calda, appena
sussurrata, che è in grado di trasmettere vere emozioni: "un modo di vivere: nascere divenire universo e
poi morire".
Colpiscono i testi, ricercati, a tratti ermetici, come "dentro un lunghissimo inverno/con l'aria fredda che
ritorna/lo sguardo taglia parole" della canzone Dentro un lunghissimo inverno o il bellissimo verso tratto
da Sul piano infinito: "cadimi dentro, l'aria ci striscia intorno/e mentre cadiamo ritrovo l'incanto di te".
I Bludeepa rappresentano una bella promessa del rock italiano, ricercato, ma senza scadere
nell'autocelebrazione tipica di molte band attuali; il loro punto di forza è la sapiente alchimia che si crea tra
strumenti classici e suoni nuovi di un'elettronica appena accennata, che permette, però, di arricchire il
sound della band romana.
Un unico rammarico: il cd contiene solamente sei brani.
Peccato. - WHIPART


"IN ASSOLUTA PRESENZA DI FRAGILITÀ (EP) AUTOPRODOTTO - 2007"

“Ogni canzone è un po’ di disarmo
acquisito. Un po’ di fragilità dichiarata”.
Con queste parole i Bludeepa presentano
il loro Ep targato 2007: “In assoluta
presenza di fragilità”. Un titolo
coraggiosamente poetico, schietto,
riflesso di una condizione interiore che
nasce dalla consapevolezza
dell’importanza della fragilità.
La fragilità è il prezzo da pagare per
arrivare ad una meta nobile: il “volere non
dovere”. La fragilità nasconde un
paradosso: in realtà è una ricchezza, un
punto di forza, una difesa della
personalità. Conquista rispettata
totalmente da Saro Cosentino (F. Battiato,
M. Sgalambro, Radio Derwish, Massimo
Zamboni) che ha curato la produzione
artistica, lasciando inalterato il sapore
della creatività della band romana.
I sei pezzi che compongono l’Ep rivelano i
colori classici del rock di matrice italica,
ma senza forzature mimetiche. Gli spunti
sono solo un punto da cui partire e da
arricchire con elementi originali, in primis i
tocchi di un’elettronica sapiente e mai
invadente (infatti i Bludeepa nascono
come un trio elettronico: chitarra, tastiera
e basso).
La dimensione testuale è assolutamente
affascinante e tessuta “osando” giocare.
“Tempo meccanico”; pezzo d’apertura,
offre all’orecchio la carica rock della band
e la qualità di una voce che scandisce voli
lirici: “libera, nessun quadrante
conta/libera, solo il silenzio conta/libera,
cronometrando sogna/libera, è il desiderio
che conta”.
Suoni e parole disegnano un’atmosfera a
tratti claustrofobica in “Senza respiro”:
“Sei/come una sfera
elettrica/sconcerta/senza respiro”.
Come perle che scivolano via da un filo
scorrono i versi di “Buchi neri”: “Non mi
ricordo dov’è finito il tempo/come l’ho sciupato/come se ne è andato/come
masticato/dalla mia voracità”.
Come neve senza rumore… fiocca “Dentro
un lunghissimo inverno”: “gocce di
sale/dentro le mie vene/tutto
s’inchioda/senza sentire più suoni”.
E… suona assoluta la poesia, come foglie
di un autunno in agonia “Sul piano
infinito”: “Cadimi dentro/l’aria ci striscia
intorno/E mentre cadiamo ritrovo l’incanto
di te”.
E… suona regina la poesia come sciami di
stelle in caduta libera in “L’uomo che
guardava le stelle”: “Entrando l’universo
sopra me/Riempie di comete i miei
pensieri/Mi lascia senza fiato per
riprendermi/E cambia tutte quante le mie
nuvole”:
“In assoluta presenza di fragilità” i
Bludeepa maneggiano il gioco del paradosso
e provano a rimanerci in equilibrio, con
classe. - DNAMUSIC


"Nel Profondo Dentro"

E’ suono piricopaco che fa intere vasche in atmosfere liquide, ora amniotiche ora
dopaminiche. Mix di elementi contrastanti che sbottano, si fondono, si uniscono nel
carnale virtuale e si ricercano di nuovo nella loro visione umida, di giornata uggiosa che
regala quel sottile limbo di condensa sui muri e di accumulo elettrostatico voglioso che
implode dentro. Dietro la direzione artistica del grande Saro Cosentino (Battiato, Radio
Derwish, Massimo Zamboni e Mauro Sgalambro) arrivano i romani Bludeepa con il loro
album “In Assoluta Presenza di Fragilità”, sei takes che si avvolgono a spirale intima e si
riscaldano in scatti elettronici, lasciando sulle papille gustative di chi ascolta una dolce
sensazione di suono contagiato, riuscitissimo nell’accostare e fondere il tocco moderno
del digitale con lo spirito strumentale classico del rock e della sua “Missione”. Ogni traccia
è quasi un mondo a sè, non rincorrono un filo logico a puntate ne tantomeno un concept
pensiero, ma sciccosi spruzzi di istantanea poetica che hanno solo un'impellente
necessità: quella di venire allo scoperto. I Bludeepa con questo album scoprono
definitivamente le loro carte, e forti di plackard live un po’ dappertutto, si accingono
all’assalto del vasto e difficile pubblico liberando subito le loro personalità in “Tempo
Meccanico”, traccia agile che fugge via sul suo tappeto rocktronic, dove si rintracciano gli
ansimi dei primi Tiromancino; oppure nella bellissima “Senza Respiro”, che rapisce per il
run mantrico elettro-trip-hop e che riporta alla memoria i fasti dei Karma. E poi via con le
dissolvenze di “Buchi Neri”, le sinuosità magnetiche di “Dentro Un Lunghissimo Inverno”,
ballad reverberata, dove ogni tanto, specie nel cantato e nel fragore finale, si affaccia lo
spiritello di Pau dei Negrita, che si perde nelle frastagliate magnifiche onde sonore di “Sul
Piano Infinito”, track a mio avviso disturbata da un fuori luogo macroscopico che si può
riscontrare in quell’intro di chitarra che “suona la carica” alla U2: un “che c’azzecca” alla
Di Pietro che mi sento di sottolineare.
La band capitolina forgia un carattere sonoro che dà soddisfazione, che cattura
l’attenzione con misura e garbo, che volta le spalle al consueto e tira avanti per la sua
strada, fatta di vera raffinata professionalità d’insieme e di testi che raccontano, lasciano
poco allo scontato, incuriosiscono. Lo so che per una band è scocciante quando si arriva
da parte nostra, che siamo al di qua della barricata, al fatidico momento di fare quattro
conti col “ricordano questo” o “sembrano ispirarsi a quest’altro”, ma della musica in
senso generale è gia stato tutto inventato, catalogato e sperimentato. Forse qualcosina
ancora esisterà da fare, ma pochissimo. Ad ogni modo una cosa è l’ispirazione e una cosa
è l’atteggiarsi spudoratamente al copia e incolla. Con i Bledeepa si fluttua sul sicuro, c'è
una una grande scuola dietro da quello che ho percepito e di quello che continuo a
percepire ascoltando la traccia finale “L’Uomo Che Guardava Le Stelle”: ...entrando
l’universo sopra me/ riempie di comete i miei pensieri/ mi lascia senza fiato per
riprendermi/ e cambia tutte quante le mie nuvole../. Poesia allo stato puro che lascia di
stucco, che ti innalza il plesso solare a trattenere il fiato per non sciuparne la minima
essenza.
Una bella sorpresa questi romani Bludeepa, uno straordinario pass per andare a zonzo
nei sottofondi nebbiosi e gocciolanti di un rock urlato in silenzio. Bello davvero! - DOREMILLA - ILLUOGODELLAMUSICA


Discography

LP: 'L'età inquieta'. Produzione Bludeepa & Blond Records. Distribuzione Blond Records 2004.
EP: 'In assoluta presenza di fragilità'. Produzione artistica: Saro Cosentino. Autoprodotto. Distribuzione Audioglobe 2007.

Photos

Bio

Bludeepa formed in Rome, Italy, in 2002. Bludeepa is quite certain that the distinction between high and low culture is a sham. Bludeepa seeks to demonstrate that the "high" implications, which are usually hidden, can be found in the simplest forms of Rock. Bludeepa is against the hyper, ultra-elite phenomena of antagonist and alternative cultures. You don't start a revolution from the outside. Besides, what's spookier than the Well-Known? Bludeepa trys to show that there's a subtle yet permeable border between the pop-song composition and atonality. The same goes for having big-time fun and experimenting, as well as art and mass-scale production. Bludeepa doesn't want to leave the sanctified forms to a fate confined in an hamster wheel, rotating around the concept of everlasting immutuability. Bludeepa wants to help these forms implode. Bludeepa wants to change structures into processes. Bludeepa doesn't believe in the creator's ingeniousness, in the creative impulse, in the difference between artist and non-artist. Art is only a file to download.