Did

“nonostante possano sembrare troppo estero?li, i DID hanno effettivamente un suono che
loro stessi de?niscono «di respiro europeo», un riuscito mix di elementi ballabili su testi
che raccontano storie notturne”
- Valeria Rusconi

Come dice qualcuno, la chiamiamo "scena" per consolarci di essere "sempre i soliti quattro gatti".
Dev'essere per questo che si finisce per incocciarsi in città diverse, avere centomila amici in comune e, nel migliore dei casi, portare avanti assieme qualche progettino, visto che gli ascolti sono più o meno gli stessi, gli obiettivi analoghi, i sogni assai simili. Così qualche tempo fa mi sono imbattuta in Guido Savini, il cantante dei DiD: non perché, er, fosse il cantante dei DiD, ma perché – essendo il ragazzo poliedrico che è – a volte prende cotte fulminanti per delle band che poi porta in giro per l'Italia (l'ha fatto con le Ipso Facto e gli Hatcham Social, ad esempio) e organizza serate danzanti a Torino con un piccolo collettivo, sotto lo pseudonimo L O S E R. La prima volta che l'ho visto ho pensato che fosse altissimo: aveva un cespuglio di capelli ricci in testa, una camicia a quadri, l'espressione un po' preoccupata e si accompagnava a Jacopo Borraz-zo dei Disco Drive (anche lui altissimo, per la cronaca).
I DiD li ho ascoltati solo qualche tempo dopo, anche se, a dire il vero, i loro singoli Time for Shopping e Ask U2 già erano suonatissimi sulle piste alternative, e più d'un blog ne aveva esaltato la qualità. Eppure confesso che quello che mi ha colpito, e che mi colpisce oggi ancora di più mentre esce il primo disco di lunga durata, Kumar Solarium, è la scelta di un genere considerato piuttosto fuori moda. «Lo so, lo so», mi dice Guido, «i Rapture (ricordate House of Jealous Lovers? nda) sono l'ultima cosa che vorresti ascoltare oggi. Ma è così: i DiD suonano punk-funk. Forse è un limite, ma d'altro canto una delle migliori band del 2009 sono gli Health, e fanno più o meno la stessa cosa. Rivista, aggiornata, meno patinata se vuoi: ma pur sempre la stessa cosa».
Gli dico che, presi come siamo nella spirale senza fine del revival, non mi sembra affatto un gran problema, anzi, forse, è un punto a favore venire fuori adesso con un disco così squadrato, puntato a due momenti precisi (a occhio e croce il 1979 e il 2004/2005, diciamo). «Guarda, ci abbiamo messo un anno e mezzo per tirare fuori l'album perché avevamo paura che suonasse vecchio, o sbagliato», prosegue Guido. «E il fatto che tutti continuino a paragonarci ai Disco Drive, che sono grandi amici nostri e della nostra stessa città, mi fa molto piacere. Nel 2005 loro sono venuti fuori con un album incredibile come What's Wrong with You, People?, e noi ci consideriamo loro figli musicali». Non fratelli? «No Marina, proprio figli!».
- Marina Pierri