Stolen Apple
Gig Seeker Pro

Stolen Apple

Florence, Tuscany, Italy | Established. Jan 01, 2008 | SELF

Florence, Tuscany, Italy | SELF
Established on Jan, 2008
Band Rock Alternative

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Music

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"Recensione - Review"

Stolen Apple nascono dai Nest, due album, per Urtovox e per Zahr/Black Candy, con l'aggiunta di Alessandro Pagani alla batteria., ex Valvola e tra i fondatori di SHADO Records che ad inizi 2000 furono i rappresentanti italiani più credibili di quell'adult pop che in Inghilterra suonavano High Llamas e Stereolab ed etichette come la Too Pure. Nessuno di primo pelo, dunque, ed è un tratto che si avverte chiaro, perchè questo è un disco solido, con canzoni costruite così come va fatto. Guitar rock le cui coordinate stanno tra suono desert, Dream Syndicate, Husker Du e R.E.M., ma redatto attraverso una sensibilità tutta europea, che dai Beatles arriva agli shoegazer di fine '80. Nei: un pò di sporcizia, specie nella voce, non avrebbe guastato, ma magari son gusti, e i testi suonano un pò deboli. - Rumore - Gianluca Runza


"Recensione - Review"

Provengono da quel fermentare musicale suburbano fiorentino, dove sembra così incredibilmente facile ritrovarsi in un bar e decidere di metter su una band, cantano in inglese ed esordiscono con “Trenches”. Non si tratta di un semplice “esordio”, perché gli Stolen Apple nascondono (e neanche troppo bene) molto di più: un’esperienza già consolidata, una passione già consumata ed ormai esperta. Sono quelli che una volta erano i Nest a cui si aggiungono Massimiliano Zatini e Alessandro Pagani. Sono psichedelici, un po’ malinconici, amano i giri di chitarra rock ed ipnotici, di quelli che continui a canticchiare pur non volendo, richiami blues e tutto il carico di esperienze degli Stolen Apple riemerge a forza da ogni canzone, colpendo con una brutale nostalgia, anche non volendo. La copertina richiama uno scenario caldo, ma Trenches è freddo e spietato, atmosfere oniriche fanno compagnia a testi di cui ci sembra già di immaginarci la storia che c’è dietro: voci distorte, e lamenti di disagio e malinconia. My friend are gone si canta rabbiosamente nella quinta traccia, Falling Grace. Ci si perde facilmente in questo disco da non lasciarsi sfuggire.
Da ascoltare con quando si è in vacanza per tenere i piedi per terra e prepararsi al rientro, per darsi la carica quando ogni colloquio di lavoro sembra andar male, per amare una giornata di pioggia estiva, per viaggiare in macchina su brevi distanze (e far sembrare il tutto un’avventura). - TROUBLEZINE di Morgana Grancia


"Recensione - Review"

Tutti coloro che hanno a cuore sonorità tipicamente americane, fatte di quel Rock che molto deve alla nuova scena americana (Beachwood Sparks in primis, ma anche Allah-Las, Scud Mountain Boys, Real Estate, Autumn Defense solo per citarne una minima parte), ma anche ai classici come Thin White Rope o i Byrds, dovrebbero appuntarsi con molta attenzione questa band proveniente da Firenze, che si appresta a far uscire questo interessantissimo album il prossimo mese di Settembre.

Gli Stolen Apple si formano nel capoluogo toscano nel 2008 dalle ceneri dei Nest, autori di due lavori pubblicati rispettivamente per Urtovox/Audioglobe, intitolati Drifting, uscito nel 2001, e Isn’t It? uscito sei anni dopo tramite Zahr Records/Blackcandy - Audioglobe. Di quel gruppo, restano due membri fondatori, ovvero Riccardo Dugini (voce, chitarra), e Luca Petrarchi (voce, chitarra), ai quali si affiancano Massimiliano Zatini, già aggregato ai Nest come percussionista in alcuni esperimenti acustici e qui al basso, ed Alessandro Pagani (già batterista dei Subterraneans ed una delle menti di Valvola/Shado Records), presente nella formazione per un periodo a metà degli anni ’90 quando il gruppo era denominato Malastrana.

Il nome della band è stato ispirato dalla storia di Ernest Lossa, bambino jenisch ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti,narrata fra gli altri da Marco Paolini nel suo spettacolo Ausmerzen. Un disco molto intrigante che coinvolge fin dalle prime note. L’iniziale Red Line ha in se germi Country/Psych che destano immediatamente l’attenzione, basta arrivare al pezzo successivo, ovvero Green Down per comprendere che ci si trova di fronte ad una band ed un lavoro degno di grande considerazione. Pezzo molto bello, incalzante con una trama che dal vivo dovrebbe fare faville. Field Of Stone emana profumi acidi che rimandano a tempi lontani e certe pagine del Paisley Underground. Altro pezzo decisamente centrato. Pavement è il pezzo più lungo del disco, sette minuti, che si gustano tutti d’un fiato. Una classica canzone dall’andamento “circolare” con il riff di chitarra che continua a tornare, lento, implacabile, avvincente.

Falling Grace è una sventagliata r’n’r, efficace e fresca come una bibita fresca. Living On Saturday sposta il baricentro su un andamento quasi classico, con vaghi rimandi sixies / stonesiani. Piacevole ma meno efficace di quanto sentito fino ad ora. Basta passare alla seguente Mistery Town per riportare ad alti livelli il giudizio. Pezzo molto bello, tra i migliori a giudizio di chi scrive, con una bella slide guitar che arriva ad impreziosire un pezzo decisamente intrigante. Something In My Days finisce troppo presto lasciando la voglia di rimetterla da capo. Per More Skin mi permetto di citare le note della cartella stampa: Una struttura Rock dentro una canzone Pop, o una canzone Rock dentro una struttura Pop? Thin White Pop!!. Daydream è una piccola perla. Tratta da una poesia di Daniela Pagani (giovane poetessa fiorentina scomparsa giovanissima a causa di una male incurabile), è, senza ombra di dubbio, un pezzo stupendo, tra i migliori di questo disco. Sold Out riapre sonorità rockeggianti, precedendo il finale che è affidato alla bellissima In the Twilight che chiude questo lavoro con un tocco deciso di classe.

Un album che ha il grande pregio di lasciarsi ascoltare, portando chi vi si accosti in atmosfere così interessanti da tornare in continuazione nel lettore (per ora Mp3, in attesa del CD) per lasciarsi assaporare e scoprire passo dopo passo. Ed in tempi fatti di musica usa e getta, gli Stolen Apple si candidano al ruolo di gruppo da seguire assolutamente. Speriamo anche di poterli vedere presto live, una dimensione che dovrebbe essere loro decisamente più consona a lasciar librare le loro sonorità senza confini. Ottimi!! - MESCALINA - di Marcello Matranga


"Recensione - Review"

Dalle ceneri dei Nest, (a guardando ancora più indietro di Subterraneans e Valvola), arriva questo nuovo progetto che prosegue quanto seminato in precedenza dalla band toscana (attiva da parecchi anni). Coordinate psichedeliche e shoegaze, saporiti intrecci di chitarra che toccano i Loop, i Primal Scream dei primi lavori, Swervedriver e scavano fino ai Television di “Marquee Moon” e a certe esperienze del Paisley Underground. Nonostante i riferimenti palesi il risultato finale è originale, personale e raramente praticato nella Penisola. Ottimo. - RADIOCOOP - DI ANTONIO BACCIOCCHI


"Recensione - Review"

“Trenches” è un’alba fresca, radiosa e verdeggiante si staglia nel cielo degli “Stolen Apple”. Il gruppo Fiorentino esordisce così con un disco nomade che si diverte a transitare da un vortice psichedelico ad un turbinio post rock attraverso ingentissime contaminazioni alterative e indie, sfoggiando così la poliedricità e la varie sfaccettature sonore che ne derivano. Il disco si fa vanto anche di una strepitosa fascinazione derivante dalla contrapposizione dei testi intimi e profondi,che fruiscono dalla voce e dai cori, con l’adrenalinico (anche se non in modo eccessivo) comparto strumentale. Si forma così un muro, che scaturisce da questo impatto tra freddo e caldo, dando vita ad un album di “marmo friabile” che gioca a travestirsi da quadro impressionista.

“Trenches” lascia addosso una fragranza malinconica ma dolce, che culla per tutto il viaggio lambendo i lobi dell’ascoltatore, con chitarre che navigano incessantemente senza mai smarrire la retta via, supportate da un basso deciso, fantasioso e variegato. Il tutto lascia carta bianca alla batteria, che è libera di precettare l’ascoltatore, attraverso le dinamiche più disparate, ad assaporare vibrazioni che possono essere lente e grevi o leste e coinvolgenti. Il plotone strumentale è ingrossato anche da: armonica, mellotron, piano e vari synth, che facilitano l’apnea subito dopo l’immersione. “Il cuore di ogni uomo è stretto dalle trincee” viene da pensare. “Red Line” è la testa di ponte dell’album, che avvisa che tutto sta cominciando con un balzo fresco, moderno e psichedelico. Il testimone passa così a “Green down” che avrebbe un anima quasi punk se non fosse per la voce paca e in un certo senso salmodiante. Quindi si chiude con una toccata strumentale e decrescente. Arriva “Fields of stone”: pezzo piacevolmente introspettivo, con il beat un po’più lento rispetto le sue sorelle maggiori, che ben si riguarda dall’essere scontato, seppur con qualche punta d’incertezza, presente solo per rilanciare il suono nella parte finale. Echeggiano ora le dolci e calde corde strimpellate di “Pavement” in un sound che sceglie di fluttuare per rilassarsi un po’.

Una tenera dissolvenza ci accompagna verso “Falling grace” che risplende di “distorsione propria”, fagocitando l’ambiente mediante un ritmo e un clima post-rock per due minuti e mezzo. Ora il termostato si alza di nuovo con le suadenti note delle voci e del basso in “Living on Saturday” brano che esalta contaminazioni blues e pop che si chiude fulmino lasciando posto ad una ballade. Affiora infatti “Mistery town” che si apre lentamente con colpi serrati sotto un tema uggioso e sfuggente esalato anche dalla presenza dalla slide guitar. Ne segue un duo acceso e movimentato che riaccende il fervore del disco con melodie spaziali e varipointe: sono rispettivamente “Somenthing in my days” e More Skin. L’album viene poi scosso da una semi-ballade con il testo di Daniela Pagani e l’armonica di Massimiliano Zatini che scandiscono una raggrumata delicatezza. Penultimo pezzo è il guizzo vorticoso e allegro di “Sold-out” prima che il sipario si chiuda con il malinconico ¾ di “In the twilight.” - TUTTOROCK - DI GIOELE AMMIRABILE


"Recensione - Review"

Poco meno di un’ora d’ascolto per l’esordio adulto dei fiorentini Stolen Apple, che in Trenches (in uscita a settembre per Rock Bottom Records) riescono con facilità ad assemblare un rock dalle diverse sfaccettature e dalle influenze più disparate (dalla quieta psichedelia seventies, al pop-rock tascabile, passando per fraseggi e feedback ruvidi e striscianti), cogliendo in ogni brano le giuste sensazioni ed intelligenti equilibri di volume e dinamica. Dopo un apprendistato nei Nest, le chitarre di Riccardo Dugini e Luca Petrachi decidono di mettere in piedi un progetto più organico e diretto, trovando nelle vibrazioni di batteria e basso, rispettivamente di Alessandro Pagani e di Massimiliano Zaniti, la line-up perfetta per sviluppare il progetto nato sotto il nome di Stolen Apple.
Trenches si sviluppa lungo 12 tracce, ognuna delle quali ha una storia musicale a sé, ma che insieme delineano, con chiarezza e con qualche metafora ben riuscita, quelle “trincee” emotive in cui quotidianamente l’uomo moderno cerca riparo. Sentimenti mangiati da una parte, avanzi di storie d’amore e d’amicizia, valori scoloriti come vecchie polaroid, sembrano alimentate il sottosuolo lirico delle produzioni degli Stolen Apple, che attraverso la disillusione ed un pizzico di amarezza cercano di dare alcune risposte, che avrebbero solo bisogno di un po’ di coraggio per essere svelate. Il tessuto armonico cambia di volta in volta piano d’appoggio, se lo stile ed i manierismi toccano via via tutte le corde possibili, è nei fraseggi/scontri di chitarra e negli arrangiamenti curati che si trova il filo conduttore che lega il primo brano Red Line, una ballata indiavolata e psichedelica 2.0, all’acrilica ed asciutta In The Twilight, ove la lentezza dei ritmi avvolge il brano di una tensione riflessiva e vellutata. Tanti episodi, tante tessere di un puzzle musicale, che se ben allineate danno l’immagine di un presente in bilico tra l’ermetismo dei sentimenti ed il timore endemico nel manifestarli apertamente; Fields of Stone (forse il miglior brano del disco) fissa i dettami per un rock secco e curato, nel quale un finissimo pathos corre pacatamente lungo riff di chitarra quasi baritoni, mentre una sezione ritmica coltiva vibrazioni intestine pronte ad esplodere con intelligenti crunch e feedback ragionati. Gli Stone Apple però sono abili anche nelle suite più prolungate, vedasi nelle dilatazioni di Pavement, nel quale liriche sofferte e passionali (con un grazioso backing vocal di richiamo) si allacciano a progressioni musicali riflessive con sprazzi di ottimo post-rock coltivato all’aria aperta. Quando tuttavia i ritmi salgono, i brani risentono di una ritrovata freschezza, nella dinoccolata Living on Saturday il vizietto di cantare in coro è davvero contagioso, mentre nella desertica Falling Grace, le percussioni accendono un ritmo tribale dalle sfumature selvagge e misteriose. Un certo onirismo fa breccia man mano che ci si avvicina all’epilogo del disco, More Skin passeggia come un sognatore distratto sopra le nuvole, mentre gli accordi aperti e l’armonica nostalgica in Daydream amplificano un’aura cristallina stagnante, evidenziando ottimi arrangiamenti e buone doti di produzione.
Mettere insieme tutte queste influenze a tavolino non poteva essere facile, eppure nella musica degli Stolen Apple tutto scorre naturale e limpido, senza alcuna forzatura di stile o compromesso ruffiano; Trenches vive di linfa propria, capace di evidenziare i limiti e le paure dell’uomo contemporaneo, senza tuttavia schernirlo o disprezzarlo, e questo è evidente tanto nelle liriche, quanto nell’approccio strumentale. I sapori post-rock o psichedelici rimangono forse imprescindibili, eppure è nel saper rallentare i ritmi che gli Stolen Apple approdano in quella dimensione sopraffina e riflessiva che concede a questo disco un ascolto in più, perché ad ogni nuovo giro affiorano sfumature che prima non si aveva la sensibilità di cogliere … le trincee si stanno sciogliendo … - HEARTOFGLASS - DI POISONHEART


"Recensione - Review"

Il 23 settembre prossimo uscirà l’album d’esordio della band Stolen Apple dal titolo Trenches, distribuito da Audioglobe e sotto l’etichetta di Rock Bottom Records . Dal genere alternative-rock e indie-rock, il gruppo fiorentino è riuscito a dar vita a un primo disco poliedrico nel quale si mescolano diverse relatà musicali nel contesto odierno che vede la perdita d’equilibrio di alcuni modelli storicamente conosciuti.
Ebbene è così. Il debutto nel mondo della musica degli Stolen Apple è affidato ad un album che tradotto ha il significato di «trincee», con il quale si ha lo scopo di portare alla luce il dubbio filosofico secondo il quale «la mente dell’uomo è una trincea o le trincee sono nelle nostre menti?».
Il filosofo tedesco Martin Heidegger avrebbe risposto con il pensiero storicistico di fatticità, ovvero la connesione con l’hic et nunc della nostra soggettività in una visione a-storica di essa; ed infatti, gli eclettici Stolen Apple sono riusciti a produrre, grazie al disco, una realtà a-temporale ed a-storica semplicemente raccontando le esperienze di vita dentro e fuori la
Ovviamente “immaginaria” inteso come “onirico” poichè al primo ascolto dei 12 brani, per una durata di 50:05:17 minuti, l’ascoltatore è trasportato in un revival musicale non di poco conto. Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Riccardo Dugini (voce e chitarre) e Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica) sono riusciti a coinvolgere alternando stili conosciuti e originalità per un risultato lontano dalle tendenze attuali e incredibilmente soft e strong al contempo. Rivivendo alcune tonalità degli AC DC o la leggerezza di Lana del Rey ma anche l’ ‘inglesità’ degli Oasis, gli Stolen Apple hanno centrato l’obiettivo: differenziarsi da una musica stereotipata ridando vita a un folk di quei lontani e magici anni ’70 e ’80.Un ottimo disco che apre la carriera agli Stolen Apple: una carriera metafisica. - IN LIBERTA' - DI ILARIA CORDI'


"TRENCHES"

Riccardo, Luca, Massimiliano (tutti e tre ex Nest), ai quali si aggiunge Alessandro (Subterraneans), appartengono a quella generazione dei primi anni 2000, in cui le band suonavano perché c’era la passione della musica prima di tutto, il senso di appartenenza dettato dal genere di musica che ascoltavi e una certa quantità di voglia di far casino. Adesso si suona per i likes, le visualizzazioni e perché la tecnologia migliora la scarsa qualità di qualunque musicista improvvisato. O forse sono i soliti discorsi a cui ci si attacca, quando uno pensa che gli anni fighi siano ormai andati, le possibilità di essere musicisti già giocate e si nutre odio verso le new generations. L’elemento comune a entrambe le generazioni è che si suona perché lavorare fa schifo, tutti cerchiamo un’alternativa al dover dedicare metà della nostra vita alle aziende altrui. All’interno di Trenches, si sentono gli echi dei suoni di circa 16 anni fa: 12 tracce significative, prodotte in collaborazione con Rock Bottom Records. Ma gli Stolen Apple sono gente seria, sono gente matura, che lavora alla propria musica con dedizione e con un approccio che ai giorni odierni è andato perduto, in molti casi. Trenches è bello perché sembra di ascoltare un album Alt-Rock/Punk di quei primi anni 2000, dove la rabbia e la scioltezza del distorto delle chitarre era tutto ciò che ti serviva. Red Line, Falling Grace, Living on Saturday, sono state intinte in questo, riuscendo a reinterpretare molto bene il suono di quegli anni. Mistery Town è una canzone delicata e le due chitarre la rendono ipnotica: questa traccia è stata confezionata benissimo. More Skin è un pezzo ambivalente: la sua doppia caratteristica di essere una canzone con richiami pop, ma dalla forma decisamente rock, è un segnale di come gli Stolen Apple arrivino dalla cultura alternative, in cui si sapeva mescolare il distorto con il pop più leggero. In Daydream si aggiungono la poesia e l’armonica e nonostante qui ci si allontani un po’ dall’atmosfera alternativa/punk dell’album, con la successiva Sold Out ritorniamo sul pezzo. Trenches sono le trincee, sono quelle barriere che usiamo per nasconderci, per ritirarci, per evitare gli attacchi degli altri: in queste dodici tracce, gli Stolen Apple creano dodici trincee, dove sta all’ascoltatore scegliere se vi si nasconde per paura o per ritrovare la sicurezza di un posto confortevole. - INDIE ZONE - DI FEDERICO TREVISANI


"STOLEN APPLE: DEBUTTO A TUTTO ROCK CON TRENCHES"

Chi stava aspettando una band italiana che ricalcasse il sound made in Usa, fatto di rock anticonvenzionale, indie e un po’ di “sporcizia strumentale” in stile “grunge” che richiamasse a grandi gruppi del passato può trovare risposta nei nostrani Stolen Apple. Tra pochi giorni, infatti, è prevista l’uscita dell’album Trenches. Tutt’altro che un lavoro semplice, ma, proprio come suggerisce il titolo – per l’appunto Trincee- una ricerca, letteralmente uno “scavare” nei meandri del rock alternativo dei giorni nostri. La band formatasi a Firenze nel 2008 è composta da due ex componenti dei Nest: Riccardo Dugini e Luca Petrarchi a cui si sono uniti Massimiliano Zatini e Alessandro Pagani. Il nome Stolen Apple, riporta alla memoria la storia di Ernst Lossa, ragazzino jenisch (ceppo nomade di zingari), assassinato durante il periodo dell’eutanasia nazista da due iniezioni di morfina e scopolamina. Un nome e un album, quindi, oltre che per emozionare anche per ricordare e richiamare l’attenzione. Trenches ha la forza di essere al tempo stesso una storia romantica ma anche una ventata di freschezza: l’alternarsi di pezzi in antitesi come Something in my days e Falling grace dimostrano la capacità poliedrica della band, che chiude il disco con una sorprendente In the twilight, figlia di un percorso tortuoso, complesso e ricercato. Quasi una ballata moderna, psichidelica, ma al tempo stesso romantica con il fine di far scaturire ancora una volta emozioni messe da parte dalla musica moderna. Un pezzo che può essere visto quasi come un passo in avanti verso nuovi scenari che in Trenches, forse, sono ad oggi solo un antipasto di qualcosa di più grande a cui potremo assistere nel tempo.Un album nato per essere ascoltato live e in attesa dell’uscita del CD non resta che sperare nelle esibizioni sul palco di questi ragazzi, portatori di una sonorità ricercata e in continua evoluzione. - SOCIAL UP - DI FRANCO BATTIATO


"Recensione - Review"

Si chiama Trenches (trincee) il disco d’esordio degli Stolen Apple. La band si è formata a Firenze nel 2008 dalle ceneri dei Nest. Del nucleo originario, restano due membri fondatori, ovvero Riccardo Dugini (voce, chitarra), e Luca Petrarchi (voce, chitarra); a completare l’organico Massimiliano Zatini, qui al basso, e Alessandro Pagani (già batterista dei Subterraneans e una delle menti di Valvola/Shado Records), presente nella formazione per un periodo a metà degli anni ’90 quando il gruppo era denominato Malastrana. Si parte da Red Line, che su un impianto indie inserisce qualche suggestione di origine psichedelica. In Green Dawn, altra traccia dal titolo “colorato”, emergono propensioni più robuste e terrene, con la chitarra a fornire qualche input di fantasia e con ritmi di una certa intensità. Qualche influenza dark wave/Joy Division si rende evidente. Toni leggermente hardboiled quelli di Fields of Stone, dura e piuttosto spietata, ma con la sei corde di nuovo in evidenza (e con qualche imperfezione qui e là per la traccia). Pavement allenta un po’ i ritmi e si traveste da power ballad. Al contrario Falling Grace riprende a martellare con grande convinzione, mentre la seguente Living on Saturday torna a ritmi più moderati e su toni di rock medio, con qualche influenza di provenienza americana. Anche Mystery Town dimostra contiguità con i songwriter a stelle e strisce. Something in my days sceglie vie mediane tra rock e pop, mettendo in primo piano la chitarra. More skin offre prospettive simili, anche se emerge in modo maggiore la sezione ritmica, con qualche pizzico di Waterboys sparsi qui e là. Si arriva all’ultima curva dell’album con una morbida Daydream, seguita da Sold Out che invece picchia di più e inserisce qualche elemento beatlesiano e psichedelico tra gli ingredienti. Si chiude con In the Twilight, che rallenta di nuovo i ritmi e si basa su impressioni folk. Detto che aiuterebbe migliorare la pronuncia dell’inglese, gli Stolen Apple dimostrano qualità e buone idee. - MUSICTRACKS - DI FABIO ALCINI


"Recensione - Review"

Esce il prossimo 23 settembre per Rock Bottom Records il primo album della band fiorentina Stolen Apple: "Trenches", ossia trincee, quelle in cui si cerca riparo, senza tuttavia rinunciare ad avanzare in quel percorso pieno di insidie che è la vita. Gli Stolen Apple portano in dote un buon bagaglio di esperienza nascendo da una costola dei Nest, attivi all'alba del nuovo millennio, dei quali conservano chitarra e voce (Riccardo Dugini e Luca Petrarchi). L'album è composto da 12 tracce, cantate in inglese, dal dettato eterogeneo, ma con alcuni punti di raccordo: la matrice indie/alternative rock, la produzione ruvida, la vena malinconica, l'andatura ipnotica. Ciascun brano ha una fisionomia che gli consente di distaccarsi da tutti gli altri, pur rimanendo parte dell'insieme: si passa così dalle varie tinte dell'indie, al country desertico, alla psichedelia, e poi ancora shoegaze, post-noise e atipiche ballate. Il lavoro si presenta come il frutto di esperienze differenti, da trasmettere all'ascoltatore senza la ricerca dell'omogeneità compositiva. I testi sono un viaggio nella disillusione: la visione utopica e pura di certi aspetti della nostra esistenza, tipica di un'età nella quale in molti non hanno ancora sperimentato le asprezze della vita, crolla di fronte alla dura realtà. Il racconto a tinte oniriche si conclude quindi con un crudo risveglio. - TOP TESTI - DI TEMISTOCLE MARASCO


"Recensione - Review"

“La mente dell’uomo è in trincea o le trincee sono nelle nostre menti?”: questa è la domanda insita nel titolo ‘Trenches’ scelto per l’album d’esordio degli Stolen Apple. Curiosa è anche la scelta del moniker, dedicata alla storia di Ernst Lossa, bambino rumeno tragicamente ucciso durante il programma nazista di sterminio degli individui non autosufficienti. Considerato un bambino dal carattere indomabile, venne imprigionato, come da programma, e nutrito secondo una dieta alimentare che avrebbe portato lentamente al deperimento corporeo. Tra gli alimenti permessi, c’erano le mele che Ernst rubava o metteva da parte, anche per gli altri, con lo scopo di mangiarle di nascosto. Così gli Stolen Apple, propongono uno stile variegato di Alternative / Indie Rock contemporaneo, preferendo la modalità d’esecuzione “live” per renderlo ancora più particolare ed efficace. Infatti, si è subito rapiti dai riffs indie e da sonorità alternative della opener ‘Red Line’. La successiva ‘Green Down’ conserva linee vocali calde, risultando una traccia scorrevole e articolata focalizzandosi sulle chitarre, ma senza togliere spazio agli altri strumenti. ‘Fields Of Stone’ presenta accenti più oscuri e introspettivi e sezioni ritmiche allungate. Riverberi neo-psichedelici avvolgono l’emotiva ‘Pavement’. Più accesa e rockeggiante è ‘Falling Grace’, mentre ‘Living On Saturday’ opta per accenti blues e chorus intrecciati. ‘Mystery Town’ è una ballad dal mood desertico lento e coinvolgente. Cambi di accordi notevoli compongono l’intima ‘Something In My Days’ per, poi, passare a ‘More Skin’, brano dal carattere più forte anche grazie alla versatilità della voce nell’interpretazione. Malinconia e interessanti break eseguiti dall’armonica, caratterizzano ‘Daydream’ che ben si adatta alla scelta del songwriting che interpreta una poesia di Daniela Paganini. L’assolo ipnotico cattura l’attenzione in ‘Sold Out’ per riversarla nei giri classici di chitarra della rock-ballad in tre quarti, ‘In The Twilight’. Pur non trattando il tema al quale è dedicato il moniker, ‘Trenches’ è un album che suscita molta curiosità durante l’ascolto, in quanto nasce dalla passione, dal coraggio e dall’inventiva di una band i cui componenti vantano una buona attitudine sperimentale musicale. Band che affida alla propria musica, il compito di trasportare l’ascoltatore in diversi stati di abbandono attraverso testi sull’amore, sulla pace, sulla libertà, ma anche sulla fragilità dell’animo umano. - SUONI DISTORTI - DI BENEDETTA KAKKO DELLI QUADRI


"TRENCHES, IL ROCK TRA TRINCEE E FRONTIERE"

Attivi fin dal 2008, gli Stolen Apple devono il loro nome a Ernst Lossa, un bambino vittima del programma di eliminazione di soggetti non autosufficenti voluto dal Reich. Si definisce disco d’esordio, ma in realtà fin dal primo ascolto si percepisce l’attitudine alla musica, la consuetudine alla condivisione tra i vari componenti della band che, partendo dalle ceneri dei Nest (Riccardo Dugini voce e chitarre e Luca Petrarchi voce, chitarre, mellotron, organo e synth), si strutturano con Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica) e Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni) per dar vita alla formazione attuale. Dodici canzoni, risultato di un lavoro collettivo all’insegna del concetto di libertà e indipendenza; la libertà di non seguire le tendenze del momento, l’indipendenza dai grandi del passato, rivissuti secondo il proprio stile, la propria personalità. Un viaggio tra i ricordi di ognuno, spaziando tra l’indie-rock e tutte le sue sfumature, tra schitarrate rock (Sold Out) e echi di sitar (red Line), tra malinconici intro con armonica a bocca (Daydream) e melodie laceranti (Fields of stone); sonorità eterogenee e significati ambivalenti, il disco racconta esperienze vissute dentro e fuori la musica e induce chi ascolta -talvolta senza alcuna dolcezza, anzi con discreti scossoni emotivi - a passare attraverso stati d’animo che sono diversi, brano dopo brano. Le trincee del titolo viste come zone di sicurezza dove l’uomo tenta di celare le sue fragilità vengono invase dalla musica, che tenta, a sua volta, di riavvicinare l’individuo disilluso al sogno; attenti alla tracklist, “Pavement” sembra essere il punto di non ritorno. Arrivati lì, come ad una stazione di posta o un autogrill, si riparte per un nuovo viaggio dove si cambia marcia e si incontrano contaminazioni blues, ballate e poesie. La copertina fa la sua parte nel creare questo effetto di straniamento; nel complesso è un disco assai gradevole, da ascoltare senza pregiudizi di genere. E con un occhio di riguardo per Living on Saturday, con le tre voci in crescendo. - PRAGMA MAGAZINE - DI MONICA LUCIGNANO


"IL VIAGGIO SULLE MONTAGNE RUSSE DEGLI STOLEN APPLE"

L’atmosfera di un settembre più fresco del solito può lasciare disorientati visti gli anni precedenti. Tra stabilimenti aperti ancora ad ottobre e Sole cocente forse abbiamo perso l’abitudine a fare i conti con la dura realtà: l’estate è finita. Mentre ci prepariamo a rinchiuderci nella routine tra lavoro ed esami la mente è costantemente solleticata dalla speranza di evadere ed è questo quello che ci propone il nuovo disco degli Stolen Apple: Trenches. Sin dalle prime note del disco si viene trasportati in una club house americana: probabilmente riusciamo un attimo a sentire il cuoio della giacca di qualche motociclista e il rumore che fanno i boccali di birra quando c’è qualcosa da festeggiare. Ma appena lasciamo i nostri viaggi ad occhi chiusi ci ricordiamo che gli Stolen Apple non vengono da qualche sala di registrazione nel Golden State e non sono nati all’ombra della Route 66, bensì a Firenze. Soprattutto ci rendiamo conto di come quello che sentiamo sia solo l’inizio di un viaggio sulle montagne russe lungo 12 tracce tra ritmi incalzanti e momenti di trance alla Trainspotting che spezzano e spiazzano senza però dare un senso di discontinuità: tutto procede nell’unico modo in cui può procedere. Buona la prima per modo di dire visto che, nonostante questo sia il loro album d’esordio, i componenti della band non sono nuovi a palchi e studi. Il prodotto è sospeso là in un buco temporale a metà tra il tramonto sempre affascinante di ieri e l’alba timida che inizia a farsi intravedere dell’oggi, lasciandoci sospesi tra melodie che strizzano l’occhio ad un rock abbastanza indie mentre flirtano non timidamente con un pop psichedelico.L’alternanza dei brani crea un hype che si rilascia tutto nel climax: i sitar di Red Line, la mano che carezza il volto durante Pavement, la meticcia More Skin che saltella da un lato all’altro della sottilissima linea che separa idealmente rock e pop, il ritornello di Something In My Days e la delicatezza di Daydream sono il nostro percorso verso Sold-Out che ci risveglia dalle atmosfere oniriche riportandoci sul campo di battaglia. Riportandoci nelle Trenches, le trincee. Perché è appunto questo l’album del gruppo toscano: il momento di respiro nel riparo artificiale che sono le trincee, il momento di riposo prima di dover affrontare di nuovo tutto ciò che c’è aldilà della nostra comfort zone ormai sguarnita, il momento di riflessione prima di dover affrontare un nemico che il più delle volte non riusciamo a guardare in volto, di cui il più delle volte non conosciamo le motivazioni. In fondo i film ci hanno educato bene: l’uomo la cui vita è a serio rischio tende a rivivere tutti i suoi momenti più importanti in pochi secondi, ed è questa la sensazione che Stolen Apple ci offre: rivivere in poco meno di un’ora amori, sogni, speranze, delusioni, sensazioni, attimi vissuti; il tutto per poi concludersi con l’eleganza di In The Twilight, degno epilogo defaticante che chiude il disco con quel retrogusto bittersweet che è vedere la fine di una serie a cui eravamo affezionati. Forse c’è un lieto fine. Forse non c’è stato. Forse non ci sarà. Gli unici elementi che ci guidano sono l’armonica che stuzzica un’idea di semplice epicità e la chitarra che detta il passo. È la quiete dopo la tempesta, è l’uomo ormai fuori dalla trincea che si avvia verso l’orizzonte. La guerra è finita o questa è stata solo una battaglia? - SPETTAKOLO - DI EDOARDO SANTARSIERO


"MI RICORDO DI UN DISCO CHE SUONAVA - Quattro musicisti per dodici storie"

Dimostrare di essere capaci di destreggiarsi con la stessa bravura nel folk, nell’indie rock e nelle atmosfere più psichedeliche non dev’essere facile. Eppure gli Stolen Apple ci riescono. La band fiorentina attiva dal 2008 sono le chitarre di Riccardo Dugini e Luca Petrarchi, che troviamo anche al mellotron, organo e synth, il basso e l’armonica di Massimiliano Zatini e la batteria, il piano e le percussioni di Alessandro Pagani, tutti impegnati anche alla voce. Con Trenches, uscito in collaborazione con Rock Bottom Records il 23 ottobre, raccontano le trincee che si insidiano dentro di noi, nel quotidiano. Possono essere delle trappole, ma anche dei nascondigli, dei luoghi in cui rifugiarsi. Tranches è una storia. Una storia lunga. Lunga quanto le stagioni che attraversano per farci scoprire quei generi musicali che nascono negli Stati Uniti e che, nelle loro mani, si trasformano in qualcosa di più. Sono ispirazioni musicali che appena raggiungono l’orecchio accendono un ricordo. Dugini, Petrarchi, Zatini e Pagani lasciano trasparire le influenze dei grandi del passato, ma senza mai dimenticare ciò che sono loro oggi: un quartetto, in cui ognuno ha la sua storia personale da raccontare. Ed è per questo che le tracce sono così diverse tra loro, sono le esperienze e le emozioni di quattro persone che insieme rilegano il libro di storie che li riguardano. Così nasce un disco in grado di far ritornare alla mente ricordi primordiali, quelli legati ad una canzone ascoltata chissà dove con chissà chi. Per la prima volta mi accorgo dell’arduo compito di raccontare un disco a parole (Frank Zappa non me ne voglia) e capisco anche il perché. Un lavoro a quattro mani in cui ci sono così tante cose dette, così tanti suoni, così tanti ritmi non mi capitava da tanto. Quando “In the Twilight” finisce, l’unica cosa che mi sento di dire è: ascoltatelo guardando con un occhio ai ricordi e con l’altro in un caleidoscopio. - SWITCH MAGAZINE - DI GIULIA GIORDANO


"Recensione - Review"

“Trenches” è il primo disco del quartetto fiorentino degli Stolen Apple, formazione attiva già da qualche anno nata dalle ceneri dei Nest. Scrivono e cantano in inglese e lo fanno dimostrando una particolare cura per l’aspetto testuale, ma a colpire è l’elaborazione di uno stile praticamente unico, dove diversi generi si sovrappongono e scivolano l’uno sull’altro. Si apre con il rock leggero dall’afflato psichedelico di “Red Line” e si prosegue con “Green Dawn”, il cui sound s’inasprisce sino a spingere verso un punk rock un pochino più grezzo e il cui spirito è rinvenibile anche nella successiva “Fields Of Stone”, costituita da un ritmo piuttosto frenetico. Se “Pavement” mostra l’anima più psichedelica della band, con una lunga cavalcata di sette minuti tanto lineare quanto suggestiva, “Falling Grace” propone un nuovo cambio di registro: questa volta lo stacco è anche più netto e alla velocità dell’indie rock si unisce un cantato quasi punk. “Living On Saturday” è una morbida ballata il cui climax coincide con un ritornello cantato a tre voci. “Mystery Town” e “Something In My Days” proseguono nella stessa direzione: ballate in cui l’accompagnamento è più minimale (specie nella prima) e atmosfera un pochino più intima. Finale ancora morbido con i quattro pezzi successivi, specialmente con l’ultima elegantissima traccia (“In The Twilight”). L’unica eccezione è data da “Sold Out” e dal suo animo un po’ più punk. “Trenches” mette in mostra le buone qualità degli Stolen Apple, capaci di fare del buon rock offrendo anche una buona varietà di pezzi, figli di diverse influenze e impreziositi da una scrittura efficace. - MUSIC MAP - DI PIERGIUSEPPE LIPPOLIS


"Stolen Apple: “La musica abbatte le differenze sociali andando oltre ogni divisione”"

Gli Stolen Apple nascono a Firenze nel 2008 dalle ceneri dei Nest, suonano da moltissimo tempo ma soltanto otto anni fa decidono di rimettersi in gioco e dar vita a questo gruppo. Una band che cresce nel territorio toscano, esibendosi nelle varie piazze e case del popolo. Si definiscono un complesso alternatindie che però riesce ad elaborare una commistione e fusione di generi musicali derivanti da varie emozioni e passioni. Sono impossibili da classificare ed etichettare, ma altrettanto gradevoli e sferzanti all’ascolto. Questa ispirazione perenne li porta a far uscire il loro primo disco: un debutto musicale, che non può considerarsi un vero e proprio esordio sulle scene, poiché la musica conferma quanto lavoro, passione ed esperienza si celi dietro la realizzazione di ogni brano. “Trenches” è uscito il 23 settembre di quest’anno ed il batterista degli Stolen (qualifica riduttiva nel contesto artistico di una band dove tutti i componenti hanno, almeno, un doppio ruolo), Alessandro Pagani, in loro rappresentanza, ci ha voluto raccontare qualcosa in più sul progetto musicale targato “Rock Bottom Records” e distribuito da “Audioglobe”.
Subito una curiosità: ci raccontate dell’esperienza con Battiato? Dal vostro sito: “Nel 1978 suonano di spalle a Battiato, che s’incazza”.
Quell’intera parte della nostra scheda bio è scherzosa e non si sa più nemmeno chi l’ha ideata. In ogni caso, se uno rigoroso come Battiato ci ascolta, s’incazza di sicuro. Per fortuna era di spalle…
Vi definite una band “alternatindie”, perché?
La definizione esatta è “alterna-Tendi” in omaggio al grandissimo Alessio, terzino della Fiorentina negli anni ‘70. La verità sta tra le definizioni alternative ed indie, ma considerate tutto ciò una parodia delle “effimere” definizioni che si attribuiscono ai generi musicali. Puoi avvicinarti o prendere spunti da un genere o uno stile, ma la musica originale che viene creata è a prescindere sempre unica e non etichettabile.
Cosa ne pensate del genere indie portato in Italia? Sinora sembra che a livello mainstream faccia difficoltà ad affermarsi…
Forse non riesce ad emergere per la difficoltà nel coniugare certe metriche sonore con la nostra lingua, questo è un problema col quale ci scontriamo anche noi. In generale, pensiamo comunque che, quando i mass media si approcciano ai fruitori in maniera errata, un fenomeno possa anche divenire effetto boomerang. Infatti, adesso l’indie è elemento ironico sia sul Web che da parte di bands (vedi “Lo stato sociale”, “Savastano”, ecc…), che ne scimmiottano i contenuti. In finale, c’è una contrapposizione più seria e forse più estrema: “indie” starebbe per indipendente ma, nel momento attuale, in cui le autoproduzioni sono aumentate notevolmente, il termine “indipendente”, invece che elevarsi ad alto fattore, sembra obsoleto e piuttosto conformista. Probabilmente, la connessione indie-mainstream non è mai iniziata oppure ha totalmente fallito.
Veniamo al vostro disco “Trenches”: “Trincee…la mente dell’uomo è in trincea, o le trincee sono nelle nostre menti?”. Dite la verità: Marzullo è il vostro ghostwriter? Aiutateci a capire il concept dell’album e com’è nato questo progetto discografico.
Senza di noi, le domande di Marzullo non sarebbero esistite… a parte gli scherzi, noi – a dire il vero –speravamo che ci aiutaste voi ad attribuire un significato alla frase, ma visto che non collaborate (ride), il concetto che volevamo esprimere è quello di barriere: dentro e fuori ognuno di noi. Le barriere, poi, diventano divisioni, pregiudizi che ci allontanano da noi stessi e dagli altri.
Definite il vostro disco “Un libro pieno di ricordi e avventure”: ci raccontate un episodio significativo alla base di un brano?
Mentre in alcuni brani come “Living on Saturday”, “Something in my days” o “Mistery town” c’è alla base un vissuto personale più attinente alla sfera sentimentale, in altri ricorrono immagini o emozioni di varia derivazione, che poi sono stati cucite insieme: è assolutamente interscambiabile la nostra idea di attribuire chi scrive le parole di una strofa e chi del ritornello. Ci teniamo a ricordare “Daydream”, scritta originariamente in Italiano da Daniela Pagani, poetessa e prima cantante fiorentina a partecipare allo “Zecchino d’oro” nel 1970, scomparsa prematuramente nel 1987.
Partecipereste mai ad un talent?
Non avendo talent, è inutile andarci (ride). Ma, anche se fossimo il secondo “Il Volo”, ad un talent il volo non lo spiccheremmo mai. Riteniamo i talent manifestazioni dove la musica passa comunque in secondo piano rispetto al lato più mediatico del fenomeno.
Quant’è difficile oggi trasmettere le proprie idee attraverso la musica?
Difficile dirlo: noi sentiamo di averle espresse, ma è anche vero che non essendo professionisti non abbiamo mai subito pressioni di mercato o di tendenze del momento. Facciamo quello che sappiamo fare e che ci piace. Il problema è, casomai, inverso: quanto è difficile far ascoltare e far recepire pe proprie idee oggi…
Siae o soundreef?
Sinceramente, non abbiamo capito molto di nessuna delle due. In ogni caso, Soundreef.
Sembrate tenere molto alle vostre sonorità: se l’etichetta vi proponesse di cambiare genere per accattivare più pubblico, quanto e in che modo sareste disposti a cedere?
Credo che questo gruppo di persone possa produrre queste sonorità, noi suoniamo ad istinto e non abbiamo contratti. Potranno esserci delle evoluzioni e dei cambiamenti, ma certamente gestiti ad un tavolino dove saremo seduti anche noi.
In voi c’è una forte componente sociale: Il nome della band è stato ispirato dalla storia di Ernst Lossa, bambino jenisch ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti, narrata fra gli altri da Marco Paolini nel suo spettacolo “Ausmerzen”. Quanto crediate che la musica possa aiutare ad abbattere i pregiudizi sulla diversità?
La musica è il miglior livellatore che esista, in un brano non ci si accorge della diversa età, razza, cultura o ceto sociale degli esecutori. Inoltre, la musica è un universo di attitudini comuni perché ci si ispira e si comunicano suggestioni a vicenda, cosa che, ad esempio, neppure in un potentissimo aggregante come lo sport può accadere completamente. Quanto poi riesca ad eliminare preconcetti che non dovrebbero più esistere, chi può dirlo se non la storia…
Cosa vorreste ancora raccontare come artisti?
“Cappuccetto Rosso” e “Biancaneve e i sette nani”, con un finale tutto diverso e senza pubblicità (ride). Seriamente parlando, la musica è una Via Lattea per chi la fa e per chi la ascolta, quindi vorremmo scoprire ancora nuove costellazioni di noi stessi per mostrarle agli altri. La ricerca non deve finire mai.
Parlateci del vostro futuro: qualche anticipazione sui vostri progetti (date, curiosità).
Per quanto riguarda Firenze, i prossimi impegni live ci vedranno alla Cdp di Settignano ed al circolo “Il progresso”. In cantiere abbiamo una diretta radio presso Legnano (MI), con un concerto in zona, inoltre stiamo ultimando la produzione del nostro primo video. Il vero obbiettivo principale, però, è ringraziarvi per la vostra attenzione nei nostri confronti. - FINESTRAPERTA - DI ANDREA DESIDERI


"Intervista - Interview"

Alessandro Pagani è un musicista fiorentino, che dopo una serie di esperienze che contraddistinguono una vita dedicata alla musica, ha deciso di creare insieme al suo gruppo Stolen Apple un disco: “Trenches".

Ciao Alessandro, innanzitutto potresti presentarti in breve per chi non ti conosce?

Sono nato a Firenze nel 1964 dove vivo tuttora e dove la musica mi ha accompagnato da sempre. Ho iniziato a suonare negli anni ’80, tra le band a cui ho preso parte posso citare “Stropharia Merdaria”, “Subterraneans”, “Malastrana” e “Valvola”, con cui ho fondato l’etichetta Shado records, attiva fino al 2007. in questo momento sono batterista di Stolen Apple, ex Nest, con i quali ho registrato l’album d’esordio “Trenches”, uscito il 23 settembre e distribuito da Audioglobe.

“Trenches: trincee. . . la mente dell’uomo è in trincea, o le trincee sono nelle nostre menti?”, spiegami questa frase.

Ognuno di noi ha dentro di sé, chi più chi meno, delle barriere, frutto della sua natura ma anche della sua educazione e delle sue esperienze, intese come trincee in senso difensivo ma anche come impedimenti che ci frenano verso esperienze ulteriori. È molto pertinente all’attualità il fatto che la mente dell’uomo sia in trincea, nel senso che stiamo attraversando da tempo un’epoca d’enorme incertezza riguardo i conflitti fra i popoli, le contrapposizioni politiche e religiose, la distruzione di risorse naturali ed economiche… così è facile immaginarsi appiattiti in un riparo, da dove ogni tanto, con prudenza, provare a scrutare fuori, con paura.

Come sei arrivato a questo album e che cosa ti aspetti?

Non c’è stato un progetto di partenza, salvo la volontà di fissare la nostra ultima produzione con delle registrazioni che rispettassero il più possibile il nostro suono abituale. tutto il resto è venuto prendendo consapevolezza e spunto dal raggiunto gradino precedentemente, dai messaggi alla grafica di copertina, fino ai contatti intrapresi per la promozione.

Come definiresti la tua musica?

Le classificazioni non sono mai state il nostro forte. La si può chiamare post rock, ma chissà cosa vuol dire davvero… di sicuro è il frutto di esperienze musicali e di ascolto molto eterogenee.

Oggi essere musicista è ancora più complicato rispetto ad anni fa…

È un discorso complesso, di sicuro il concetto di fare musica è cambiato notevolmente, a partire da chi crea fino al fruitore. Se anni fa l’interesse verso nuove sonorità suscitava attenzione nell’ascoltatore, oggi non è più così, si va ai concerti a fare tutto fuorché ad ascoltare musica, non si acquista più il cd, tanto è scaricabile, non si approfondisce la ricerca di un genere musicale nuovo o di un artista particolare, cose che invece arricchirebbero la cultura personale. Tutto ciò per chi fa musica non è rassicurante. Da qui tutta una serie di nuove valutazioni legate ai lives, al nuovo modo di ascoltare musica, all’approccio diverso nei confronti del pubblico da parte degli addetti ai lavori.

Hai degli artisti di riferimento?

Troppi… e tutti di alto valore.

Progetti futuri?

“Trenches” sta avendo un buon riscontro, ci piacerebbe far conoscere questo lavoro presentandolo dal vivo, sperando che, con la promozione e anche con interviste come queste, possa essere diffuso anche al di fuori del circuito fiorentino, dove di fatto stiamo già da tempo suonando questi pezzi assieme ad altri del nostro precedente repertorio. Ci piacerebbe anche girare un video. Contemporaneamente, com’è logico, stiamo cercando di comporre materiale nuovo, non vorremmo fermarci qua. - CORRIERE DELLO SPETTACOLO - DI STEFANO DURANTI POCCETTI


"Intervista - Interview"

Stolen Apple … Mela Rubata … a cosa si deve la scelta del nome del vostro gruppo?

Il nome della band è stato ispirato dalla storia di Ernst Lossa, bambino jenisch simbolo di un'infanzia negata e, più in generale, della violenza contro il diverso, ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti, storia narrata fra gli altri da Marco Paolini nel suo spettacolo “Ausmerzen”. Mela rubata perché Ernst rubava le mele e le spartiva con gli altri pazienti dell'ospedale psichiatrico dove era rinchiuso.

Riguardo al sound invece, quali le influenze dirette e quali quelle indirette?

Ognuno di noi ha avuto un percorso diverso ma che ci accomuna per attitudine e vocazione, quindi se per influenze dirette s'intende tutto ciò che abbiamo incontrato nella nostra formazione musicale, l'elenco sarebbe infinito. Generalizzando un po’ di più, i nostri ascolti personali 'eterogenei' sicuramente sono stati e comprendono ancora il post punk e l' indie rock anni '90.

Una breve descrizione di Stolen Apple in studio, ed una per gli Stolen Apple versione live …

La risposta più semplice è che in studio possiamo correggere eventuali errori, dal vivo sono gli errori che correggono noi ... diciamo che il disco è stato quasi completamente registrato in diretta sovraincidendo le voci e poco altro. Nostra intenzione iniziale era comunque di riprodurre il più possibile il suono che abbiamo dal vivo.

Cosa bolle in pentola nel futuro degli Stolen Apple?

Dire girare un video sarebbe troppo scontato ... vorremmo presentare il disco dal vivo e nel contempo non fermarci nella composizione di nuovi brani. - IGNORARTE - DI SALVATORE CAMMILLERI


"Intervista - Interview"

Subito una curiosità: ci raccontate dell’esperienza con Battiato? Dal vostro sito: “Nel 1978 suonano di spalle a Battiato, che s’incazza”.
Quell’intera parte della nostra scheda bio è scherzosa e non si sa più nemmeno chi l’ha ideata. In ogni caso, se uno rigoroso come Battiato ci ascolta, s’incazza di sicuro. Per fortuna era di spalle…
Vi definite una band “alternatindie”, perché?
La definizione esatta è “alterna-Tendi” in omaggio al grandissimo Alessio, terzino della Fiorentina negli anni ‘70. La verità sta tra le definizioni alternative ed indie, ma considerate tutto ciò una parodia delle “effimere” definizioni che si attribuiscono ai generi musicali. Puoi avvicinarti o prendere spunti da un genere o uno stile, ma la musica originale che viene creata è a prescindere sempre unica e non etichettabile.
Cosa ne pensate del genere indie portato in Italia? Sinora sembra che a livello mainstream faccia difficoltà ad affermarsi…
Forse non riesce ad emergere per la difficoltà nel coniugare certe metriche sonore con la nostra lingua, questo è un problema col quale ci scontriamo anche noi. In generale, pensiamo comunque che, quando i mass media si approcciano ai fruitori in maniera errata, un fenomeno possa anche divenire effetto boomerang. Infatti, adesso l’indie è elemento ironico sia sul Web che da parte di bands (vedi “Lo stato sociale”, “Savastano”, ecc…), che ne scimmiottano i contenuti. In finale, c’è una contrapposizione più seria e forse più estrema: “indie” starebbe per indipendente ma, nel momento attuale, in cui le autoproduzioni sono aumentate notevolmente, il termine “indipendente”, invece che elevarsi ad alto fattore, sembra obsoleto e piuttosto conformista. Probabilmente, la connessione indie-mainstream non è mai iniziata oppure ha totalmente fallito.
Veniamo al vostro disco “Trenches”: “Trincee…la mente dell’uomo è in trincea, o le trincee sono nelle nostre menti?”. Dite la verità: Marzullo è il vostro ghostwriter? Aiutateci a capire il concept dell’album e com’è nato questo progetto discografico.
Senza di noi, le domande di Marzullo non sarebbero esistite… a parte gli scherzi, noi – a dire il vero –speravamo che ci aiutaste voi ad attribuire un significato alla frase, ma visto che non collaborate (ride), il concetto che volevamo esprimere è quello di barriere: dentro e fuori ognuno di noi. Le barriere, poi, diventano divisioni, pregiudizi che ci allontanano da noi stessi e dagli altri.
Definite il vostro disco “Un libro pieno di ricordi e avventure”: ci raccontate un episodio significativo alla base di un brano?
Mentre in alcuni brani come “Living on Saturday”, “Something in my days” o “Mistery town” c’è alla base un vissuto personale più attinente alla sfera sentimentale, in altri ricorrono immagini o emozioni di varia derivazione, che poi sono stati cucite insieme: è assolutamente interscambiabile la nostra idea di attribuire chi scrive le parole di una strofa e chi del ritornello. Ci teniamo a ricordare “Daydream”, scritta originariamente in Italiano da Daniela Pagani, poetessa e prima cantante fiorentina a partecipare allo “Zecchino d’oro” nel 1970, scomparsa prematuramente nel 1987.
Partecipereste mai ad un talent?
Non avendo talent, è inutile andarci (ride). Ma, anche se fossimo il secondo “Il Volo”, ad un talent il volo non lo spiccheremmo mai. Riteniamo i talent manifestazioni dove la musica passa comunque in secondo piano rispetto al lato più mediatico del fenomeno.
Quant’è difficile oggi trasmettere le proprie idee attraverso la musica?
Difficile dirlo: noi sentiamo di averle espresse, ma è anche vero che non essendo professionisti non abbiamo mai subito pressioni di mercato o di tendenze del momento. Facciamo quello che sappiamo fare e che ci piace. Il problema è, casomai, inverso: quanto è difficile far ascoltare e far recepire pe proprie idee oggi…
Siae o soundreef?
Sinceramente, non abbiamo capito molto di nessuna delle due. In ogni caso, Soundreef.
Sembrate tenere molto alle vostre sonorità: se l’etichetta vi proponesse di cambiare genere per accattivare più pubblico, quanto e in che modo sareste disposti a cedere?
Credo che questo gruppo di persone possa produrre queste sonorità, noi suoniamo ad istinto e non abbiamo contratti. Potranno esserci delle evoluzioni e dei cambiamenti, ma certamente gestiti ad un tavolino dove saremo seduti anche noi.
In voi c’è una forte componente sociale: Il nome della band è stato ispirato dalla storia di Ernst Lossa, bambino jenisch ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti, narrata fra gli altri da Marco Paolini nel suo spettacolo “Ausmerzen”. Quanto crediate che la musica possa aiutare ad abbattere i pregiudizi sulla diversità?
La musica è il miglior livellatore che esista, in un brano non ci si accorge della diversa età, razza, cultura o ceto sociale degli esecutori. Inoltre, la musica è un universo di attitudini comuni perché ci si ispira e si comunicano suggestioni a vicenda, cosa che, ad esempio, neppure in un potentissimo aggregante come lo sport può accadere completamente. Quanto poi riesca ad eliminare preconcetti che non dovrebbero più esistere, chi può dirlo se non la storia…
Cosa vorreste ancora raccontare come artisti?
“Cappuccetto Rosso” e “Biancaneve e i sette nani”, con un finale tutto diverso e senza pubblicità (ride). Seriamente parlando, la musica è una Via Lattea per chi la fa e per chi la ascolta, quindi vorremmo scoprire ancora nuove costellazioni di noi stessi per mostrarle agli altri. La ricerca non deve finire mai.
Parlateci del vostro futuro: qualche anticipazione sui vostri progetti (date, curiosità).
Per quanto riguarda Firenze, i prossimi impegni live ci vedranno alla Cdp di Settignano ed al circolo “Il progresso”. In cantiere abbiamo una diretta radio presso Legnano (MI), con un concerto in zona, inoltre stiamo ultimando la produzione del nostro primo video. Il vero obbiettivo principale, però, è ringraziarvi per la vostra attenzione nei nostri confronti. - FINESTRAPERTA - DI ANDREA DESIDERI


"Recensione - Review"

“Trenches” è il nuovo album degli Stolen Apple, che riversano in dodici tracce la propria inclinazione alternative ed indie-rock.

Gli Stolen Apple sono quattro ragazzi di Firenze – Riccardo Dugini (voce e chitarre), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica), Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni) – uniti da una passione creativa (e ricreativa) per la musica.
A questo proposito, è un fatto tangibile che i componenti del gruppo si divertano nel comporre i propri pezzi e nell’esibirsi attraverso performance ricche di vivacità portate sui palchi sin dal 2008.
È questo l’anno in cui la band si formò prendendo vita da quel che rimase dei Nest, altra formazione locale: decisero di chiamare il nuovo progetto Stolen Apple, ispirandosi alla storia di Ernest Lossa, un bambino jenisch ucciso nel 1944 dai nazisti durante il disumano sterminio degli individui non autosufficienti – storia narrata, fra tanti, anche da Marco Paolini nel suo spettacolo “Ausmerzen”.

Tornando al disco, il nome scelto è abbastanza evocativo: “Trenches” si traduce con la parola ”trincee”, e la domanda che sembra dover esser posta è la seguente: è la mente dell’uomo ad essere in trincea, o le trincee sono solo nelle nostre menti?
Per rispondere a tal quesito, gli Stolen Apple hanno fatto del loro meglio esprimendo attraverso canzoni intrise di sonorità eterogenee e significati ambivalenti tante esperienze, vissute dentro e fuori la musica in un caleidoscopio di suoni grezzi e parole piene di intimità.
“Trenches” si configura come l’album di debutto della band, ed è a tutti gli effetti un disco cui si è giunti con uno sforzo collettivo poiché scritto facendo circolare idee e creatività, con l’obiettivo di raggiungere il risultato di un’identità comune.
Le tracce che lo compongono spingono sull’onda di sensazioni diverse l’ascoltatore, che si addentra sulle note di brani che, mescolando indie-rock, country desertico, psichedelia, shoegaze, post-noise e ballate alt-country, coinvolgono e rendono il disco un libro aperto di ricordi, di storie e di avventure.

Il lavoro della band fiorentina si apre con ‘Red Line’, ballata dance-psichedelica in cui si intravedono echi di sitar indiani e tamburi in lontananza, oltre ad un finale in crescendo a dir poco esplosivo.
‘Green Dawn’ è invece un pezzo più rock, il cui intro è una chitarra decisa che sfocia poi in risvolti a tratti punk.
Sono incalzanti i ritmi di ‘Fields of Stone’ e di ‘Pavement‘ che in quest’ultima si accompagnano a riverberi neo-psichedelici, mentre ‘Falling Grace’ è una vera esplosione di indie-rock in stile anni ’90.
‘Living on Saturday’ mescola pop a blues e viene colorata da un fantastico ritornello a tre voci mentre ‘Mystery Town’ è una ballata rock a cui segue l’intimistica ‘Something in my Days‘.
Ci vuole più pelle, in ‘More Skin’ che mescola strutture pop a strutture rock ed è invece la poesia che si unisce alla musica nel decimo brano di “Trenches”, ‘Daydream’ il cui testo è stato ricavato da una poesia di Daniela Pagani. Adrenalina ed echi punk arricchiscono ‘Sold Out’ e l’ultimo brano dell’album è ‘In the Twilight’ una rock-ballad particolare ed ariosa che con il suo paesaggio sonoro chiude il disco con verve ed eleganza.

Quello degli Stolen Apple appare come un lavoro estremamente ricco di energia, forse il primo step di una carriera altrettanto rockeggiante e piena di vitalità. - OCANERAROCK - DI LESLIE FADLON


"Recensione - Review"

La mente dell’uomo è in trincea o le trincee sono nelle nostre menti? Questo il 'concept' attorno al quale 4 ragazzi fiorentini hanno sviluppato, in questi anni, un suono compatto e coeso, che li ha condotti verso uno stile eclettico, ricco di spunti interessanti.
Pubblicato lo scoro 23 settembre, ‘Trenches’ è il disco di debutto del quartetto fiorentino ‘Stolen Apple’, formatosi nel 2008. Il nome della band è ispirato alla storia di Ernst Lossa, il bambino ‘Jenish’ ucciso nel 1944 dai nazisti durante le operazioni di ‘eutanasia selvaggia’. La formazione è composta da Riccardo Dugini (voce e chitarre); Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth); Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica); Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni). ‘Trenches’, letteralmente ‘trincee’, è dunque il titolo di questo lavoro pubblicato dall'etichetta Rock Bottom Records e distribuito da Audioglobe: 12 tracce che spaziano tra rock, folk, alternative rock, shoegaze e indie-rock. Un eclettismo che, bisogna ammettere, non diviene confusione. Si tratta di una raccolta di brani che hanno il pregio di una scrittura e un arrangiamento ‘compatti’, segno di un lavoro collettivo che ha portato alla creazione di un suono ‘coeso’. Lunghe digressioni musicali, a tratti psichedeliche, tra le quali si insinuano le linee vocali, che presentano spunti interessanti. Vi dominano influssi tra gli anni ’80 e ’90 (rievocati anche tramite l’artwork) derivanti, ci pare, da band quali Dinosaur Jr, Ride e Sonic Youth. Brani con chitarre distorte e batteria/basso incalzanti si alternano a tracce dalle atmosfere più rarefatte ('Mistery town'). Dichiaratamente lontana dalle tendenze musicali attuali - e ciò non è per forza un bene - la band toscana suona una musica 'senza tempo', dal sapore ormai ‘classico’, che rimanda a sensazioni legate alla sfera adolescenziale. Gli Stolen Apple emergono da quella scuola ‘rock’ toscana che ha visto nascere formazioni di spicco, come gli ormai disciolti Elton Junk, mostrando di aver ben appreso la lezione dei loro predecessori. Tuttavia, il lavoro manca di quell'illuminazione che fa la differenza tra un disco come tanti e un lavoro che lasci una ‘traccia indelebile’ nell'ascoltatore. Gli arrangiamenti, in particolar modo, ci sembrano un pò troppo 'scolastici' e la sezione ritmica pare viaggiare, a volte, in maniera un po’ macchinosa. Non mancano ‘felici intuizioni’, come avviene per esempio in 'Falling grace', in cui il gruppo è riuscito a ben convogliare le energie e le idee in una scrittura di immediato impatto. 'Trenches' è comunque un album ben prodotto ed eseguito, che restituisce una buona impressione di ‘impatto live’. Per il futuro sarà forse il caso di sviluppare le idee in modo più efficacemente ‘essenziale’, tralasciando alcuni esercizi di stile, per concentrarsi sull'elemento vocale. - PERIODICO ITALIANO MAGAZINE


"Recensione - Review"

Appena uscito per Rock Bottom Records/Audioglobe invece l’album d’esordio dei fiorentini Stolen Apple (nella foto a destra) Trenches (copertina a sinistra): 49’ per 12 brani (cantati in inglese, magari un po’ ruspante) col raro dono della varietà, a dispetto di una produzione povera, in cui ogni canzone ha un’autonoma identità sonora. Molteplici influenze baluginano, senza mai diventare predominanti rendendo il disco derivativo: Sonic Youth, qualcosa dei Rem, un po’ di country desertico alla Calexico, anche se il paragone più calzante mi sembra quello dei Dream Syndicate, alfieri di quella scena Paisley Underground che non c’entra nulla col Paisley Park di Prince ma rappresenta un’altra rifrazione nella strobosfera della psichedelia rinata negli anni ’80.
È un disco piacevole, Trenches, perché ogni volta che l’ascolti hai l’impressione di cogliere un riferimento che invece ti sfugge, impedendoti di chiudere definitivamente il caso della Mela Rubata sotto un’etichetta unica. - POSTHUMAN di Mario Gazzola


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Da Firenze arriva una novità nel panorama alternative rock contemporaneo, sono gli Stolen Apple e il 23 settembre ha visto la luce il loro disco d’esordio “Trenches”.
La definizione didascalica della band «passione, coraggio, curiosità, attitudine ed inventiva», racconta in poche semplici parole il tentativo di esprimere tutte le loro esperienze dentro e fuori la musica, mettendo insieme voci aspre con un suono eterogeneo, a volte grezzo e imperfetto.
Nell’insieme trovano spazio ballate romantiche e scariche adrenaliniche, melodie cantilenanti e sferzate di chitarra e batteria al limite del punk. Questo lascia trapelare le diverse esperienze musicali dei membri, che nel 2008 si sono uniti portando ognuno il suo bagaglio cultural-musicale come un bottino da spartire.
Allo stesso tempo però c’è l’impressione che tutto il progetto sia ancora in uno stato embrionale, dove i protagonisti stanno ancora perfezionando la trama che si delinea davanti a loro. A tratti infatti il disco risulta un po’ confusionario, saltando da un mood all’altro, ma questo non per denigrarlo. Anzi. Utilizzando come metafora «la mente dell'uomo è in trincea, o le trincee sono nelle nostre menti? », il gioco di parole alle quali affidano la domanda alla quale queste dodici tracce vorrebbero rispondere, sembrerebbe proprio che loro stessi stiano scavando all’interno della loro trincea con un duplice obiettivo: andare in profondità e allargare gli orizzonti.
Partendo da un ordine parzialmente invertito della tracklist, sono da annotare pezzi come In The Twilight e Daydream, ballads con spunti folk, eleganti e poetiche, Mystery Town, altra ballad ma dal sapore caldo da West Coast grazie al suono delicato della chitarra slide, e, in un crescendo drastico verso gli antipodi, Red Line che aprendo il disco con l’attacco del basso fa tremare un attimo pensando alla mano di Peter Hook (in effetti un brano completamente estraneo a tutto il resto, con sonorità brit & sixties) e proprio per l’illusione ottica di questo richiamo avrei lasciato per ultima.
C’è molta attenzione a riprodurre un suono più che mai naturale e vicino alla versione live. Ancora qualcosa di perfezionabile sulle voci, ma prendendolo come inizio di percorso, le prospettive sono positive. Attendiamo di ascoltarli live quanto prima. - EXTRA! MUSIC MAGAZINE di Maria Grazia Umbro


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Capita alle volte di voler fare un giro alla ricerca di musica nuova, una musica che si discosti dalle solite sonorità senza più personalità alle quali le nostre orecchie di ascoltatori si stanno catalogando senza quasi più avere alcuna reazione e senza riuscire a distinguere un cantante da un altro. Così mi è capitato di ascoltare una musica diversa dal solito, qualcosa che suoni finalmente originale e nuovo, capace di trasportarti all’ interno della mente e accompagnarti in nuovi posti; mi è capitato di sentire il lavoro degli “Stolen apple”, un gruppo fiorentino nato nel 2008 dall’ incontro di quattro ragazzi che, ognuno con le proprie esperienze, hanno creato qualcosa che resta dentro e si fa ascoltare piacevolmente. L’ album in questione è il loro disco d’ esordio dal titolo “Trenches”, che si presenta come un miscellaneo di varie influenze musicali che finalmente riportano il rock al suo modo di essere originale e pieno di significato. All’ interno troviamo diverse tracce che si fanno apprezzare per la loro differenziazione, portandoci dalle ballate quasi country fino a sonorità piene di batteria ed assoli di chitarra che riempiono lo spazio dandoci energia e voglia di saltare come ad un concerto; quando riff e le rullate rallentano il ritmo, spesso escono fuori capolavori della musica. Non esiste compositore di ballata migliore dell’artista rock, che magari ci fa anche provare l’ebbrezza del live. Sì, perché un’ altra caratteristica di quest’ album è la capacità degli Stolen Apple di farci vivere questo suono come se fosse un vero live. Insomma un album pieno di spunti e tanta bella musica che vale la pena ascoltare. Speriamo di vederli presto dal vivo per poter amplificare quelle sensazioni che già nell’ascolto in cuffia sono molto potenti. - KAIROS RIVISTA


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Trenches è l’album d’esordio degli Stolen Apple, ed è strano perché quando ascolti una delle 12 canzoni della tracklist non senti qualcosa di “sconosciuto”. Potrebbe sembrare un difetto, ma non lo è. Le tracce dell’album comprendono moltissimi generi musicali, dal pop al country, dal punk al rock, il tutto fatto proprio e mescolato per creare qualcosa di nuovo che lascia, però, l’idea del familiare, qualcosa che rassicura, evoca ricordi e crea collegamenti tra mondi completamente diversi, ovviamente senza prescindere da una grande innovatività. Ed è proprio l’evocatività ad essere il grande punto di forza di questo lavoro. I componenti della band Indie- Rock / Alternative- Rock fiorentina sono 4, Riccardo Dugini (voce e chitarre), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica), Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni). È evidente, benchè questo sia il loro primo album dato in pasto al grande pubblico, che c’è un grande affiatamento tra i 4 musicisti: gli strumenti si supportano e valorizzano tra loro, accompagnano la voce senza coprirla ma mescolandola perfettamente con il suono. La vitalità è il filo conduttore dell’album, che alterna tracce veloci ed energiche ad altre più lente e soft, senza mai approdare a risultati scontati o banali. Le più rockeggianti Red Line e Green Dawn sono intervallate infatti da una più introversa Fields of Stone che pure è molto diversa per ritmo e intenzione dalla più intensa e onirica Pavement e da Mystery Town, più vicina ad un lento country-rock. Le precedenti Falling Grace e Living on Saturday tornano ad avvicinarsi alle prime due tracce, anche se con un sound più carico e pieno anche da un punto di vista strumentale.Seguono Something in my Days e More Skin che, seppur differenti, si trovano unite da una particolare carica vocale e da interessanti brevi assoli strumentali con un ritmo molto intenso. Le ultime tre tracce formano un interessate sandwich: Daydream e In the Twilight, associabili per una ritrovata morbidezza di suono, accentuata nella prima dalla blueseggiante fisarmonica e nell’ultima traccia dal morbidissimo e caldo uso della voce, racchiudono nel pezzo Sold Out, un ritrovato di energia e carica rock- punk, con un utilizzo molto interessante della voce/coro.Un disco eterogeneo ed energico, da viaggio in macchina e vento tra i capelli; canzoni che si fanno ascoltare e canticchiare battendo il piede a tempo di musica. - FMD FARE MUSICA E DINTORNI di Elisa Enrile


"Intervista - Interview - Alla scoperta degli Stolen Apple"

Trenches è l`album d`esordio degli Stolen Apple per la Rock Bottom Records (distribuito da Audioglobe). Del disco vi abbiamo raccontato lo scorso Agosto. L`ascolto di questo lavoro molto interessante, ci ha messo la voglia di scoprire di più di questa band che, grazie alla sua musica, potrebbe raccogliere molti consensi fra gli ascoltatori. Ecco cosa è venuto fuori da una lunga chiaccherata con Riccardo Dugini (voce e chitarre), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica), ed Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni), i quattro componenti del gruppo. (Foto di Alessandra e Maria)

- Inizierei col raccontare di voi e dei vostri trascorsi musicali, perché se è vero che come Stolen Apple siete al vostro primo lavoro, in realtà voi avete una storia che parte dall`inizio degli anni duemila.....
Riccardo: Ho suonato a lungo con i Malastrana negli anni in cui ci si esibiva prevalentemente negli spazi occupati di Firenze e anche altrove, proponendo uno psychopunk che oggi farebbe un po’ sorridere, ma all’epoca era ascoltato ed efficace. Luca, che suona con me dal ‘91, ha condiviso anche quell’esperienza. Poi i Nest, gruppo post rock con cui abbiamo realizzato due CD (Drifting e Isn’t it?) e uno videoclip, oltre ad aver concorso alla colonna sonora di Ora d’aria, film docu su Silvia Baraldini. L’esperienza nei Nest è stata molto intensa e con qualche soddisfazione, dati i riscontri positivi delle nostre realizzazioni. Massimiliano ci ha dato una mano importante nei set acustici in quel periodo. La conoscenza di Alessandro risale invece al periodo dei Malastrana: con quella formazione, e Alessandro alla batteria, abbiamo realizzato un cd autoprodotto.
Alessandro: Per quanto mi riguarda, qualche anno prima: il mio approccio nel mondo della musica inizia alla fine degli anni `80 con gruppi oscuri e underground della new wave fiorentina come Stropharia Merdaria e Subterraneans, proseguendo fino all`esperienza breve ma significativa dell`etichetta indipendente Shado Records e della band Valvola, con con cui ho condiviso gioie e dolori `musicali` fino al 2007.

Massimiliano: Ho formato il mio primo gruppo ancora non maggiorenne, proprio con Riccardo e altri compagni di strada, all’epoca esclusivamente cover e un basso comprato solo perché non lo voleva suonare nessuno, ma di lì a poco già la voglia di provare a scrivere cose nostre. Ho suonato in altri gruppi negli anni ’90 e fino al 2003, in maniera abbastanza continuativa, sempre e solo con repertorio di cover abbastanza eterogenee fra folk rock americano anni ‘70, cantautorato italiano, pop rock anni ’80. Ho suonato anche jazz e bossa nova, sicuramente con risultati migliorabili, ed ho collaborato anche alla colonna sonora di qualche spettacolo teatrale. Non ho però mai perso di vista l’attività di Riccardo e delle varie formazioni che si sono avvicendate nella cantina di casa sua, in alcuni casi collaborandovi estemporaneamente, e dal 2008 in maniera stabile dopo lo scioglimento degli allora Nest.

Luca: Ho suonato con un gruppo (ci chiamavamo Dipsomania) fino al 91 quando sono entrato nei Malastrana, il gruppo di Riccardo Dugini e lì ho messo le radici.

- Il vostro orizzonte musicale è piuttosto ampio. Si va dai Thin White Rope ai Byrds, quindi dei classici, per arrivare a band come Beachwood Sparks in primis, ma anche Allah-Las, Scud Mountain Boys, Real Estate, Autumn Defense. Come mai proprio gruppi del genere?

Riccardo: Se i Thin White Rope sono stati e sono ancora un punto di riferimento costante negli ascolti degli ultimi venti anni, so dirti poco dei gruppi che citi che conosco molto marginalmente. Personalmente mi hanno sempre attratto i gruppi punk e post punk, il chitarrismo anni ‘90, il rock di autore di Nick Cave, Sophia e Pj Harvey.

Alessandro: Delle formazioni citate, ricordo vagamente un paio di brani degli Autumn Defense (forse perchè mi colpì il nome della band, romantico e allo stesso tempo orgoglioso).....ln ogni caso i miei riferimenti musicali vanno piuttosto indietro nel tempo e raccolgono elementi che sarebbe impossibile nominare tutti (ma ci tengo a ricordare Kraftwerk, Velvet Underground, Sonic Youth tra tutti....); credo che il percorso fatto da ognuno di noi sia stato eterogeneo ed ha seguito negli anni sia lo stato d’animo del momento che la predisposizione del tempo, del luogo, e delle persone da cui siamo stati circondati volta per volta: tutto questo ha portato la band a questo tipo di sonorità, così multiforme, plasmabile, e ricco di esperienza. Attualmente cerco di ascoltare di tutto, senza legarmi ad un genere specifico. Con la certezza però che le chitarre adesso non riesco proprio a farmele mancare.....

- Visto l`origine del nome della band, mi pare che abbiate un rapporto attento con la letteratura. Quali sono i libri che fanno parte del vostro background?

Riccardo: Una miriade...da Melville alle `Poguesie` di Shane McGowan, da Conrad a Dylan, ma anche il beat, Furore di Steinbeck, Ken Parker e Alan Ford....

Alessandro: Ricordo con passione i primi libri letti: La pelle, I fiori del male, la Divina Commedia, Il gabbiano Jonathan Livingstone, La Giara, Siddharta, Sulla strada. Ma è stata - ed è ancora - la poesia la mia più grande passione in campo letterario: per l`appunto è uscito quest’anno il mio primo libro dal titolo Perchè non cento? edito da Alter Ego di Viterbo, 99 poesie caratterizzate da rime, sciarade e giochi di parole.

Massimiliano: Anche per me sono un’infinità, non leggo mai abbastanza quanto vorrei e sono curioso in molte direzioni. Adoro William Faulkner e Dylan Thomas, Pavese e Fenoglio tra gli italiani, penso che Gianni Rodari sia stato un genio, mi piace la scrittura di Murakami Haruki, Kent Haruf ed Elizabeth Strout, tra le scoperte più recenti Tommaso Landolfi, Cees Noteboom, David Foster Wallace, James Purdy. Ho letto anche molta fantascienza, reputo scrittori come Asimov, Clarke, Bradbury, Shaw, Dick di assoluto valore letterario e penso che Robert Sheckley non venga ricordato abbastanza. Ritengo che il fumetto non sia affatto un genere di intrattenimento e che capolavori come The Long Tomorrow, Mort Cinder, Lo Sconosciuto di Magnus, Maus di Art Spiegelmann, Le Etiopiche di Pratt, non debbano mancare in nessuna casa.
Luca: Le storie di paperi su Topolino, Fantozzi letterario, Grand Hotel e Settimana Enigmistica quando mi lasciavano dalle zie, Flann O`Brien, Kafka, Arto Paasilinna (scrittore finlandese) e altro.

- Come sono venuti fuori i pezzi di Trenches? E` stato un percorso lungo, o erano "maturi" e vivevano l`urgenza di essere messi su CD?

Riccardo: I pezzi di Trenches risentono, rispetto ai Nest, della volontà determinata di fare molto in sala prove, magari su qualche canovaccio prodotto prima. Trenches, registrato un anno fa, raccoglie di fatto la produzione dei due anni precedenti. Abbiamo privilegiato approccio più diretto, meno concentrato sulla scrittura e focalizzato invece molto su suono, atmosfera e testi. Credo si senta. I pezzi, al di là di quelli più personali, sono popolati di riferimenti a personaggi marginali, ma non rassegnati, sconfitti ma resilienti. La trincea diventa una forma di resistenza alla barbarie e alla rassegnazione in tempi di desertificazione sociale. Canzoni che raccontano le emozioni di un’umanità negletta ma non per questo periferica. Pavement, per esempio, è la storia di una famiglia costretta sulla strada da una finanza senza scrupoli, oltraggiosa e potentissima. Quel motherfucker lanciato dal piccolo Jack all’indirizzo di un banchiere che ostenta cavalli bianchi è come un sasso in mano ai bambini dell’Intifada. Resistenza che non si estingue.

Alessandro: I brani nascono in modo spontaneo. Se poi gli arrangiamenti dovessero richiedere più tempo, possiamo rimanere su un brano anche per un mese, se non di più. Non cerchiamo la perfezione, ma la realizzazione di ciò che più ci piace fare.

- Ci sono dei pezzi che ho trovato particolarmente interessanti e decisamente riusciti come Pavement o la splendida Mistery Town.
Sarebbe auspicabile poterle sentire presto in una dimensione live.
Che progetti avete in merito? Potremo vedervi on stage presto?

Alessandro: Stiamo cercando di suonare dal vivo, ma non è semplice. Il mondo musicale è cambiato profondamente negli ultimi anni, è tutto più complesso, nonostante per assurdo non sia difficile fare musica, ma arrivare all`ascoltatore in maniera semplice e legittima, senza dover scendere a compromessi snaturando le proprie idee, o vendendo la propria immagine: trovo questo motivo di leggerezza e sintomo di fenomeno passeggero, che compromette il concetto di bellezza a cui forse ancora non siamo abituati del tutto. Perchè non fare emergere la qualità, quand`essa è legata al genio e all’invenzione creativa? L’arte non si misura in soldi o in successo effimero, ma in pure e grandi emozioni.

- Ho trovato bellissimo e molto emozionante Daydream, il pezzo tratto da una poesia di Daniela Pagani. Volete raccontarci chi è questa ragazza e del perché di questa scelta?

Alessandro: E` sempre difficile per me parlare della perdita di mia sorella, che ci ha lasciati nel 1987 a causa di un male incurabile. Daniela Pagani, oltre ad essere stata cantante (e prima bambina fiorentina a partecipare allo Zecchino D`Oro), era anche poetessa. Abbiamo deciso di ricordarla in Daydream, che è il titolo di una sua poesia contenuta nel libro Cavalli d`argento, scritta originariamente da lei in italiano e tradotta da me in inglese.

- Che rapporto avete con la scena musicale fiorentina? Ci sono altre band o solisti che ritenete attualmente interessanti?

Riccardo: Non ho più rapporti con la scena fiorentina, non saprei dirti. Non è snobismo, solo una questione anagrafica. Quando mi capita di andare a vedere concerti ascolto ancora cose interessanti e qualità tecnica mediamente più alta di anni fa. La disponibilità all’ascolto invece è un’altra cosa: oggi un gruppo che si esibisce live non ha grosse possibilità, salvo travestirsi da tribute band, ma che tristezza...

Alessandro: Raramente mi affaccio alla finestra della scena fiorentina, forse perchè non ho più trovato suoni originali o idee alternative che mi rendessero curioso e disposto a nuovi ascolti…..sarà perchè non esistono? Non azzardo opinioni, ma la mia idea è che si suoni quasi più per moda che per necessità o attitudine. Quello che per noi prima era un sogno, ora è a portata di tutti troppo facilmente (e non soltanto musicalmente parlando). Invece, credo che sia attraverso il lavoro, la lungimiranza e l`attenzione verso le cose che si amano, che si riescono a fare lavori eccellenti, perlomeno originali. Riguardo l`ascolto di nuove sonorità, trovo comunque interessante la commistione pop e rock di gruppi come Temper Trap, Arcade Fire, Arctic Monkeys, Metric, Courtney Barnett, The Wombats, ed altri come The Bamboos e The Liberators, che incrociano sonorità funky con Africa e r’n’b. Ascolto anche Foo Fighters per la grande sezione ritmica, e Queens of the Stone Age per la forma originale dei brani.

Luca: I tempi cambiano non ho molti contatti con l`attuale scena fiorentina. - MESCALINA - di Marcello Matranga


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Se l'album s'intitola "Trenches", ovvero trincee, la loro energia è qualcosa che esce sempre allo scoperto, che va all'attacco, che corre sicuro verso l'obiettivo. Sicura nel senso, appunto, della forza psichedelica ma anche punk che sprigiona, perchè in realtà il debutto discografico (per Rock Bottom Records) degli Stolen Apple, ovvero i fiorentini Riccardo Dugini e Luca Petrarchi (voce e chitarre), Alessandro Pagani (batteria e voce), Massimiliano Zatini (basso, tastiere, voce), si muove sulle insicurezze e la precarietà quotidiana senza scivolare mai, ma gridando con forza, urgenza, necessità quanto la fragilità oggi debba essere rispettata, se non addirittura preservata. La formazione, nata ne 2008 sulle ceneri dei Nest, conta su musicisti dalla lunga esperienza nella musica indipendente, che si applica al rock senza mediazioni commerciali o promozionali, ma per pura voglia di esprimersi. Le canzoni raccontano esperienze di vita, ricordi, storie personali, riconoscendo nell'impeto adolescenziale una chiave importante con cui leggere, e forse portare avanti, tutta una vita. Anche se ogni singolo componente l'adolescenza l'ha passata da un pezzo, rimane viva nell'entusiasmo con cui continuano a fare rock. - LA REPUBBLICA di Raffaello Paloscia


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Gli Stolen Apple rappresentano un giovane progetto che tramite il proprio esordio discografico cerca di dare la propria interpretazione di rock. Nessun desiderio di voler conquistare il mondo o rivoluzionare i nostri già troppo incasinati anni, in Trenches troviamo dodici brani in cui il quartetto si mette in gioco, lo fa in modo spontaneo raggiungendo un livello sopra la media delle band emergenti che ci troviamo dinanzi. Dicevamo niente di rivoluzionario perché il loro rock ha un sapore retrò, oseremo dire classico, molto americano e lungi dall’immaginarlo simile per genere a scelte stilistiche inflazionate decenni addietro. Gli Stolen Apple inseriscono un po’ di polveroso alone nel sottostrato dei pattern elettrici (Fields Of Stone) senza però ricorrere a trame psichedeliche in grado di rallentarne l’andamento, optano per una strofinata di brit rock (Red Line) e un sapore tremendamente settantiano, hard blues (Living On Saturday). Pavement cerca di puntare su ritmi più lenti finendo per raggiungere i 7 minuti di durata e risultare troppo lunga in un contesto del genere, in altri brani, come ad esempio In The Twilight, l’andamento non veloce si lascia apprezzare. A nostro parere Something In My Days risulta un momento molto maturo, strizzando l’occhio al cantautorato americano ma non trascurando comunque l’animo rock, solco del cantautorato ripreso anche in Day Dream. Ottima la scelta di caratterizzare i brani con due chitarre, infatti le composizioni assumono respiro e vi sono molte più possibilità di spaziare; buono l’approccio compositivo, da migliorare invece la produzione che non valorizza tutti questi ingredienti. Ma si tratta pur sempre di un esordio e non ci si può proprio lamentare. - ROCK GARAGE di Marcello Zinno


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Lo sguardo nostalgico di Alessandro Pagani, ex Valvola e S.H.A.D.O. Records, torna a posarsi sul passato. Questa volta sulla prospettiva si anima la stagione del rock fra '80 e '90, con le sue complicazioni fra hardcore e noise. Un disco concepito alla vecchia, in aperta controtendenza con le derive elettroniche dell'indie nostrano, dotato di una produzione asciutta, da presa diretta, senza particolari trovate di post-produzione. Duri e puri, i quattro ragazzi toscani si infilano subito in un delirio Jane's Addiction (Red Line), accellerano sulle coordinate Spoon di Green Dawn, per poi inchiodarsi in un numero fugaziano come Fields of stone. Più in là il gruppo gongola sul mantra psichedelico di Pavement, con la voce di Pagani che prova ruvidità Mark Oliver Everett, mentre la ballata elettrica alla Beck Mistery Town le fa eco da lontano. Splendida la scarna Something in my days, con la sua marcia immediatezza loureediana, e il vigore chitarristico di numeri come Sold Out e Falling Grace. Belle storie di altri tempi. - BLOW UP di Diego Palazzo


"Recensione - Review"

Quartetto fiorentino che si definisce indie, alternative e più in generale rock, che affonda le radici in quel rock anni ’90 americano tra Soul Asylum e Collective Soul, con tocchi di psichedelia elettrica, quindi tradizione ed innovazione. La prima parte dell’album funziona molto bene, le canzoni hanno peso specifico e si ascoltano con piacere. Altrove c’è qualche rilassatezza di troppo, ma in generale ‘Trenches’ merita attenzione, anche perché si focalizza su un suono poco sfruttato dalle nostre parti. - Gianni Della Cioppa - fb blogger


"Recensione - Review"

Benvenuti a un nuovissimo appuntamento della nostra prima rubrica della settimana che vi permette di farvi conoscere nuovi artisti nel campo musicale. Oggi cogliamo la grande occasione per parlarvi della band italiana rock alternative Stolen Apple. Questo gruppo musicale si forma nel 2008 a Firenze da Riccardo Dugini (voce, chitarra), e Luca Petrarchi (voce, chitarra). Si vanno ad aggiungere Massimiliano Zatini nel ruolo di bassista e il batterista Alessandro Pagani, membro di vecchia data poiché già presente nella formazione per un periodo a metà degli anni ’90 ai tempi dei "Malastrana". Il nome della band è stato ispirato dalla storia di Ernst Lossa, ragazzo Jenisch noto non solo in ambito storico ma anche nel mondo della letteratura per essere stato vittima del programma della cosiddetta "Eutanasia Selvaggia" Nazista che sconvolse l'Europa nel 1944. Lasciandosi alle spalle i vecchi Nest, la nuova formazione targata Stolen Apple ha intrapreso una nuova avventura quest'anno, precisamente il 23 settembre con la pubblicazione del loro album di debutto "Trenches." ("Trincee" tradotto in italiano). Titolo non per niente scontato con il quale si ha l'obbiettivo di far chiarezza su un dubbio che ci turba: "La mente dell'uomo è una trincea o le trincee sono nelle nostri menti?." La riposta sta a voi a seconda dell'ascolto del disco che oltre ad essere un progetto eterogeneo e poliedrico che racconta emozioni vissute tramite differenti esperienze e che presenta una varietà generi che vanno dall'indie rock, passando per lo physco-pop al country, la band ci sottolinea che..."Trenches è un libro aperto di ricordi, di storie e di avventure: i dodici brani sono il risultato di un lavoro collettivo, seppure svolto senza esplicita progettualità. Perché l’unica cosa che conta è la libera circolazione di idee, ogni canzone è espressione dello spirito indipendente della band. Ed è per questo motivo – di assoluta autonomia compositiva – che ogni brano ha sì una sua identità, ma altrettante sfaccettature e tante sonorità. Dal titolo forte ed evocativo, Trenches lascia in eredità, se un messaggio un'opera artistica deve tramandare, altre sì un pensiero urgente, che richiama un suggestivo richiamo di reminiscenze adolescenziali [...]." Il disco ha ottenuto ottimi consensi da parte della critica nazionale che lo hanno definito originale, energetico, emozionante, poco convenzionale ed eclettico. Il giornale "La Repubblica" lo ha commentato con queste parole: "il debutto discografico degli Stolen Apple si muove sulle insicurezze e la precarietà quotidiana senza scivolare mai, ma gridando con forza, urgenza, necessità quanto la fragilità oggi debba essere rispettata, se non addirittura preservata". Per supportare al meglio il progetto la band ha pensato di idealizzare il video musicale che accompagna "Falling Grace", traccia #5 in cui assistiamo ad una esplosione di rabbia con un sottofondo tipicamente indie-rock stile anni 90, caratterizzata da ritmi tribali. Con questo finisce il nostro viaggio, che ne pensate di questa nuova band? È stato di vostro piacere farne la loro conoscenza? - BOOKLET MUSIC


"Recensione - Review"

“Trenches” appare subito come un disco di rock alternativo molto maturo e altrettanto variegato al suo interno.
I groove insistenti di “Red Line”e della successiva “Green Dawn” sono certamente una cifra stilistica ricorrente nella musica degli Stolen Apple, i quali dimostrano di avere ben chiara la lezione di Pretty Things e 13th Floor Elevator su come creare un rock anfetaminico davvero energico.
Accanto a brani tiratissimi, gli Stolen Apple sono però in grado di offrire anche ottime ballate desertiche come “Mystery Town”. Questa traccia è uno dei momenti più alti dell’album: un gusto southern rock mischiato a chitarre vagamente surf danno vita ad una song semplice e piacevolissima, ottimo compromesso tra suono vintage e stile compositivo attuale.
Ascoltando “Trenches” ci si trova davanti ad un disco ben suonato ma soprattutto ben pensato, dove ogni traccia ha una sua peculiarità che la rende interessante, intuendo così che la band ha voluto dare il meglio di sé per questo lavoro in studio. Ottimo ascolto per chi ama le band che non si limitano a creare un proprio suono ma che mettono sul piatto anche idee musicali pregnanti con cui caratterizzare ogni momento del disco. - ARTISTS AND BANDS


"Interviste - Interview"

Una musica assolutamente stoleniana Gli Stolen Apple ci raccontano la loro storia e la loro passione per il rock tradizionale contaminato da echi afro americani e blues.Una cover della band Stolen Apple. Una cover della band Stolen Apple.
Il gruppo musicale degli Stolen Apple è una creatura partorita dai Nest, band attiva fino al 2008. Il loro nome, che significa "mela rubata", viene da un racconto teatrale di Marco Paolini, che ha voluto ricordare Ernst Lossa, bambino ucciso a 14 anni dai tedeschi nell'ambito di un programma di recupero degli individui non autosufficienti. Ernst rubava le mele e le offriva ai bambini rinchiusi nel sanatorio: un gesto di coraggio che la band ha voluto ricordare. Abbiamo intervistato i membri della band per saperne di più.
Parlateci un po’ del vostro background artistico.
Da sempre amiamo il punk, il noise, le ballate country, lo psycho-pop, e la #Musica dei grandi compositori d'orchestra italiani. Ascoltare di tutto è sempre stata nostra prerogativa, adesso ci attrae il rock tradizionale contaminato da echi afro americani e blues più spinto.
A quale panorama musicale vi sentite più vicini e come definireste la vostra musica?
Non esiste un panorama attuale a cui ci sentiamo più vicini. Non è snobismo, né complesso di superiorità, ma consapevolezza che il mondo che ci circonda ci appartiene sempre meno, rispetto alla nostra intima e personale visione. La nostra musica è assolutamente Stoleniana.
Avete scelto un titolo forte per il vostro album, Trenches: qual è la motivazione?
Stiamo vivendo un momento di transizione generale, nel quale non sappiamo bene come andrà a finire. Dentro questo limbo d'attesa, rintanandoci nelle trincee dell'anima, cerchiamo una risposta alle nostre vite. Ma il titolo richiama soprattutto le fragilità dell'uomo, legate alle insicurezze del nostro tempo ed alla precarietà quotidiana. Proprio da questo smarrimento comune che stiamo vivendo, ogni rinascita può tornare esclusiva, riportando l'individuo ad una nuova realtà. Ma senza il rispetto e la preservazione dei valori, non potremo mai tornare ad essere grandi. Noi crediamo che la fragilità, e come logica la resistenza, vadano difesi a tutti i costi
Fino ad ora siete riusciti a proporre la vostra musica dal vivo? Quali sono state le esperienze live più belle?
Dal vivo è sempre bello, perché ogni volta ti misuri con persone diverse. Ricordiamo con piacere il live dove abbiamo aperto la serata a Dan Stuart, frontman dei Green On Red (band americana degli anni'80 e fautori di quel 'paisley underground' a cui qualcuno ci ha associato). Conoscere Dan, che dopo il nostro live ci ha fatto un grande complimento dicendoci "never play after a rock show", è stato emozionante.
Mi ha incuriosito l'artwork del disco: cosa rappresenta l'immagine in copertina?
E' una foto che ha scattato Francesco, figlio di Riccardo Dugini (voce e chitarra), perfetta per il disco, una visione 'didascalica' legata al titolo: paesaggio vagamente freddo, come un panorama dopo una guerra, nuvole di passaggio minacciose, silenzio irreale, un palo della luce che resiste alle intemperie.
Il disco è uscito da un po’ di tempo. Avete fatto un primo bilancio per capire come sta andando?
Non conosciamo il risultato delle vendite, ma ci ha reso orgogliosi la reazione della critica, che ha condiviso la nostra dedizione alla spontaneità del suono. Ciò può aver fatto del disco un'opera un po' 'out of time' ed imperfetta, ma intrisa di impulsi e di percezioni suggestive.
Che consigli daresti a una giovane band?
Quando abbiamo iniziato a suonare era l'entusiasmo che la faceva da padrone. E' importante non perderlo mai. La musica deve essere dettata dalla passione, e dalla gioia di suonare. Inoltre, se nasce un'idea che non combacia con il resto del mondo, non bisogna abbandonarla: essere se stessi e crederci è la base della felicità artistica.
Che progetti avete per il futuro?
Alcuni appuntamenti dal vivo, come Circus a Scandicci e Progresso a Firenze, e altri in studio e nelle radio; inoltre stiamo continuando a scrivere nuovi brani, con la stuzzicante idea di sperimentare - in un futuro prossimo - testi in italiano. - BLASTING NEWS a cura di Mariapia Bruno


"Recensione - Review"

Tra le innumerevoli band degli ultimi anni che è possibile catalogare con l’appellativo di alternative rock, meritano sicuramente un “orecchio di riguardo” gli Stolen Apple, realtà fiorentina giunta al suo debutto con il disco “Trenches”, realizzato in cooperazione con Rock Bottom Records e distribuito da Audioglobe da Settembre 2016.

Se è ormai piuttosto facile inserirsi nel calderone della musica indie è pur vero che è altrettanto alto il rischio di perdersi tra le sonorità proposte senza sapersi distinguere veramente.
“Trenches” corre coraggiosamente questo pericolo con 12 tracce che spaziano dallo shoegaze al post-noise, risultando un lavoro interessante e ben confezionato, anche se nel complesso non esce indenne dal banco di prova.
L’intenzione della band è quella di raccontare le moderne trincee dell’essere umano, vere e proprie barriere mentali prima che fisiche, volte a nascondere le fragilità da cui è minata la società contemporanea.
Musicalmente, gli Stolen Apple dimostrano di sapere andare alle origini delle proprie influenze: più che dagli anni ’90, sembra che abbiano attinto direttamente dagli anni ’60.
Loro stessi definiscono la loro musica un «caleidoscopio di suoni grezzi» e il brano di apertura (“Red Line”) con il sitar indiano in sottofondo sembra un richiamo ancora più diretto alle tinte psichedeliche dei Kaleidoscope.
Echi lontani di una California lisergica emergono dalle chitarre acide (“Fields of Stone”) e dalla voce graffiante, per restituire il sapore “sporco” di un desert rock alla Thin White Rope.
Ma tutte queste sonorità sono immerse e miscelate in un sound molto moderno, fatto di riverberi e distorsioni, dal quale risulta un disco dalle tonalità nostalgiche e malinconiche, che pone gli Stolen Apple in bilico tra il revival psichedelico di fine anni ’80 (fenomeno noto anche come Paisley Undergound) e i primissimi Primal Scream.
Gli episodi più riusciti sono infatti brani in cui si respira l’atmosfera più intima: è nel binomio “Mistery Town” / “Something in my days” che “Trenches” raggiunge il suo vertice, combinando le chitarre più eteree con le linee vocali più intense ed ispirate.

In più di un’occasione però queste coordinate sono spezzate da brani più aggressivi e quasi punk (“Sold out” ma soprattutto “Falling Grace”, il brano più immediato del disco scelto anche per il videoclip).
Per ammissione degli autori, «ogni brano ha sì una sua identità, ma altrettante sfaccettature.»
E se è vero che la liberta compositiva è presente in ciascuna canzone, forse è al tempo stesso proprio questo il limite intrinseco: definito «disco nomade» (Tuttorock) proprio in virtù delle sue molteplici influenze, “Trenches” finisce per mancare di un’identità tutta sua, di un suono o un’impronta propria che faccia da collante e rimanga come segno distintivo.

Viste però le ottime premesse, ci auspichiamo che questo tratto d’autore sia rimasto solamente sotteso e possa venire fuori in futuro, magari frutto di una maggiore maturità e consapevolezza compositiva del quartetto toscano. - EXITWELL di Giulio Valli


"Recensione - Review"

Stolen Apple e l’interessante album “Trenches”

Gli Stolen Apple sono una band fiorentina matura che sa come suonare, lontanissima dallo stile social di oggi. Un po’ alternative-rock e un po’ grunge nascono a Firenze nel 2008 dallo scioglimento dei Nest, attivi dai primi anni 2000 nel circuito indipendente. Il nome del gruppo prende spunto dalla storia tragica di Ernest Lossa, un bambino rom ucciso dai nazisti nel 1944. Ho deciso di scrivere in merito solo dopo aver ascoltato il loro album d’esordio Trenches. Il disco, prodotto in collaborazione con Rock Bottom Records e distributo da Audioglobe è uscito il 23 settembre. Si tratta di un lavoro potente che lascia ben sperare per il futuro. La prima traccia Red Line ha un ritmo trascinante e degli echi britpop. Con la seconda canzone Green Dawn non si può più scappare e si viene catapultati in un’altra epoca: un rock duro, psichedelico che riporta l’ascoltatore ai brani grunge tipici degli anni 90. Alcune tracce, come Fields of Stone e Something in my days, ricordano invece il primo David Bowie, anche per via della bella voce del frontman Luca Petrachi, a dimostrazione che non occorre necessariamente una voce roca o eccessivamente sporca per fare rock, arrivare al pubblico e comunicare emozioni. More skin si piazza nel tassello numero nove, oltre la metà dell’album, ed è forse la canzone che apprezzo di più: una ballata morbida con un ritornello orecchiabile e che offre dei riff di chitarra molto azzeccati, nel contesto di una musica più pop che rock. Daydream suona molto delicata nel contesto dell’intero CD: la musica ben si sposa con il tema trattato, anche se la costruzione del testo inglese e della melodia poteva essere pensata meglio.Chiudono l’album Sold out che rifacendosi, un po’ ai Beatles, è un tentativo apprezzabile di modernizzare quei suoni tipicamente anni 60, e In the Twilight, altra alternative ballad che, grazie alla non molto lunga coda strumentale, è la maniera più elegante per accompagnarci all’uscita. Trenches è composto da dodici tracce e musicalmente tocca vari generi, dal blues intimistico al country più leggero, fino ad arrivare ad un rock molto Made in U.S.A. È un disco che presenta tante facce e tante cose da dire, molte chiare, delineate e ben realizzate, e in cui davvero poco risulta non riuscito e ancora da sviluppare. Trattandosi di un concept-album e per di più d’esordio, le premesse, così come il giudizio, non possono che essere positivi. - FMD - Fare Musica e Dintorni di Giuseppe Santoro


"Recensione - Review"

Si fa presto a dire indie-rock direte voi, ammesso e non concesso che simili questioni, più per addetti ai lavori che si baloccano a disquisire sul "sesso degli angeli", vi interessino sul serio. Eppure l'attacco di "Red Line", la prima canzone di "Trenches", l'album degli Stolen Apple, non può che essere immediatamente ricondotto al cosmo dell'indie-rock. Voce vellutata, chitarra in evidenza, ritmiche semplici ed oneste e una certa attitudine rock che non guasta mai. Trenches però non è soltanto un disco indie-rock, per carità, dato che al suo interno ha molteplici sfaccettature: ad esempio, c'è il desert-rock, un po' psichedelico, di "Pavement", la quarta, bellissima, traccia.
Un lavoro che, nonostante non sia propriamente un album di debutto, visto che i fiorentini hanno alle spalle anni e anni di "palco", risplende ancora di una seducente ingenuità, proprio quella da eterni ragazzi che guardano sempre il sole tramontare e si portano ovunque la chitarra: che non arrivi all'improvviso lo spunto per un pezzo come "Daydream"? L'unico grande appunto da fare è, non tanto sui testi, quanto sulla pronuncia di essi: l'inglese degli Stolen Apple è ancora troppo a livello, per così dire, artigianale. Una maggiore attenzione in questo senso oltre ad un deciso cambio di marcia sulla direzione artistica (meglio il neogrunge della psichedelia ultracitazionista di certe canzoni) e ne potremo sentire delle belle da loro. - ROCKIT


"Recensione - Review"

“Trenches” è l'album di debutto di una band fiorentina formata da Riccardo Dugini (voce e chitarre), Luca Petrarchi(voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica), Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni), ma a dire il vero l'ascolto delle dodici tracce che compongono il lavoro denuncia chiaramente come i Nostri si siano fatti le ossa a lungo e abbiano assimilato la lezione dei maestri del rock, soprattutto a stelle e strisce. Ecco così sfornato un album che appare ben costruito, composto e suonato, senza quelle superficialità e improvvisazioni che spesso caratterizzano i debutti troppo precoci di molte band. Infatti se “Trenches” non è certo un album che ha dalla sua l'originalità, ma neanche la pretende, è però un disco dal sano e benvenuto tiro rock, decisamente piacevole da ascoltare, e scusate se questo vi sembra poco. Gli Stolen Apple dedicano l'album al tema delle trincee («Trenches: trincee...la mente dell'uomo è in trincea, o le trincee sono nella nostra mente?» scrivono sul comunicato stampa) viste anche come barriere che limitano e opprimono, e scelgono anche sul piano compositivo una strada eclettica, ricca di deviazioni che non li imprigioni all'interno di un unico stile, perché l'intento principale, peraltro riuscito, della band pare essere quello di creare belle canzoni intrise di anima rock. Ed ecco così scorrrere nei nostri orecchi la psichedelia ipnotica di Pavement, il rock'n'roll sfacciato e punk di Fallen Grace, la sporca Living on Saturday spruzzata di blues, la scura ballata desert Mystery Train, un po' Mark Lanegan; mentre Something in the Days è una ballata country venata di pop, More Skin intreccia pop e rock sulle tracce dichiarate dei Thin White Rope, Daydream è una ballata sognante alla Byrds e Sold Out un mantra ipnotico e orientaleggiante. Pochi dubbi, i ragazzi ci sanno fare e conoscono le regole per imbastire del buon rock'n'roll, moderno e non scontato. - Distorsioni di Ignazio Gulotta


"Recensione - Review"

Lo scorso 23 settembre è uscito “Trenches” – distribuito da Audioglobe – album che segna il debutto ufficiale come Stolen Apple. La band si è formata nel 2008 e il loro nome è stato ispirato dalla storia di Ernst Lossa, bambino jenish ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti. Prima di chiudersi in studio e registrare hanno suonato diverse volte dal vivo, soprattutto in Toscana. Questo loro aspetto live si percepisce fin dal primo ascolto di “Trenches“, un album con un sound e delle atmosfere tipiche da Musica dal vivo. Il disco si apre con “Red Line“, un brano che sembra uscito direttamente dagli anni ’70, con un suono psichedelico marcato dall’impiego del sitar indiano che si contrappone a una ritmica sempre più crescente fino all’esplosione finale che fa da marcatore sull’identità della band. “Green Dawn” è la canzone che segue e ascoltandola sembra di essere dispersi nella terra di mezzo tra rock e punk delle origini. Tutto diventa più cupo, più “dondolante” e in sospeso con “Fields of Stone“, un brano più acid rock, con il giusto suono per rendere al meglio il passaggio del tempo che scorre sul volto di Mary, la protagonista della canzone. MARY BLEW THE FIREPLACE, IN A MIRROR CHECKED HER BREAST, SHE FOUND WHITE HAIR ON THE SHEET, FELT DESIRE OF A MAN […] AND THE TIME ROLLS WITHOUT LOOKIN’ BACK. “Pavement” ci tiene incollati alla fine degli anni ’60/inizio dei ’70, con un suono che ricorda vagamente “Heroin” dei Velvet Underground; è anche il pezzo più lungo di tutto quanto “Trenches”, disco che segue con un’esplosione di suono in “Falling Grace“, avvicinando il suono più ai giorni nostri, con un ritmo incessante e sempre incalzante. Anche questa volta, il binomio melodia-liriche è perfettamente riuscito: la frenesia di tutti gli amici che se ne sono andati, la disperazione di un uomo che sembra disperso nella vita della sua piccola città, vengono perfettamente resi da un pezzo dove i bpm sono più spinti che nel resto del disco. Ma a innalzare la qualità di questo album sono le magnifiche “Mistery Town” e “Something in My Days” – a mio avviso i brani meglio riusciti di tutto quanto il disco. La prima è una ballad molto delicata, dove la chitarra ritmica e la slide guitar si fondono alla perfezione creando la sonorità centrale di tutto quanto il pezzo, portando l’ascoltare al centro di un viaggio all’interno di questa misteriosa città che potrebbe essere esistente così come racchiusa nelle trincee mentali che gli Stolen Apple vogliono cercare di mostrarci. “Something in The Night” è, invece, uno di quei pezzi rock dal riff perfettamente canticchiabile: una volta ascoltata ti rigirerà in testa tutto il giorno e la riascolterai di continuo. Molto bello il finale netto e secco. Altri richiami agli anni ’70 sono molto evidenti in “Sold Out”, con l’attacco di batteria che è un chiaro tributo a “Rock N Roll” dei Led Zeppelin, caratteristica che rimane fortemente presente in tutto quanto il brano. Nel complesso “Trenches” è un disco ben riuscito sotto tutti gli aspetti. Ascoltarlo non fa di certo pensare a una band italiana: il suono è molto ricercato, si sente come ci sia un forte gusto musicale e una forte passione per la Musica, ascoltata oltre che suonata. Questo è ciò che più mi è piaciuto degli Stolen Apple, band che io stesso non conoscevo e ho scoperto in questi giorni. - Ascolti e Racconti di Mauro Abbatescianna


"Interviste - Interview"

Igor Gazza:
L'artwork di un album è molto importante, forse il primo approccio per un futuro nuovo fan. Voi con il vostro cosa volete trasmettere?

Ci sono tonalità di colore e materie che ci assomigliano molto, c’è un campo innevato lungo una strada che forse può spaventare col suo filo spinato ma anche invitare a scavalcarlo per esplorare quello che c’è oltre. Un invito a non fermarsi di fronte a nessuna barriera è contenuto in tutte le immagini, dalla bellissima foto dei cani che saltano, scattata durante la prima guerra mondiale, al fiore che sboccia nelle fughe tra i mattoni, al riflesso dell’interno di un vagone treno sulla quarta di copertina. Ci abbiamo messo idee ed una parte di lavoro, tra l’altro svolto con metodi totalmente artigianali come l’uso dell’acetato trasparente per sovrapporre le scritte alle immagini, ma nella parte più importante di assemblaggio per la stampa è intervenuto il prezioso l’aiuto di Simone Vassallo, che ringraziamo ancora. La foto della cover invece è stata scattata nelle colline intorno a Firenze dal figlio di Riccardo Dugini (chitarra e voce).

Edoardo Napoli:
Cosa dovrebbe convincere il pubblico ad ascoltare proprio il vostro materiale in mezzo ad una concorrenza così vasta?

Parafrasando De Gregori, “da qualche parte c’è una stanza più calda, sicuramente esistono musicisti migliori”. Questo è sicuramente vero, esistono molte emozioni in quel luogo. E questo è ciò che ci viene detto da coloro che vengono a vedere i nostri concerti.

Sandro Accardi:
Vivete grazie alla vostra musica? Se non è così, che mestiere fate?

Purtroppo no, non ci abbiamo mai pensato seriamente e chissà se ci saremmo riusciti. Riccardo e Massimiliano lavorano in banca, professione estremamente impopolare da anni, forse da sempre; Alessandro, nato professionalmente come cuoco, è diventato impiegato alla ASL, ma sa fare bene entrambe le cose. Infine Luca, quello di noi che vive più a contatto quotidiano con la musica, contitolare di Rock Bottom Records, storico e fornitissimo negozio di dischi fiorentino, che ha anche co-prodotto l’album.

Barabba:
Che effetti usate quando suonate? Sono gli stessi che poi utilizzate per registrare?

Il basso è quasi completamente pulito, solo nelle frasi di alcuni brani viene usato un pedale di equalizzazione per enfatizzare il suono. Stesso trattamento per le voci, con appena un po’ di riverbero naturale. Sulle chitarre usiamo effetti normalissimi: distorsori, delay, wah-wah, overdrive...quelli che abbiamo usato anche per la registrazione del disco.

Curse Vag:
Se doveste associare uno stato d'animo al vostro lavoro per poterlo descrivere, quale sarebbe e perchè?

Il timore dell’inadeguatezza, e il desiderio di mettersi alla prova che ne deriva. Ma anche, una volta superate le eventuali perplessità, il senso di fierezza d'aver creato qualcosa di interessante per noi stessi e gli altri.

Nicole Clark:
Avete background musicali simili o differenti?

Diciamo che ci sono influenze comuni ma anche delle zone totalmente estranee l’una all’altra. Al nostro interno si spazia dal folk americano, con Neil Young a costituire una radice che appartiene un po’ a tutti noi, alla musica afro – jazz – funk, fino al primo punk contaminato da echi di noise, ed al blues più spinto.

Michele Puma:
Cosa ne pensate delle band che inseriscono pensieri politici nei loro testi? Pensate che l'idea politica ma anche religiosa possa influenzare la naturale evoluzione di una band che si affaccia nel mondo underground e successivamente nel mainstream?

Tutto può diventare argomento di per sé, dipende dal modo e dallo spirito con cui viene raccontato: non ci piacciono certo le cose inneggianti e trattate in maniera settaria ed esclusiva. Il credo di chiunque, sia questo politico o religioso, dovrebbe unire e non dividere, soprattutto trasmettendo il principio di essere tutti alla fine molto piccoli e proprio per questo di lavorare alla costruzione di qualcosa di migliore, ognuno per la sua possibilità.

StonedLord95:
Quanto è importante per voi la produzione? Pensate che sia un fattore da considerare affinchè anche la musica venga considerata, poichè è sempre più raro trovare gruppi con idee chiare?

La registrazione di un live sarebbe sempre l’ideale per fare un disco, solo così si riuscirebbe a catturare veramente tutta la spontaneità dell’esecuzione, imperfezioni comprese. Però è altrettanto vero che si perderebbero, senza missaggio e produzione, alcuni dettagli che la valorizzano; quindi è un compromesso da cui credo non si possa sfuggire. Certo è una fase di lavoro cruciale, alla quale bisognerebbe arrivare sempre con le idee ben chiare su quello che si cerca; e lo diciamo proprio per esperienza vissuta, anche con Trenches, che di fatto è un' autoproduzione totale.

Mickey E.Vil:
Come promuovete la vostra musica sul web? Avete idee da suggerire ad altre band?

La tecnologia in questo viene in aiuto, a condizione di saperla usare intelligentemente. Personalmente ci ha sempre affascinato l’idea di chi si promuove per conto proprio, senza snaturare il desiderio personale dell’artista. Che poi è quello di farsi conoscere con i mezzi e le modalità più consoni al progetto stesso. Per questo noi crediamo nell’auto promozione, soltanto così si è liberi di decidere a chi meglio rivolgere le proprie idee, per avere un riscontro oggettivo. Quindi se un consiglio possiamo dare, è di mantenere sempre le proprie caratteristiche soggettive.

Led Green:
Con chi vi piacerebbe andare in Tour?

PJ Harvey, per suonarci accanto e per provare a corteggiarla quando non suoniamo.

Valeria Campagnale:
A vostro parere, com'è cambiato il mondo musicale nell'era di internet? Non pensate che si sia perso l'approccio dell'ascoltatore verso la musica stessa?

E’ radicalmente cambiato, anche se la finalità è sempre l’ascolto, che soddisfi o meno. Ricordiamo che da adolescenti era la ricerca che ci appassionava maggiormente: quando riuscivi a trovare una musica od un'artista cercato per tanto tempo, toccare con mano il disco desiderato dava sensazioni indescrivibili..... Adesso invece puoi avere tutto in modo semplice, digitando sulla tastiera solo qualche parola. E’ la strada che porta al desiderio la parte più costruttiva, è da qui che nasce la curiosità, la gioia, e di conseguenza l’esperienza che ne deriva.

Deliverance:
Come vi siete conosciuti?

Massimiliano e Riccardo sono stati compagni di scuole superiori, dove già dedicavano più tempo a progettare bands che allo studio: la prima formazione che ha alloggiato nella cantina di casa di Riccardo, dove tuttora proviamo, li vedeva già negli attuali ruoli. Col passare del tempo, vari elementi si sono alternati, e qualcuno di fatto è sempre rimasto o alla fine è ritornato. L’attuale organico è in pratica una derivazione dai disciolti Nest, autori di due album pregevoli e molto ben recensiti rispettivamente per la Urtovox (“Drifting”, 2005) e per la Zahr Records (“Isn’t it?”, 2007), nei quali già militavano come chitarristi e cantanti Luca e Riccardo; all’epoca Massimiliano non era più un membro fisso della formazione ma collaborava come elemento aggiunto in alcune situazioni live. Alessandro è quello col passato musicale più ricco, in quanto con i Subterraneans, gli Stropharia Merdaria, i Valvola (come strumentista) e con la Shado Records (come promoter/distributore), ha avuto ottime affermazioni. - Insane Voices a cura di Fabio Sansalone


"La musica oltre le trincee del pregiudizio"

Raccontare la musica con le parole può risultare un esercizio difficile. Perché l’arte racchiusa nelle note di un pentagramma non si vede, si ascolta. E si ascoltano i testi di quel cantautorato italiano che, senza partecipare ai talent show, porta avanti progetti musicali concreti. Spesso autofinanziati e indipendenti dalle logiche commerciali. La chiamano musica indie e di musicisti, compositori e cantautori che credono in un sogno, che è quello di vivere della propria arte, in Italia ce ne sono tanti. Distinguersi per originalità dalla varietà che offre il mercato discografico, poi, è un compito arduo. Però c’è chi, come gli Stolen Apple da Firenze, propone un lavoro d’esordio, ma ricco di esperienza, dal titolo “Trenches” (trincee) in collaborazione con la label Rock Bottom Records e la distribuzione di Audioglobe. Per riempire i buchi vuoti creati dal pregiudizio con un sound alternative-rock dai colori intimi e dalle sfumature grunge nei ritmi. L’album “Trenches” è poliedrico nella sua complessità espressiva. Dodici brani dipinti con nuance indie che esprimono personalità e sono lontani dalle tendenze della musica contemporanea. In un mash-up di stili, che rende “Trenches” un caleidoscopio di sensazioni, gli Stolen Apple (Riccardo Dugini, Luca Petrarchi, Massimiliano Zatini e Alessandro Pagani) non dimenticano i suoni del passato spaziando dal rock made in the Usa degli anni ’90, al country, fino ai suoni psycho-punk, pop-noise e paisley underground. Basta ascoltare il singolo “Falling Grace”. Con quelle ballate graffianti e acide attraverso cui la band racconta storie in un diario di souvenir e avventure tradotte in musica. Deciso ed evocativo, “Trenches” è un lavoro corale spontaneo e senza un’esplicita volontà progettuale in cui si lascia libero sfogo alla capacità compositiva e alle idee. E’ come se, con una piena autonomia creativa, ogni singolo pezzo dei musicisti facesse parte di un unicum narrativo. Come i capitoli di un libro che, scritti di pugno con l’entusiasmo dell’istinto, formano l’album nella sua totalità. Il groove degli Stolen Apple ci accompagna in un mix melodico indie-rock inedito che lascia il segno e il gruppo fiorentino autografa collettivamente i pezzi che restano nella memoria di chi li ascolta. La musica diventa così il veicolo di un viaggio reale e allo stesso tempo immaginario, un mezzo di trasporto sicuro in cui trincerarsi per lasciare in eredità un pensiero intriso di significati, dove prevalgono coraggio e passione. Un progetto discografico d’autore che, seppur di nicchia, guarda alle fragilità della vita musicandole. Per uscire vincenti dalle trincee mentali che, causa insicurezza, sono il nostro solito rifugio. - IL GIORNALE OFF a cura di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci


"Recensione - Review"

Stolen Apple, una band Alternative/Indie Rock di Firenze, che non ha bisogno di presentazioni vista la sua esperienza passata sul palcoscenico. Uniti dalla passione della musica ci raccontano un pezzo della loro storia

-Raccontateci un po’ la vostra storia e com’è nato il progetto della band.

LA STORIA UFFICIALE, CHE RACCONTIAMO OGNI VOLTA, PARTIREBBE DAL 2008 CON LO SCIOGLIMENTO DEI “NEST”, DEI QUALI FACEVANO GIA’ PARTE RICCARDO DUGINI E LUCA PETRARCHI ALLE VOCI E CHITARRE, DOPO DUE ALBUM PUBBLICATI RISPETTIVAMENTE PER LA URTOVOX (“DRIFTING” – 2005) E PER LA ZAHR RECORDS (“ISN’T IT?” – 2007). L’IMPULSO PER LA RIPARTENZA E’ STATO QUELLO DI VARIARE DIREZIONE E NOME CON QUALCHE INNESTO, ED HA PORTATO ALLA COMPOSIZIONE DI NUOVI BRANI CHE AVREBBERO DOVUTO CONFLUIRE, NEL 2011, IN UN VINILE INTITOLATO “WHEN WE RISE”, MAI REALIZZATO PER VARIE PROBLEMATICHE E ATTUALMENTE ASCOLTABILI SU SOUNDCLOUD E BANDCAMP. IL RITORNO ALLA BATTERIA DI ALESSANDRO PAGANI, GIA’ MEMBRO DI DIVERSE IMPORTANTI FORMAZIONI FIORENTINE COME VALVOLA E SUBTERRANEANS, HANNO PORTATO ALL’ATTUALE LINE UP E AD UN SUONO ANCOR PIU’ RUVIDO E MUSCOLARE, FORMA IN CUI SI POSSONO ASCOLTARE I NUOVI BRANI CHE COMPONGONO “TRENCHES”. IN REALTA’, NON CI SEMBREREBBE DI RACCONTARE IN MODO COMPIUTO SENZA PARLARE DELLO SPAZIO CONDIVISO DOVE PROVIAMO, ANCHE PERCHE’ NESSUN GRUPPO ESISTEREBBE SENZA UN LUOGO DOVE RINCHIUDERSI E CREARE, E NON SE NE PARLA MAI ABBASTANZA. LA NOSTRA FORTUNA E’ CHE RICCARDO, UNO DEI FONDATORI, HA UNA CANTINA SOTTO CASA, ALLA PERIFERIA SUD DI FIRENZE, CHE , PIU’ O MENO DAL 1986, HA OSPITATO TUTTE LE ANTENATE DELL’ATTUALE FORMAZIONE, A PARTIRE DAGLI “STOUT” NEI QUALI GIA’ MILITAVA L’ATTUALE BASSISTA, MASSIMILIANO ZATINI (ALL’EPOCA ANCORA CON I CAPELLI): UN PICCOLO QUARTIER GENERALE PERENNEMENTE DA RIORDINARE, INSONORIZZATO ARTIGIANALMENTE TANTO TEMPO FA E CON UN IMPIANTO VOCE SICURAMENTE DA RIMODERNARE, MA DAL QUALE NON CREDO POTREMMO PIU’ PRESCINDERE PER IL NOSTRO SUONO.

-Com’è nato il nome del gruppo? Ha un significato particolare?

INIZIALMENTE CI ERAVAMO RIBATTEZZATI “BUZZ ON”, CHE SIGNIFICA GERGALMENTE RONZIO DI FONDO MA ANCHE STATO DI ALLUCINAZIONE (A NOI PIACEVA ANCHE PENSARE AD UN IN REALTA’ INESISTENTE CONTRARIO DI “BUZZ OFF” OVVERO SIA “LEVATI DAI C….”). POI DOPO LA TRASMISSIONE IN TV DELLO SPETTACOLO DI MARCO PAOLINI “AUSMERZEN” SUL PROGRAMMA ATTUATO DAI NAZISTI PER L’ELIMINAZIONE DEGLI INDIVIDUI NON AUTOSUFFICIENTI, SIAMO RIMASTI AFFASCINATI DALLA STORIA DI ERNST LOSSA, BAMBINO DI ETNIA JENISH CHE FINI’ IN QUESTO PROGRAMMA IN QUANTO, COME SI DIREBBE OGGI, TENDENTE ALL’IPERCINESI. SACROSANTEMENTE RIBELLE COME TUTTI QUELLI DELLA SUA ETA’, RUBAVA APPUNTO LE MELE DALLA CUCINA E LE REGALAVA AGLI ALTRI INTERNATI, CONTRIBUENDO A RISOLLEVARNE IL MORALE E TRASMETTENDO LA SUA VOGLIA DI NON ARRENDERSI. TUTTO QUESTO GLI COSTO’ PURTROPPO LA VITA.

-Ci sono stati artisti che vi hanno influenzato particolarmente o a cui vi siete ispirati?

GLI ASCOLTI CHE CI HANNO FORMATO SONO MOLTEPLICI; SE SI PARLA DI SUONO DI RIFERIMENTO, OGNUNO DI NOI HA UN RICORDO PIU’ SPECIFICO. ABBIAMO SCELTO (CON ENORME FATICA FRA TUTTO IL RESTO) “ROCK’N’ROLL ANIMAL” DI LOU REED, “HARD RAIN” DI BOB DYLAN, “WHO’S NEXT” DEGLI WHO, “WHITE LIGHT, WHITE HEAT” DI VELVET UNDERGROUND, “SIAMESE DREAM” DEGLI SMASHING PUMPKINS, “RADIOACTIVITY” DEI KRAFTWERK, “BLONDE ON BLONDE” DI BOB DYLAN”, “DAYDREAM NATION” DI SONIC YOUTH, “YOUR FUNERAL MY TRIAL” DI NICK CAVE, “EASTER EVERYWHERE” DI 13TH FLOOR ELEVATORS, “LONDON CALLING” DEI CLASH, “ROCKET TO RUSSIA” DEI RAMONES.

-Qual è la maggiore fonte di ispirazione per i vostri testi?

NON ESISTE UNA FONTE ‘UFFICIALE’, ORAZIO DIXIT CARPE DIEM. L’INVENTIVA E’ BELLA PER QUESTO, A VOLTE DAL NIENTE SI CREA TUTTO, PUO’ BASTARE UNA PAROLA, UN SUONO, OD UNA VISIONE ASSOCIATA ALLO STATO EMOTIVO DEL MOMENTO. L’ESPERIENZA CHE OGNUNO DI NOI PORTA CON SE’, E’ LA SORGENTE DI TUTTE LE NOSTRE IDEE. MA PRIMA DI DIVENTARE FIUME, DEVE FARSI ALVEO IN MODO INTELLIGENTE, ALTRIMENTI DEBORDA.

-Come vi rapportate con il pubblico durante i live?

NON SIAMO MOLTO DISINVOLTI, NONOSTANTE L’ORMAI ANTICA FREQUENTAZIONE DEI PALCHI. MA RIFLETTE IL NOSTRO CARATTERE, E SE PROVASSIMO A FARE GLI INTRATTENITORI NON CI RIUSCIREBBE, NON LO ERAVAMO NEMMENO DA RAGAZZI. SE NON ALTRO I PRESENTI SEMBRANO SEMPRE APPREZZARLO, ED IN FONDO QUEL CHE CONTA E’ LA SPONTANEITA’

-Raccontateci l’esperienza più negativa che vi è successa durante un concerto. Quella più positiva?

DI SOLITO LE ESPERIENZE NEGATIVE SONO LEGATE ALL’ASCOLTO NON PERFETTO: SUONARE E NON SENTIRSI E’ MOLTO STANCANTE, NON TI DIVERTI AFFATTO, E PURTROPPO CAPITA FREQUENTEMENTE. DA GIOVANE SUBIVAMO MOLTO IL PESO DEL PUBBLICO POCO NUMEROSO O PALESEMENTE DISINTERESSATO, RICORDIAMO DI AVER SUONATO SUBITO PRIMA O SUBITO DOPO GRUPPI MOLTO VALIDI TECNICAMENTE E CHE MAGARI FACEVANO UN GENERE PIU’ APPREZZATO E DI AVER VOLUTO SPARIRE. POI CON L’ESPERIENZA IMPARI A FARE LA TUA PARTE SENZA CURARTENE. PER QUANTO RIGUARDA IL RICORDO PIU’ BELLO, CI HA FATTO PIACERE, DOPO AVER APERTO UNA SERATA A DAN STUART DEI GREEN ON RED, CHE LO STESSO CI ABBIA APOSTROFATO – FACENDOCI I COMPLIMENTI – CON: “I HAVE TO LEARN TO PLAY NOT AFTER A ROCK SHOW – DEVO IMPARARE A NON SUONARE DOPO UNO SPETTACOLO ROCK (trad.)…..

-Avete un episodio particolarmente divertente che vi fa tutt’ora ridere?

ABBIAMO REGISTRATO IL DISCO NEL MESE DI LUGLIO IN UN CASOLARE DI CAMPAGNA ALLE PORTE DI FIRENZE CON UN CALDO SOFFOCANTE, E CI SIAMO ACCORTI, IN FASE DI MIXAGGIO, CHE IN SOTTOFONDO ALLA REGISTRAZIONE DELLA VOCE DI “FIELDS OF STONE” C’ERANO I CORI DELLE CICALE FUORI DALLE FINESTRE….INCREDIBILMENTE SEMBRAVANO PERFETTE PER IL BRANO, COSI’ LE ABBIAMO LASCIATE.

-Se riusciste a vedere attraverso gli occhi di un fan un vostro concerto, cosa pensereste di voi stessi?

RISPOSTA DIFFICILISSIMA, MA CREDIAMO DI POTER IMMAGINARE UNO SGUARDO NON SOLO INDULGENTE MA ANCHE DIVERTITO. TECNICAMENTE C’E’ SICURAMENTE MOLTO DI MEGLIO IN GIRO, ANCHE SENZA CONSIDERARE IL MAINSTREAM. MA CITANDO UNA RECENSIONE RECENTE DEL NOSTRO LAVORO SU ONDA ROCK, “IL NOSTRO SLOT IN UNA SERATA LA POSSIAMO STRAPPARE SENZA MOLTI PROBLEMI”

-Quali sono i vostri progetti futuri e/o il vostro sogno nel cassetto?

EVOLVERSI, NELLA VITA ED IN OGNI PERCORSO DETTATO DALLA CREATIVITA’. SE POI QUESTO ACCADE CON STOLEN APPLE, MEGLIO ANCORA. - ROCK'S TEMPLE


"Intervista - Interview"

"Trenches", è l'album d'esordio della nuova alternative rock band Stolen Apple. Il disco - che sta avendo ottimi riscontri da parte dei media - è stato prodotto in collaborazione con Rock Bottom Records (distribuito da Audioglobe). Stone Apple sono: : Riccardo Dugini (voce e chitarre), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica), Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni). Ecco l’intervista gentilmente rilasciata…

In quale occasione si è formata la vostra band?

Il progetto Stolen Apple è iniziato nel 2008 dopo lo scioglimento dei Nest, band dove militavano Riccardo Dugini - chitarra e voce - e Luca Petrarchi - chitarra e voce, a cui si sono aggiunti Massimiliano Zatini al basso e Alessandro Pagani alla batteria.

Quanto è importante l’impatto live per un gruppo come il vostro?

Molto, ma non troppo. Perchè cerchiamo sempre di non snaturare le nostre personalità a vantaggio delle apparizioni dal vivo: ci piace rimanere sempre noi stessi, con le imperfezioni e le nostre peculiarità. Trasmettere emozioni è la parte più interessante e costruttiva di un concerto. Se riusciamo sempre in questo - e fino ad ora non è successo il contrario - l'effetto dei nostri live sarà sempre incisivo ed appagante, sia per chi viene a vederci, che per noi.

Quanto conta per voi la musica come mezzo di espressione?

Anche qui molto, ma anche qui non troppo. Pur essendo un veicolo fortemente sociale non avendo criteri di divisione, confini da definire, colori da discriminare, o culture che vi si scontrano dentro, siamo consapevoli che la musica non può bastare per raccontare - o meglio giustificare - una vita, una dedizione, o un'attitudine comune, se non in casi rari ed eccezionali. Nel nostro caso, attraverso la musica, vogliamo parlare a noi stessi, prima di arrivare agli altri. Elaborando a fondo idee e sentimenti personali che non potranno certo cambiare il mondo, ma ci aiuteranno a vedere in modo migliore la nostra strada.

Da che cosa traete ispirazione per i vostri pezzi?

I brani parlano di esperienze vissute, di intuizioni fugaci, di ricordi ancora vivi, di poesia e maledizione, di felicità è futuro, di pazzia e libertà. Spaziando in così vari temi, le suggestioni possono nascere da qualsiasi cosa: appunto un ricordo, un colore, un profumo o una semplice parola.

Pensate sia in atto un’importante rivoluzione nel mondo della musica?

Forse c'è già stata: l'avvento della tecnologia su tutti i campi, ha modificato quasi totalmente il rapporto tra coloro che creano musica, ed i rispettivi fruitori. E' cambiato il modo di ascoltare musica come di assistere ad un concerto, ma è diversa anche la maniera di creare musica. Adesso puoi raggiungere la perfezione in brevissimo tempo, senza che nessuno si accorga della mancanza di 'canoni tecnici' od accademici. Noi crediamo invece che la musica debba sempre nascere dal cuore, quindi contenere imperfezioni e sfumature personali difficilmente ripetibili, caratteristiche esclusive che fanno d' ogni opera d'arte un pezzo unico.

Cosa pensate sia da salvare della musica del passato?

Collegando la risposta alla precedente, prima di tutto l'ammirazione per coloro che hanno inventato (di fatto) musica partendo dal presupposto di non modificare mai i propri aspetti, a vantaggio della mercificazione del prodotto artistico. Se invece la tua domanda si riferisce a nomi o generi specifici, allora ci vorrebbe un libro intero. In ogni caso, secondo noi il punk ha dato una bella svolta alla storia della musica dell'ultimo mezzo secolo.

C’è voluto parecchio tempo per realizzare il vostro album d’esordio “Trenches”?

Il missaggio del disco è stato più complesso della registrazione, che invece è stata fatta in un giorno solo suonando in diretta con pochissime sovraincisioni, questo per essere più fedeli al nostro suono dal vivo. Abbiamo successivamente provato un mix in maniera mono, un esperimento che ha reso il suono del disco più originale, meno pleonastico, un po’ più vintage, che forse lo ha reso non proprio corrispondente ai canoni della moda, ma che parla di noi in maniera intensa.

C’è qualche brano cui siete più affezionati?

Ognuno ha i suoi di riferimento. In ogni caso - forse inutile dirlo - tutto si muove in relazione al momento ed al luogo in cui i brani vengono suonati. Da qui ogni volta riparte sempre un flashback che riconduce alla stesura del brano e a tutto ciò che ad esso è collegato.

In genere, come nasce per voi, un nuovo brano?

In maniera assolutamente spontanea, componendo in sala prove (la cantina di Riccardo, luogo ormai di culto che ha visto nel tempo susseguirsi persone, gruppi, e generi). L'estemporaneità della creazione rende ogni brano esclusivo ma allo stesso tempo free, in tal modo riusciamo ad imprigionare temporaneamente un'idea, per poi liberarla nel momento in cui diventa canzone.

Amate la lettura? Eventualmente avete qualche scrittore da consigliare?

Una marea di artisti che vanno da un estremo all'altro....dall'ingannevole semplicità di Munro all'avantpop di Foster Wallace, dall'irriverenza di Luttazzi alla forza realista di Malaparte, dall'humour nordico di Paasilinna all'ironia assurda di Flann O' Brien, dalla ricchezza epica di Melville alla prosa modernista di Conrad, dal fascino esotico di Herman Hesse a quasi tutti i fumetti italiani, dalla sperimentazione della beat generation alla follia di Kafka....ecc....ecc....ecc....

Poesia e musica. Ci sono dei punti in comune?

Moltissimi. L'esempio più vicino a noi è il brano "Daydream", poesia di Daniela Pagani scritta in italiano, che il nostro batterista Alessandro ha voluto tradurre in inglese. Il sogno che Daniela nella sua poesia del 1986 traduce in versi, nel nostro disco prende forma di musica. La poesia è già musica e viceversa, entrambi posseggono capacità di comunicare in modo semplice quanto affascinante, evocando emozioni che accarezzano continuamente le attività umane.

Quanto conta l’intuito in fase di creazione di un album?

La risposta dovrebbe essere privata, perchè ognuno di noi porta dentro di sè la propria inventiva non definibile in parole. E' mettere a disposizione degli altri la propria fantasia insieme all'intelletto - talvolta anche scendendo a piccoli compromessi comuni - che porta a risultati collettivi. Essere perspicaci aiuta ad arrivare al traguardo prima, ed in maniera meno dolorosa possibile.

Il rock può ancora dirsi un mezzo per esprimere la ribellione verso quello che nella società non va?

Diremmo di no. Sebbene nel tempo sia stato un combustibile eccezionale per far sì che intere generazioni esprimessero i loro ideali, non vediamo nel panorama attuale nuovi interessi legati a sensi di opposizione attraverso la musica rock - ed in generale tramite ogni tipo di musica - da parte delle nuove generazioni. Naturalmente è sempre difficile generalizzare, ma per esperienze ricorrenti giornaliere, notiamo ormai da tempo come si sia sempre più interessati all'ultima marca di iphone, automobile o capo di vestiario, rispetto ad un nuovo gruppo o genere musicale, commerciale o alternativo che sia. La musica compie ogni giorno nel mondo il suo lavoro più ottimale, cioè quello di intrattenere. Le rivoluzioni legate ad'essa, ormai fanno parte del passato.

Avete qualche progetto in fase di lavorazione che vedrà luce nel 2017?

Innanzitutto proseguire nella nostra dimensione dal vivo, che ci vedrà anche trasformati in versione semi-acustica. Inoltre alcune apparizioni live in alcune radio, e la genesi di nuovi brani. La fase creativa di un progetto artistico non deve finire mai, e se anche il risultato fosse insoddisfacente, sono proprio gli errori che aiutano a migliorare. - FREE ART NEWS a cura di Andrea Turetta


"Recensione - Review"

Per tutti i sotterrati di più larghe vedute non sarà troppo difficile apprezzare l'album di esordio degli Stolen Apple. Sono in realtà sulla scena da diversi anni, vengono da Firenze e sono nati dalle ceneri dei Nest, all'attivo due dischi. Da notare la presenza di Alessandro Pagani alla batteria, ex Subterraneans e protagonista del giro Valvola/Shado Records, due delle più belle realtà dell'underground italico anni '90 che purtroppo abbiamo definitivamente perso. Pur mantenendo sempre uno stile personale, la band ci regala soprattutto echi dei Joy Division e dei Sonic Youth meno noisy, miscelati insieme ad atmosfere desertiche come da copione parecchio aperte e rilassate. Non manca il pop rock nella sua accezione più scarna e alternativa a completare un quadro ad elevata biodiversità. Parliamo quindi di un gruppo tutt'altro che in trincea da questo punto di vista, del resto sono loro stessi a spiegare quanto vogliono stigmatizzare quelle barriere dove troviamo comodo nasconderci per paura di cambiare la nostra vita. Quando arriva qualche scarica di adrenalina (Sold Out, Falling Grace o una composizione eccellente cone Red Line) il disco sale ulteriormente di tono. - Sottoterra # 7 di Marco Melegari


"Recensione - Review"

È uscito il 23 settembre 2016 Trenches, album di debutto degli Stolen Apple. È un disco dal titolo forte ed evocativo, composto da dodici brani dalle sonorità eterogenee che danno vita a sensazioni diverse, facendo provare all'ascoltatore i differenti stadi dell’abbandono. Gli Stolen Apple sono una band di Firenze composta da Riccardo Dugini (voce e chitarre), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica) e Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni). Il gruppo, che è al suo esordio discografico, ha però alle spalle due anni di palco. I dodici brani sono il frutto di un lavoro di squadra, realizzato senza una progettualità definita. Il principale scopo del disco è celebrare la libera circolazione di idee e lo spirito indipendente della band. Ogni brano ha una sua personalità data da numerose sfaccettature e suggestioni sonore. L'album si apre con “Red Line”, una ballata psicotica ispirata alla musica indiana, con sitar e tamburi; prosegue con brani incalzanti come “Green Dawn”, pezzo in cui la chitarra scandisce un ritmo decisamente rock, e “Field of Stone”, canzone in cui una melodia semplice e regolare fa dà una base perfetta ad una voce intensa e graffiante. Le sonorità cambiano decisamente con “Pavement”, brano ritmico ed orecchiabile, in perfetto stile pop-rock americano.“Falling Grace” è una canzone indie-rock dove influenze degli anni 90 si fondono con suoni tribali, dando origine ad una intensa e possente cascata sonora. Nel video le immagini danno forza alla musica portando lo spettatore in un turbine di luci e colori. La clip inizia con una ripresa fatta da un treno che viaggia a forte velocità. Successivamente vengono proiettate immagini che, grazie ad un particolare lavoro di post-produzione digitale, vengono riprodotte più volte, come in una casa degli specchi, evocando atmosfere psichedeliche che ricordano l'arte di Andy Warhol. “Living on Saturday” è un brano molto energico dove le sonorità pop si accostano a richiami blues. “Mistery Town”, ballata rock desertica, segna un cambio di marcia: i suoni diventano più fluidi, evocando immagini di viaggi e avventure in terre lontane. “Something In My Days” è un pezzo intimista con un ritornello divertente e molto ritmato. “More Skin” sintetizza il perfetto equilibrio tra rock e pop in una canzone dalle sonorità decisamente piacevoli. “Daydream” è un brano onirico il cui testo è stato ricavato da una canzone di Daniela Pagani, poetessa e cantante che nel 1970 partecipò allo Zecchino D'Oro. L'uso dell'armonica dà a questo pezzo una musicalità delicata ed evocativa. “Sold Out” è un brando decisamente punk con un ritmo frenetico che non dà un attimo di respiro. L'album si chiude con “In The Twilight” ballata rock in ¾, canzone estremamente raffinata nella sua leggerezza e ariosità. Nel complesso si tratta di un lavoro che stupisce per la sua freschezza ed ingenuità, qualità che caratterizzano quegli eterni ragazzi che suonano in un garage e sognano di girare il mondo zaino in spalla. Le canzoni appaiono come le pagine di un diario segreto: che riporta in vita il ricordo di avventure e di storie condivise. La band torna con lo sguardo alle speranze dell’adolescenza, deluse nel confronto con la realtà. La musica riavvicina quei sogni che si sono perduti in seguito al vanificarsi degli ideali di amore, pace e libertà. Superando i preconcetti e le mode del momento, Dugini, Petrarchi, Zatini e Pagani hanno deciso di creare il loro suono 'live', mixando sonorità completamente nuove con l'immenso patrimonio musicale lasciato dai grandi artisti della storia. I brani nascono dalla fusione di rock alternativo di varie correnti (soprattutto americano anni '90), country desertico, psycho-punk, shoegaze, paisley underground, pop-noise, ballate acide e sonorità alt-country. Le voci sono vellutate, le chitarre spesso in evidenza e le ritmiche, semplici ed oneste, mantengono quell’attitudine rock comunque piacevole. Il risultato è un disco coinvolgente che risulta credibile, anche su un terreno difficile come è quello di chi fa musica oggi. L'unica cosa da migliorare è la pronuncia inglese degli artisti, a tratti ancora acerba. - UNFOLDING ROMA by Adriana Fenzi


"Recensione - Review"

Esordio sulla lunga distanza per i fiorentini Stolen Apple che con Trenches mettono sul piatto una consistente portata sonora dalle più svariate sfumature. Un disco acerbo, figlio d’instancabili tour in tutto lo stivale, ma che rivela una capacità di dialogare con stilemi differenti, mood distopici e suoni che cambiano, si trasformano, deflagrano ed infine si consumano. Trincee, dunque, come a voler sottolineare quella ricerca spasmodica di risposte concrete oltre la cortina di fumo creata dal nostro presente. Un tema divenuto portante nella produzione nostrana e che taglia di netto l’universo indie (quello dei nuovi e forse troppi menestrelli) ma che sfocia anche in ottime prove – poco note ma degne di nota – come quella dei laziali Sky of Birds, giusto per fare un esempio. Gli Stolen Apple attraversano questo fluire e provano a metterci animo e qualità. Le canzoni in trincea non fanno prigionieri e spaziano – con un approccio puramente chitarristico – dai capisaldi di genere (Television / Sonic Youth), fino a quella forma ibrida di alt-rock, potente e scenica, messa a punto da Brian Molko (Placebo), passando su sentieri che sono più di semplici citazioni: il folk di Daydream viene da puntine consumate su dischi di Neil Young e Grant-Lee Buffalo, così come le atmosfere liquide di Mistery Town ricordano l’Howe Gelb più introspettivo. C’è materia pulsante nei dodici brani di Trenches. Una produzione generosa, propria di chi ha voglia di restituire in musica tutto ciò che si trascina addosso, non permette d’inquadrare nitidamente la direzione intrapresa dai fiorentini. Spunti interessanti ma che dovranno fare i conti con una visione personale da acquisire e sviscerare. Disco a tratti episodico ma consigliato. - POLIS SA MAGAZINE di CARMINE VITALE


"Recensione - Review"

Tra psichedelica, rock, indie, pop il tutto dal sapore anni 70/80, gli Stolen Apple, debuttano con Trenches.

Si parte con la ritmata Red Line, si passa per In Green Dawn, che risente dalla darkwave anni 80. Interessante ed evocativa Fields of Stone, decisamente dura. Pavement è una bella ballad che colpisce nel segno. La traccia seguente: Falling Grace si contrappone a Pavement, per il ritmo martellante. Living on Saturday è un pezzo rock dal sapore molto americano, così come Mystery Town sembra proprio una ballad di “confine”.
Something in my days è un pezzo pop dove la chitarra è la vera protagonista. More skin è un pezzo a metà tra il rock ed il pop, che si lascia ascoltare piacevolmente. Daydream, è veramente una bella ballad, mentre Sold Out personalmente non mi ha convinto. Chiude il cd In the Twilight, dal sapore folk/rock.

Il giudizio globale sull’opera, è quello di trovarsi di fronte un cd riuscito, unico appunto la pronuncia dell’inglese, che può essere migliorata.

Voto: 8++ - MONDO RARO di Yoshito Higashi


"Intervista - Interview"

Grande successo per l'album uscito lo scorso settembre. Pagani racconta segreti e curiosità del gruppo fiorentino nato del 2008
Passione, coraggio, curiosità, attitudine ed inventiva. Queste sono le caratteristiche che descrivono in breve il nuovo album Trenches della giovane emergente band fiorentina “Stolen Apple”, nata nel 2008. La freschezza di un rock stilisticamente alternativo, somigliante in certi tratti alla scuola americana anni 90, country desertico, psycho-punk, shoegaze, paisley, underground, pop-noise, ballate acide e sonorità alt-country. Un mix sonoro che emana una frizzante ed energica adrenalina all’ascoltatore. I media apprezzano la bellezza, l’originalità e la spontaneità del quartetto composto da Alessandro Pagani, Riccardo Dugini, Luca Petrarchi e Massimiliano Zatini.

Dopo questo grande successo riscontrato nell’ultimo album, cosa avete in mente per il futuro? Qualche anticipazione?

Un videoclip girato a favore della Fondazione Alice Onlus di Simone Ciulli, organizzazione no-profit con sede a Campolombardo in provincia di Arezzo, che offre accoglienza alle famiglie di persone disabili. Ci stiamo poi concentrando sull’attività live che ci vedrà impegnati on stage sia a Firenze che in altre città. Inoltre per promuovere il disco siamo stati invitati in alcune radio dove eseguiremo dei mini live acustici. Abbiamo già sperimentato la dimensione acustica del nostro suono con successo, per questo abbiamo perfezionato alcuni brani in ordine al diverso tipo di esecuzione, rendendoci conto di come alcuni passaggi, che in un concerto ‘elettrico’ si possono un pò perdere, nell’aspetto acustico acquistano nuove ed inaspettate profondità.

Quanto è difficile oggi emergere nel mondo della musica? Un consiglio per chi vuole iniziare a lavorare o a creare come voi una band di successo....

Il suggerimento che possiamo dare è quello di insistere, anche quando la risposta potrebbe essere negativa. Per una band come la nostra, dove la parola autoproduzione la fa da padrona, è fondamentale non perdere mai di vista lo scopo principale, cioè quello di farsi conoscere il più possibile, usando mezzi e strumenti che una volta non esistevano, e che oggi sono alla portata di tutti.

A che miti della musica vi ispirate? E tu Alessandro hai un cantante preferito o più di uno?

Tutto ciò che ha fatto parte della nostra adolescenza ha contribuito ad arricchire il personale bagaglio culturale/artistico, non esclusivamente legato al mondo della musica. L’ispirazione può venire da miriadi fonti trasversali, comunque legate alla propria attitudine. In verità non esiste un mito od un’artista in generale, in quanto ve ne sono migliaia. Per quanto mi riguarda, dopo un inizio più vicino a suoni elettronici, punk, grunge, e poi cinematici (Kraftwerk, Pankow, Smashing Pumpkins, Morricone, l’italo dance e tutti i compositori d’orchestra italiani degli anni ’70), ho trovato spunti interessanti nella no-disco, e nel blues più spinto contaminato da echi afro/jazz.

Usciamo per un attimo dal contesto musicale. Abbiamo notato che il nome della band è stato ispirato dalla storia di Ernst Lossa, bambino jenish ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti. Anche se la situazione è completamente diversa oggi, cosa pensi dello sterminio infinito che sta avvenendo nell’altra parte del mondo, in Siria e ad Aleppo? Questa guerra, simile solo per numeri al nazismo, avrà mai fine secondo te?

Domanda troppo complicata alla quale è veramente difficile dare un giudizio…..crediamo che gli interessi delle grandi potenze mondiali e delle relative multinazionali (che riteniamo una delle più grandi aberrazioni del nostro tempo), siano legate tra di loro attraverso interessi comuni che travalicano la morale ed i princìpi basilari del genere umano. Finchè l’uomo continuerà ad anteporre questi interessi al valore della vita, non ci sarà fine a questi orrori. La svolta dipenderà dalle nuove generazioni: se riusciremo ad elevare a fattore primario di esistenza le nostre qualità (fratellanza, solidarietà, amore, e bellezza nel suo termine più ampio), ci potrà essere sempre uno spiraglio alla fine del tunnel.

Chiudiamo con il nome del vostro ultimo album Trenches. Avete scritto una profonda riflessione, oseremo dire una domanda in stile Gigi Marzullo, grande esperto di articolate espressioni. “Trincee . . . . . la mente dell’uomo è in trincea, o le trincee sono nelle nostre menti? Hai una risposta o un pensiero personale a questa domanda?

Intanto ci teniamo a sottolineare che a differenza delle domande di Gigi noi ancora non ci siamo dati una risposta…..ma qui ci proviamo, anche perchè il tema è attuale e riguarda tutti: le trincee del nostro disco (non ci riferiamo soltanto a quelle invisibili), riportano alla mente tutto l’odio, la violenza e le sopraffazioni che purtroppo l’uomo continua a mettere in atto durante il nostro tempo. Proprio in questi giorni abbiamo assistito al giorno della memoria, 72 anni dopo la liberazione del campo di Auschwitz, uno dei luoghi al mondo che più hanno segnato in modo doloroso la storia dell’uomo. Purtroppo le trincee non sono ancora scomparse, basta guardarsi attorno per capire quanto la storia dell’uomo debba ancora compiere il suo fine, ovvero quello d’insegnare a non ripetere mai più tali barbarie. La ferocia di tutti i carnefici ed il silenzio di chi ha lasciato (e lascia) che tutto ciò accada, ci lascia ancora oggi sgomenti e senza parole, e ci fa comprendere che la frase ‘per non dimenticare’ non è riuscita a non far rivivere tali crudeltà nel mondo. Forse aveva ragione Bob Dylan, quando diceva che “questa terra è la tua terra e questa terra è la mia terra, certo, ma il mondo è governato da quelli che comunque non ascoltano musica”. - Corriere del Popolo - PaeseRoma a cura di Alberto Fuschi


"Recensione - review - DISCO DEL MESE!"

Gli Stolen Apple nascono a Firenze nel 2008 dalle ceneri dei Nest. Dal nucleo originario del gruppo rimangono soltanto due membri fondatori: Riccardo Dugini (voce e chitarra) e Luca Petrarchi (voce e chitarra). Ai giorni d’oggi si aggiungono Massimiliano Zatini (basso) e Alessandro Pagani (batterista) già presente nella formazione a metà degli ’90. Il nome della band nasce dalla triste storia di Ernst Lossa, ucciso nel 1944 dal regime nazista, narrata con delicatezza da Marco Paolini nel suo spettacolo ‘Ausmerzen’.Il loro album di debutto ‘Trenches’ uscito il 23 settembre 2016 vede la cooperazione con l’etichetta Rock Bottom Records. Dodici sono i pezzi intrisi di sonorità e ritmi eterogenei che raccontano esperienze vissute sia nella musica che nella vita personale e quotidiana in un sistema grezzo ma sensibile intriso di parole intime. Variabili sono le emozioni rievocabili in base al brano ma vi è una costante: l’abbandono provocato dalla musica. Gli artisti hanno voluto trasportare un prodotto musicale che fosse il più naturale possibile alternando però stili originali alle grandi icone del passato. È così che l’alternative rock degli anni ’90 si amalgama al desert country o al psycho-punk o al pop-noise in cui ballate acide e sonorità alt-country creano uno riff personalissimo e riconoscibile.
Il lavoro della band toscana raccoglie ricordi, storie e avventure declinate e raccontate nelle dodici canzoni. Ogni track è espressione dello spirito degli Stolen Apple non perfetto, anzi ben articolato in sfaccettature e suggestioni passionali che vanno ben oltre dalla tecnica musicale. Trenches è un album che vuole comunicare nel momento in cui l’uomo agisce ‘nell’immediato’. Senza ripararsi dalle zone di sicurezza, le trincee moderne come la tecnologia, bisognerebbe esternare le fragilità umane.
Red Line apre l’album dolcemente in un riverbero orientaleggiante che riecheggia durante tutto il pezzo lasciando spazio ad un crescendo. Green Dawn acchiappa il groove deciso, con il suo powerful rock incalzante, accendendo i motori per un ritmo più frenetico. Più acida e lacerante è Fields of Stone. Pavement è una vera e propria colonna sonora targata ‘rock made in USA’ che col suo epico reef di chitarra accompagna il leggero psycho musicale. Falling Grace, più breve, è marchiata dal gusto indie-rock 90’s in cui le voci incrociate si tessono alla tribalità delle percussioni. Amabilmente blues è Living on Saturday tinta da tre voci in crescendo nel ritornello.
Liquida e desertica è Mystery Town, in Something in my Days il ritornello è delizioso ed intrigante. Una struttura rock per una canzone pop? Sì, è possibile in More Skin.
Daydream invece conserva un testo scritto dalla fiorentina Daniela Pagani, prima cantante dello Zecchino d’Oro, scomparsa a soli 22 anni nel 1970. Meno dolce e morbida è Sold Out in cui il punk ruggisce in un ritmo che lascia l’ascoltatore completamente ‘stordito’. L’ultimo pezzo è In The Twilight che con un ¾ ci regala l’ultima pennellata suadente e respirata di sound elegante tipico della ballad. - Sounds Good Webzine di Maria Carola Leone


"Recensione - review"

Arrivano da Firenze e si chiamano Stolen Apple.
"Trenches" (Rock Bottom/Audioglobe), è il loro esordio e appare chiaro da subito che il richiamo è a un certo indie-rock dalle reminiscenze psych di fine anni '90 o, pur cantando in inglese, ai nostri Marlene Kuntz.
Brani energici che non dimenticano l'importanza della melodia. - Alias de Il Manifesto di Roberto Peciola


"Recensioni - Reviews"

There is something about alternative rock that has always spoken to me. The angst, passion, and indie roots of the genre are just as compelling to me now as they were when I was a teen. I felt that same magnetism while listening to Stolen Apple’s album, Trenches. The 12-track project was released in September, and is a wonderful demonstration of the art that has stemmed from 70s punk rock. Listening to Trenches all the way through is emotional, riveting, and necessary. “The only thing that matters is the free movement of ideas,” the album’s EPK reads. “Each song is an expression of the independent spirit of the band.”

Former Nest members Riccardo Dugini (vocals, guitar) and Luca Petrarchi (vocals, guitar, organ, synth) founded Stolen Apple in 2008, adding musicians Massimiliano Zatini (vocals, bass, harmonica) and Alessandro Patagani (drums, piano, percussion). Based in Florence, Italy, the Rock Bottom Records artists frequently perform throughout the region and connect with fans across the world through their music and social media. Trenches is available for streaming or for CD purchase on Bandcamp. Connect with Stolen Apple on Facebook, and watch the music video for their single, “Falling Grace,” on YouTube. - BROWNIEMARIE.COM


"Recensione - Review"

Passionately performed, Stolen Apple’s “Trenches” is a perfect blend of psychedelic post-rock. Vocals drift by in a glorious haze. Songs unfurl with true purpose for they describe the ongoing joy of the journey. The structure of the journey results in something that feels vital and real. Over the course of the many songs what occurs is compelling for the sounds rushes by with true urgency. Impressive chops are displayed throughout whether it is from the carefully crafted solos that grace the pieces or the out of control rhythms that permeate the album.
“Red Line” begins the album off on a high note setting the tone for what follows. Far more direct is the energetic frantic pace of “Green Dawn”. Sprawling out in a dreamy way is the spacious sound of “Fields Of Stone”. Meditative in its approach is the sprawling “Pavement” where everything comes together to create a delightful rush of colors. A poppy spirit informs the rebellious wandering “Something In My Days”. Laid-back with a mellow attitude is the fantastic “Daydream”. Crazed energy defines the album highlight, the infectious joy of “Sold Out”. Lyrics pepper the piece with true insight as the rest of the song refuses to slow down in any way, shape, or form. Bringing the album to a soothing close is the sweetness of “In The Twilight”.
Smart, stylish, and with a sense of timelessness, Stolen Apple delivers a joyful defiant album with “Trenches”. - BEACHSLOT


"Recensioni - Reviews"

Questo disco risale all'anno scorso e fa parte di una lunga serie di ottimi album che sono sfuggiti ai miei recettori, nonostante gli ascolti intensivi e l'esplorazione perpetua dell'underground a tutte le latitudini. Evidentemente, le mie capacità di "esploratore" non sono più quelle di una volta e sicuramente necessitano di una revisione profonda, perché i dischi persi iniziano a essere un po' troppi.
Ma veniamo al dunque, "Trenches" è l'album di debutto degli Stolen Apple, pubblicato a settembre del 2016 in collaborazione con la Rock Bottom Records e distribuito da Audioglobe.
La band fiorentina (eh si, in questo primo scorcio del 2017 qui stanno passando solo dischi italiani) è in pista dal 2008 e vanta una lunga esperienza sulla scena indipendente italiana: Riccardo Dugini, voce e chitarra, e Luca Petrarchi, voce e chitarra, facevano parte dei Nest; Alessandro Pagani, batteria, suonava nei Subterraneans e si occupava dell'etichetta Valvola - Shado Records; il bassista Massimiliano Zatini aveva già collaborato in veste di percussionista con gli stessi Nest.
I suoni che compongono il disco sono intrisi di anni 90, indie-alternative rock, garage, post rock, le atmosfere del vecchio, caro e indimenticabile, paisley underground e tutte le sfumature di colore della psichedelia. Gli umori e le sensazioni che scaturiscono dall'ascolto di questa musica non possono non aprire il cuore di chi è cresciuto a pane e Screaming Trees, Thin White Rope o Sonic Youth.
La band riesce a costruire architetture sonore complesse e stratificate eppure dirette e piacevolissime da sentire, grazie a un eccellente lavoro su suoni e arrangiamenti. Le chitarre si rincorrono, s'intrecciano, tessono delicati ricami, urlano e piangono, sostenute da un'ottima sezione ritmica e accompagnate da melodie decisamente riuscite.
In questo ambiente quantomai vario e ricco di sfaccettature gli Stolen Apple si muovono alla grande donando una mano di vernice fresca a sonorità prese in prestito dal passato. Infatti quest'album non difetta certo di personalità, non mancano gli spunti originali ma è tutto l'insieme a funzionare alla meraviglia.
Sono molte le tracce che s'insinuano nella mente con decisione. Tra queste voglio segnalare il ruvido post punk di Falling Grace, non distante dalle prime cose degli Iceage, l'irresistibile garage rock di Living on Saturday, l'energia malinconica della splendida Green Dawn, che pare figlia di un azzardato quanto riuscito incontro intimo tra i Church e The Fall, una sorta di post punk psichedelico che non fa prigionieri. Proseguendo nell'esplorazione dei solchi si trovano altre gemme che brillano di luce propria come avviene con gli sciami di note e voci che arricchiscono Fields of Stone, il delicato pop rock di Pavement, piacevolmente sporcato di rumori elettrici, e soprattutto la bellissima ballata In The Twilight che chiude nel miglior modo possibile un album notevole. Giù il cappello. - ANTBLOG - bochesmalas.blogspot.it - di Antonio Masuri


"Recensioni - Reviews"

L' album d’esordio degli Stolen Apple è un caleidoscopio alternative rock di suoni e parole. Sonorità potenti, aggressive, ruvide, tra riff veloci e a tratti rocamboleschi, tempestosi, che rimandano a una dimensione psichedelica in cui sono chiaramente le chitarre a dominare e a tracciare il percorso di ogni brano.
“Trenches’’, uscito a settembre 2016 in cooperazione con l’etichetta Rock Bottom Records, rappresenta l’ennesima impronta di una scena musicale underground italiana che vuole sì seguire il sound e la metrica old school, ma allo stesso tempo emergere e distinguersi viaggiando in universi musicali non del tutto esplorati del rock made in Italy.
Il quartetto fiorentino composto da Riccardo Dugini (voce e chitarre), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica), Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni) ha voluto imprimere in un disco composto da 12 brani per la durata complessiva di 50 minuti, metrica, melodia e arrangiamenti che più si adattano a un mondo della musica dal vivo, sciolto, che catapulta l’ascoltatore ai piedi di un palco.
“Trenches’’, ovvero trincee, come trincerate sono le canzoni di questo lavoro eterogeneo, dove ogni pezzo ha una storia, una identità e una ispirazione propria, sebbene nascano da un progetto più «collettivo – come dichiarato dal gruppo - perché l’unica cosa che conta è la libera circolazione di idee, ogni track è espressione dello spirito indipendente della band».
E quindi ecco passare dall’aura new wave e composta con riverberi di sitar indiani di Red Line in apertura, all’irrealtà quasi angosciante che rievoca Falling Grace (che fa da colonna sonora al primo video degli Stolen Apple), sino a ritornare alle sonorità della ballata rock tradizionale di Daydream, impreziosita dal sentimento nostalgico che l’armonica fa riaffiorare. La chiusura è affidata alla elegante In the Twilight, dalla linea vocale pinkfloidiana.
Con il loro primo disco, gli Stolen Apple hanno voluto aprire il proprio personale libro colmo di ricordi, pensieri e poesie per poi tradurlo in note. - XTM EXTRA MUSIC MAGAZINE! di Miki Marchionna


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Raccogliendo per strada varie influenze, elaborate attraverso esperienze che confluiscono nell’attuale progetto, gli Stolen Apple con “Trenches” offrono all’ascoltatore più attento l’opportunità, assai rara in Italia, di fruire di un disco dal respiro ampio e libero da pastoie stilistiche e/o di genere. Il che forse costituirà un ostacolo alla sua piena comprensione da parte della platea dei più pigri, ma tant’è, l’Arte non va spacciata nei vicoli bui… Ballate dolenti che ci fanno indugiare ad osservare la luna ed ad “annusare” gli aromi arcani della notte (l’immensa “Living on Saturday”), od ad attraversare deserti sconfinati, seguendo la vaga traccia lasciata da chi ci ha preceduti in un viaggio infinito alla ricerca di risposte a domande appena abbozzate od al semplice pretesto che offre l’occasione per partire, divagazioni strumentali che rimandano a quella scuola scandinava che meritatamente si è imposta negli ultimi anni come la corrente più credibile e creativa del retro-rock, ed episodi sorprendenti che citano insiemi il ricordo dei quali resiste solo nelle memorie dei più “vissuti” (il ritmo forsennato di “Falling grace” che ridà vividezza al grigio metallizzato dei Red Lorry Yellow Lorry). Il tutto amalgamato da una vena psichedelica/visionaria che fa da collante a queste dodici composizioni, dal carattere delineato e dal piglio audace. Scoprono le carte un po’ alla volta, tanto che all’ennesimo ascolto ancora vi sorprenderete per quella sfumatura che prima non avete percepito, ed il mestiere in questo caso pesa parecchio (definire “Trenches” un esordio è improprio, capitalizzando il disco i variegati “background” dei componenti il complesso), ma tale bagaglio viene utilizzato con sapienza e ben ponderando le parti. Promozione piena (ma la pronuncia amici miei è da curare ancora). - SYMPHONY OF SILENCE di ADRIANO MOSCHIONI


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Gli Stolen Apple nascono ufficialmente nel 2008 quando Riccardo Dugini (voce, chitarra), Luca Petrarchi (voce, chitarra, mellotron, organo, synth), Massimiliano Zatini (voce, basso, armonica) e Alessandro Pagani (voce, batteria, piano, percussioni) decidono di unire le forze per dare vita ad un progetto nuovo ma ricco d’esperienza. Il nome è evocativo, si rifà alla vicenda di Ernst Lossa, bambino di etnia Jenisch ucciso dai nazisti nel 1944 a soli quattordici anni. Ben altre immagini sono quelle evocate da Trenches, il primo album del quartetto fiorentino. È un lavoro nomade, eclettico, che spazia dalla psichedelia all’alternative passando per rock anni ’90, country e blues senza tralasciare alcuni richiami pop. Il sound è ruvido, quasi “vintage”, poiché la band ha scelto di registrare in presa diretta usando pochissime sovraincisioni in modo da rimanere il più fedele possibile al sound live. Le 12 tracce che compongono l’album si articolano all’interno di uno spazio narrativo continuo. Red Line, la traccia d’apertura, è una ballata dal suono orientaleggiante arricchita da un’attitudine alternative rock. In Green Down la chitarra conferisce alla canzone un sound quasi punk, in contrasto con la voce posata. More Skin è un brano duplice, su di una struttura rock, infatti, si innesta un sound dai forti richiami pop. Menzione speciale per Fields Of Stone in cui i cori delle cicale fanno da sottofondo alla canzone. Un album, quindi, da ascoltare tutto d’un fiato lasciando la mente libera da quelle trincee che noi stessi ci creiamo. - Rock Graffiti - Vicenza Underground Radio di Laura Maretto


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BETAPRESS.IT di PERTH
Ho accolto con grande entusiasmo l’invito dell’amico (e Direttore Responsabile di BetaPress.it) Corrado Faletti di dare un mio personale giudizio al primo lavoro degli STOLEN APPLE: “Trenches”.E lo ringrazio pubblicamente per avermi fatto scoprire questo progetto che è arrivato come una boccata d’aria fresca! Prima di ricevere il cd da parte dell’Ufficio Stampa della band mi sono informato ed ho letto “di-tutto-e-di-più” sugli STOLEN APPLE, ho ascoltato alcuni dei brani di “Trenches” disponibili nelle pagine web ma ho voluto pronunciarmi solo dopo aver studiato il disco a fondo. “Trenches” è una “promessa”, un progetto poliedrico, un disco torrenziale che (per fortuna!) non è inquadrabile in generi conosciuti anche se il flusso che attraversa le dodici “tracks” è imbottito di molteplici contaminazioni. Il disco della band fiorentina ha un corpo innovativo che già al primo ascolto disegna perfettamente gli ambiti della scrittura e della ricerca sonora, un disco autentico, genuino, senza fronzoli, che arriva subito al cuore (questo il grande merito di “Trenches”: far vibrare il cuore! N.d.a.). Dal punto di vista tecnico il disco è suonato tutto di un fiato, “così com’è” (e come deve essere!) ed ogni brano mantiene una sua identità che lascia fuori dalla porta “diavolerie elettroniche” e fastidiose “overdubs” (“sovraincisioni” utilizzate spesso in modo esasperato da inetti “artisti mediatici”; n.d.a.). I registri utilizzati sono molteplici: si passa da momenti grintosi ad altri più rarefatti ma sempre ricchi di tensione e drammaticità. Dissonanze armoniche che mi hanno lasciato con il fiato sospeso, con gli occhi sbarrati e soprattutto con le orecchie tese. “Trenches” è un progetto straordinario che costringe a cambiare rotta, è una lampada che ha riacceso in me luci del passato che erano spente. L’apporto dei singoli membri degli STOLEN APPLE ha un peso specifico rilevante nel disegno globale di “Trenches”: Riccardo Dugini (voce e chitarre), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica), Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni) sono il contesto florido di tecnica ed idee che ha potuto dare vita ad un lavoro sperimentale mai scontato che affascina per la fattezza dei brani. Il primo brano a colpire per immediatezza, forse il più orecchiabile ed accessibile, è “Red Line”: la vera promessa di tutto l’album! La traccia nr. 2 “Green Down” è una canzone che ogni musicista dovrebbe avere nel suo iPod, una song che se ne sbatte dei “canoni radiofonici” portando all’estremo le chitarre con il solo che prima grida, poi invoca ed infine sussurra: spettacolo! “Fields of Stone” un capolavoro: intima e… Grunge! Avrei voluto sentirne una mezza dozzina come “Fields of Stone”! La psichedelia di “Pavement” è stilisticamente fascinosa e ricorda i RADIOHEAD di “OK Computer”. L’incessante martellato soft-punk di “Falling Grace” sembra essere nato dalla penna del compianto Joe Strummer (Ankara, 21 agosto 1952 – Broomfield, 22 dicembre 2002, storico leader dei CLASH; n.d.a.). In “Falling Grace” quel “All my friends my friends are gone, my friends are gone, my friends are gone” è stato come uno squarcio, forse l’apice dei bellissimi testi dell’album. E poi “Living on Saturday” che mi ha fatto balzare alla mente “The Joshua Three” degli U2, l’attraente ballata “Mystery Town” e la limpida “Something in my Days”. Segue al posto nr. 9 “More Skin”, forse l’unica vera pop-song dell’album. “Daydream” ha la sofficità di un piumone, “Sold Out” è un concentrato di Brit-Pop, Punk e New Wave ed infine la ballata “In the Twilight” che con la sua dolce melodia chiude l’album. Caro lettore l’intensità di questo disco è qualcosa che si fa fatica a descrivere, ogni traccia è stata un’emozione, un frammento di ricordo, memorie di casa, flashback di gioia e malinconia e ricordi che sono riaffiorati dal passato. Questo è “Trenches”: un’inaspettata promessa che gli STOLEN APPLE hanno mantenuto! - BETAPRESS


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Per uno che è stato adolescente e poi universitario tra la seconda metà degli anni 90 e la prima degli 00, Trenches è un piacevole ritorno a casa: in tutte le tracce che dell’album c’è sempre qualcosa che richiama quegli anni in cui il cosiddetto “indie rock” si muoveva tra i fasti del grunge, del post-rock e di tutti quei generi che sembravano minare le fondamenta del rock come l’avevamo inteso sino al 1991. In Trenches si riescono a sentire gli echi di diverse band: piccoli accenni di Pearl Jam, Candle Box, Jane’sAddiction, Television e Mad Season. Certo questi nomi fanno paura e avvicinarli ad una band e si corre il rischio di alimentare chissà quali aspettative ma, se vi avvicinaste a quest’album senza ansia da ascolto, scoprireste che alla fine è solo l’atmosfera dell’album che richiama gli Artisti citati: niente plagi o eccessive citazioni. Ma ha ancora senso ascoltare un album di questo tipo nel 2017? Ha ancora senso sentire qualcosa di già sentito, peraltro registrato lontano dalla terra in cui il genere è nato? Io dico di sì, perché bisogna recuperare il concetto di album “suonati” in cui la ricerca della struttura del pezzo sia ancora centrale e questo è un album suonato e studiato nota per nota. Un album onesto, registrato per amore delle canzoni stesse, composte da melodie semplici ma non banali, con un suono unito di chitarre, basse e chitarra che lega tra loro le tracce. Il viaggio negli anni 90 è assicurato: la voce e le chitarre scorrono fluide attraverso le 12 tracce, senza sbavare e senza andare fuori strada, con qualità e intensità. È un buon album, pieno di melodie e qualità ma due cose mi lasciano,però, perplesso: la mancanza di una canzone più radiofonica, che avrebbe potuto aprire altre porte, e la produzione del disco. Quest’ultima un po’ scarna e semplice, sebbene sia proprio una scelta programmatica della band, lascia Trenches un passo indietro rispetto alle altre uscite del periodo: una diversa cura della produzione e una maggiore attenzione alla pronuncia della lingua inglese avrebbero alzato il livello qualitativo del disco. - CAUSA ED EFFETTO


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TRENCHES E LA RABBIA CREATIVA DEGLI STOLEN APPLE

Senza la malinconia vivere sarebbe molto più difficile di così. Trenches, l’album d’esordio degli Stolen Apple, è anzitutto un tuffo nel passato. Una band che ha alle spalle anni di palco, dei professionisti in grado di ricordare e raccontare quei primi anni del secolo dove suonare significava anzitutto creatività. Il desiderio era ancora quello di mettere a frutto anni di lezioni e provare a dire qualcosa, divertendosi e intrattenendo il proprio pubblico con serate da raccontare negli anni a venire. Oggi purtroppo tutto si è perso. Qualsiasi atto creativo è stato corrotto e depredato dai social, per fortuna qualche moicano resiste ancora e gli Stolen sono un gruppo di questi. Musicisti “Don Chisciotte” che combattono contro un’omologazione utilizzando il lavoro, i live e la qualità per far ascoltare la loro musica. Attraverso il loro album tornano vivide le emozioni di chitarre distorte e di quella rabbia positiva che è alla base di ogni processo creativo; impossibile da racchiudere in un genere se non in quello della musica emozionante. Un viaggio nel rock alternativo carico di un passato e di quella saggezza che solo artisti a tutto tondo portano in dotazione. Trenches è evocazione di speranze disilluse di un’adolescenza terminata senza avviso. Le note degli Stolen creano una zona franca, una trincea nella quale l’ascoltatore possa ripararsi e vivere quelle sensazioni che sono ancora in lui, evocando un pensiero felice legato al passato o al presente. Dodici tracce che coprono tutte le declinazioni della musica indipendente. Red Line o Falling Grace sono cariche di suoni anni 90, Mistery train è un pezzo ipnotico a due chitarre che avvolge, senza risultare invasivo. Ci sono anche contaminazioni con il pop come in More Skin, una canzone dalla faccia doppia che dichiara una cultura musicale propria della fine del secolo scorso dove il distorto sapeva coesistere con suoni più leggeri. In Daydreamer prende spazio la poesia e un intrigante suono di armonica che da corposità e regala uno spessore di particolare efficacia al pezzo. Un viaggio a ritroso nella musica e un’evocazione che non può che far bene in tempi dove tutto sembra deciso a tavolino e dove la qualità è un elemento sempre più sacrificabile sull’altare della quantità. Gli Stolen Apple regalano un fortino, dove è dolcissimo nascondersi. La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori. - NOTE VERTICALI


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Questo disco è un viaggio nel decennio forse più marcio di cui il rock'n'roll abbia goduto. Quegli anni novanta a cavallo di tutto, sempre troppo presto di qualcosa o sempre troppo in ritardo.Quelli che vengono identificati spesso, come musicalmente poveri, anche se proprio questo decennio, ci ha lasciato in eredità, vere e proprie icone e soprattutto un genere intero ovvero il Grunge. Band interessanti come Stone Temple Pilots, Mother Love Bone, Screaming Trees, ma in particolare parlo di Pearl Jam dove il respiro di quella band si sente un po' in tutto il disco degli Stolen Apple. State bene attenti, "Trenches" non è affatto una fotocopia del sound di Vedder & co, ma i ragazzi hanno una loro decisa impronta che dona a questo disco una certa originalità. "Red Line": è la song d'apertura e già mi prende bene, soprattutto la chitarra, molto bella sembra quasi un mantra rock e poi mi domando:Solo io sento sonorità indiane alla Kula Shaker?. Ottimo inizio. "Green Dawn": si raddoppiano l'energie della band e questo è un pezzo davvero tosto. Tempi che variano ma è la solita chitarra a farla da padrona. Consigliatissimo. "Fields of Stone": è una canzone che si distanzia dal resto dell'album. La sento molto Marquee Moon dei Television e la cosa mi apiace molto. "Pavement": Sarò strano, ma ho spento la luce e l'ho ascoltata di nuovo al buio. Credetemi al buio ad occhi spalancati e questa canzone assume una vita propria di una esemplare bellezza. "Falling Grace": Improvvisamente la band decide di dare gas in fondo. Eccoti la canzone più potente finora, dove i Placebo fanno l'occhiolino e gli Stolen Apple rispondono alla grande. Breve ma diretta. "Living on Saturday": decisamente bella e si torna grungezzarsi con un tocco di U2 qua e là. "Mistery Town" malinconia in chiave rock, questa triste ballata, dal sapore amaro in una California coast to coast. "Something in my Days": Il genere degli Stolen Apple è raccolto tutto in questa bella canzone. Un viaggio nell'America che fu per un viaggio On the road con Kerouac che ci guarda e sorride. "More Skin": improvvisamente la folgorazione e questa canzone, assume il ruolo della mia preferita di questo splendido album. "Daydream": Spunta un armonica, sarà che a me questo suono ricorderà sempre Bennato il grande, uno che di questo strumento ne ha fatto un'icona del rock blues. Canzone decisamente soft di pura genuinità. "Sold Out": La canzone che in "Trenches" non mi aspettavo davvero. Completamente opposta a tutto il resto, più inglese che di stampo americano. Poi la chitarra fa come sempre il suo e mi fa cambiare idea facendomi pensare ai vecchi R.E.M. Incredibil Stolen Apple. "In the Twilight": chiude questo bellissimo disco della band fiorentina. Una ballad, forse la più bella in assoluto dell'album. Lasciatevi affascinare, lasciatevi conquistare dalle note di questo disco di bellezza e genuinità pieno all'inverosimile. - DELIRI PROGRESSIVI di ROBERTO ROBY BRUNO


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Trenches è l’EP d’esordio degli Stolen Apple, che raccoglie le esperienze di vita della band in musica, attraverso una fantasmagoria di pezzi dal suono grezzo, ballate psichedeliche e parole intimiste. Stolen Apple nascono come band a Firenze dalle ceneri dei Nest nel 2008, dal cui nucleo originario vengono fuori Riccardo Dugini (voce, chitarra) e Luca Petrarchi (voce, chitarra) che si aggregano a Massimiliano Zatini, già presente nei Nest come percussionista, ora nella formazione attuale è al basso, alla voce e a volte alle tastiere, e Alessandro Pagani (batterista già nei Subterraneans e una fra le menti di Valvola/Shado Records), e già presente nella band, allora conosciuta come Malastrana, a metà anni ’90. Con il loro Trenches, Stolen Apple escono con pezzi che richiamano vari stili e influenze musicali che la band riesce ad amalgamare nella maniera più originale, senza perdere di vista il patrimonio artistico del passato. Il suono della band è una miscela di indie-rock delle varie scuole, country desertico, psichedelica e shoegaze, post-noise esplosivo. Ogni pezzo racchiude reminiscenze adolescenziali, ballate psichedeliche con echi di sitar indiani e tamburi, come Red Line, canzoni acide dalla melodia lacerante come Fields of Stone e pezzi dove predomina il pop-rock come Pavement che riprende i riverberi neo-psichedelici delle ballate, ma leggeri e innestati su ritmi tribali e voci graffianti che si incrociano. Trenches risente della volontà di fare molto: c’è un approccio meno concentrato sulla scrittura e focalizzato sul suono, sull’atmosfera e sui testi: questi sono popolati di personaggi non sconfitti ma resilienti. La trincea è metafora di una forma di resistenza alla barbarie e alla rassegnazione in tempi di desertificazione sociale. Sono canzoni che raccontano le emozioni di un’umanità negletta ma non per questo periferica. - VISIONI SONORE di DEBORA SECHI


"Recensione - review"

Nel 2008 in quel di Firenze nasce il progetto Stolen Apple i cui fondatori Riccardo Dugini (voce e chitarra) e Luca Petrarchi (voce e chitarra) avevano già avviato il loro cammino artistico con la band dei Nest. Gli Stolen Apple debuttano sul mercato discografico nel Settembre del 2016 con l'album "Trenches" via Rock Bottom Records. Un progetto dalle sonorità alternative rock, influenzato da sunti noise punk, tutto in pieno stile anni '90. Il lavoro della band risulta ancora più originale grazie a buoni innesti folk. "Trenches" è un cd ricco di idee che spaziano dalla chitarra graffiante di Red Line, alla melodica e quasi malinconica Pavement, per passare da un sound più aggressivo ed energico più presente nella parte centrale con le tracce Green Dawn e Fields of Stone. Un album per tutti i gusti, breve, ma dalle atmosfere intense, con particolare attenzione anche ai testi dove all'ordine del giorno spuntano argomenti come esperienze vissute sia nella musica che nella vita personale e quotidiana. Insomma niente di banale per gli Stolen Apple, siamo di fronte a materiale di spessore che non passerà sicuramente inosservato. Avanti così che la strada è quella giusta. - UNERGROUNDZINE di Martina Tosi


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Chi sono gli Stolen Apple e come vi descrivereste a chi ancora non vi conosce?

“Stolen Apple è un libero progetto di espressione musicale che nasce anni fa da un gruppo di persone che si conoscono – anche musicalmente – da una vita. E siccome non siamo più dei ragazzi, suoniamo per il puro piacere di farlo, senza un approccio troppo cerebrale come accaduto in passato con altre formazioni di provenienza, dove la scrittura dei pezzi si sforzava d’essere più raffinata e complessa. Oggi vale attaccarsi a un amplificatore e suonare. Suono, atmosfere ed emozioni, per chi ha da esprimerne… e anche in questo siamo ben compatti.”

Cosa pensate della scena indie rock alternative italiana contemporanea?

“Non ci sentiamo particolarmente dentro la scena indie rock italiana, e non per snobismo: starci dentro implica investirci tempo, ascolti e risorse, cose che riusciamo ad avere occasionalmente. Ci piacciono ancora Zen Circus, Afterhours e le amiche Cleopatras per i loro set live indiavolati. C’è, e si percepisce, un mondo di band giovanili le cui proposte oggi sono anche più mature che in passato, di respiro più internazionale e attuale. Ci hanno colpito recentemente i concittadini Handlogic, conosciuti in radio dopo il Rock Contest di Controradio.”
“Trenches” come è nato? Qualche aneddoto del periodo in studio?
“Trenches è il lavoro di sintesi di qualche anno di scrittura. Colpisce molti la variegata composizione dei pezzi. Non c’è niente di premeditato. Le ambizioni di campare con la musica le abbiamo accantonate da un pezzo, ammesso che ci abbiano mai agitato i sonni. Musicalmente ci stanno tutti i riferimenti delle cose che abbiamo sempre ascoltato e ascoltiamo. Per il resto è un universo di attori non protagonisti, di personaggi residuali ma non marginali che non hanno rinunciato a interpretare la resistenza, e di un’esistenza che trova dignità anche nelle miserie di un quotidiano da caleidoscopio. Gente che rivendica l’aspirazione a un’essenza ancora vitale, al rispetto, al lavoro, all’amore. E che non cede alla logica della trincea. Un po’ d’intimismo invece sta nei pezzi più di atmosfera: registrare con 38° a luglio in una colonica sgarrupata in prossimità di Firenze è una bella esperienza, specie se in cucina – invece di apparecchiare per il pranzo – monti la batteria, e registri le voci in camera. E poi i suoni naturali…provare per credere: alza il volume iniziale di “Fields Of Stone” e ci trovi le cicale che cantano senza essere ingaggiate, di là dal vetro di una finestra.”

Avete una routine creativa per scrivere i vostri pezzi oppure ogni volta è diverso?

“No, non esiste una routine: ci sono pezzi che nascono direttamente in sala prove, altri che derivano da spunti più personali, elaborati fuori e portati in sala. C’è comunque un approccio molto collettivo in quello che facciamo.”

Sogni nel cassetto e speranze per il futuro a breve termine?

“Continuare a suonare con questo spirito, proporsi fuori e un concerto all’estero.”

Artisti di riferimento?

“Chitarrismo anni 80-90, dai Sonic Youth ai Flaming Lips fino ai Sebadoh, il rock di autore di Nick Cave, PJ Harvey e Sophia, Kurt Vile e True Widow, per citare solo alcuni. E poi tutto quello che odora di rock e psichedelia anni 60. Per l’Italia naturalmente Rino Gaetano.” - YESnews di Chiara Colasanti


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Non siamo nuovi a questo tipo di sensazioni, e gli Stolen Apple ci propongono proprio una bella atmosfera indie-rock postmoderna, venata in alcuni punti di un industrial non eccessivamente pesante, attuale e godibile in un crescendo di sensazioni, man mano che si procede nell'ascolto dell'album.
I brani scorrono, creando quella sensazione di deja-vu che accompagna l'ascoltatore ogni giorno, per ricordarci che ogni alba della nostra esistenza è permeata di suoni elettrici, artificiali, meccanici.
Le trame musicali di "Trenches" seguono due filoni: il primo, decisamente onirico e assimilabile, in alcune armonie, a pietre miliari dei Beatles, è rappresentato da brani come "Pavement" e "Living on Saturday". Il secondo filone, a tasso energetico notevolmente elevato, evoca suoni di memoria punk e colpisce l'ascoltatore direttamente a segno, grazie all'essenzialità, all'impeto ed alla crudezza dei suoni. Particolarmente apprezzabili "Red Line" e "Falling Grace".
Su tutta l'armonia il cantato ci accompagna come un mantra, in alcuni punti ossessivo ed emblematico nuovamente della meccanicità che ci circonda.
Unica nota dolente, purtroppo, il fatto che la dialettica inglese sia di livello non adeguato alla qualità decisamente efficace degli arrangiamenti. Ci piacerebbe che la prossima produzione degli Stolen Apple ovviasse a questo neo per rendere veramente completa la loro performance. - CANTINE.ORG


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Stolen Apple, una band dal sapore indie che vanta un grande bagaglio di esperienza, uscita con il nuovo album dal titolo "Trenches", ovvero Trincee. Un album poliedrico, composto da dodici brani ricchi di personalità e di suoni del passato che rimandano anche al rock made in Usa. Il lavoro è senza dubbio ricercato, inoltre è evidente un forte gusto musicale e un enorme amore per la musica. Tutti valdi motivi per correre ad ascoltarli. - PIACERE MAGAZINE


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Ho ricevuto la segnalazione di un bel cd, dal titolo Trenches (trincee), della band fiorentina Stolen Apple. Lo sto ascoltando con “goduria”, anche perché questi suoni mi rimandano piacevolmente indietro nel tempo, a quel “progressive orientaleggiante” da me tanto amato, che però qui si veste di “alternative & indie-rock”. - QUI NEWS VALDERA - di Fausto Pirito


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Come nasce la passione per la musica?

La sorgente del nostro amore verso la musica va indietro nel tempo, e risale agli anni d'oro in cui Firenze si affacciava in maniera originale sulla scena new wave europea degli anni '80. In quel periodo post adolescenziale anche noi iniziavamo a suonare, dopo aver seguito gli echi, i mood e gli stili che provenivano oltre confine, quando ancora la moda era sinonimo di qualità ed interesse verso qualcosa di nuovo ed esclusivo. Da quel momento questa passione, che noi chiamiamo cultura, non ci ha mai abbandonato. La musica fa parte della nostra vita da sempre, ed è tuttora fonte d'ispirazione per moltissime delle nostre attività. Ci ha accompagnato durante i vari percorsi intrapresi per attitudine, talvolta anche per sfuggire alla noia e alle aberrazioni del nostro tempo.

Quali sono gli artisti che maggiormente sono fonte di ispirazione per voi?

Ognuno di noi ha una lista preferenziale, che non si discosta però molto dalle altre. Possiamo citare Velvet Underground, Neil Young, Flaming Lips, Dinosaur Jr, Can, Rolling Stones, Sonic Youth, Clash, Joy Division, Bob Dylan, Kraftwerk, ecc....

Come nascono le vostre canzoni, nasce prima la musica oppure prima i testi?

Non esiste una regola generale, spesso l'intuizione prevede sia musica che testo quasi contemporaneamente. Può capitare che qualcuno di noi abbia un riff in testa da giorni, che poi condivide in sala prove. E da lì regolarmente, viene fuori un brano che non ha niente a che vedere con quel riff.

Come nasce la band ma soprattutto come nasce l’idea di chiamarvi con un nome così particolare “Stolen Apple”?

Il gruppo è nato nel 2008 dopo lo scioglimento dei Nest, il nome è in memoria di Ernst Lossa, bambino jenisch simbolo di un'infanzia negata e, più in generale, della violenza contro il diverso, ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti, storia narrata fra gli altri da Marco Paolini nel suo spettacolo “Ausmerzen”. Mela rubata perché Ernst, durante la sua permanenza nella clinica dove i nazisti dovevano 'curarlo', rubava le mele e le divideva con gli altri pazienti dell'ospedale psichiatrico.

Il 23 Settembre 2016 è uscito il vostro album di debutto che ha un titolo “Trenches” che tradotto in italiano significa “Trincee”, come è avvenuta la scelta di questo titolo?

Abbiamo voluto ricordare ai più sbadati che le trincee ancora non sono scomparse, sia quelle fisiche che quelle mentali. C'è ancora troppa distanza tra la consapevolezza del reale, e ciò che l'uomo vuole credere o fa finta di credere. Basta guardarsi attorno per capire quanto queste barriere ci impediscono ancora di progredire, sia dal punto di vista spirituale, che terreno.

Parlateci del disco: di cosa parlano i testi e soprattutto come sono nate le canzoni? Se doveste descrivere con tre parole il disco che parole usereste per definirlo?

I testi raccontano i nostri vissuti, ma anche storie fantastiche. Certo è che l'esperienza, anche inconsciamente, mette sempre la firma alla fine di ogni brano, con la consapevolezza che può bastare un ricordo, un sogno, od un fatto legato all'attualità, a creare qualcosa d'inatteso. Per questo ci piace attingere più possibile in molteplici direzioni. Tre parole? Consapevolezza, orgoglio, e fragilità.

Domanda che facciamo praticamente a tutti gli artisti, come vedete il panorama musicale attuale?

Vediamo una piccola rinascita, nelle nuove realtà che stanno crescendo a livello nazionale. La speranza è che vengano supportate dal mercato e da fattori mediatici che invece fino ad ora hanno inibito talenti sconosciuti, impedendo quel salto di qualità generazionale in un settore, quello della musica contemporanea, che ha cambiato radicalmente il modo di esistere.

In base alla vostra esperienza, cosa ne pensate della gioventù odierna che si approccia alla musica? Potreste dare loro qualche consiglio utile per aiutarli a “sopravvivere” nell’ambiente?

Forse il primo consiglio è di non ascoltare consigli. Essere se stessi ed autonomi il più possibile, è il primo passo per essere originali, se non unici: questo è quello che anche noi abbiamo sempre cercato di fare, a volte riuscendo, a volte no. Ma la cosa principale è ricordare che la musica è prima di tutto una passione, e come tutte le passioni, va coltivata e difesa nel tempo. La parola sopravvivere non appartiene ai musicisti, la musica non li abbandonerà mai, se non lo faranno loro. In questo tempo così provvisorio, e tornando alle trincee del disco, sopravvivere è una parola che appartiene a mondi più sfortunati del nostro. - ALMAX MAGAZINE di ROSALINDA DI NOIA


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Se dovessimo fare un’analisi oggettiva dell’attuale panorama musicale indipendente italiano non potremmo che evidenziare una certa tendenza assunta dai gruppi emergenti e non della scena indie, a uniformarsi un po’ troppo; tanto che il prefisso indie forse ha perso il suo significato iniziale e, diciamocelo pure, sembra di ascoltare sempre la stessa roba. La ragione di questa tendenza potrebbe essere la ricerca di soldi, fama e notorietà facili (chi non vorrebbe arrivare a riempire i palazzetti?) Beh, in tutto questo fa piacere scoprire che esiste ancora qualcuno che non si conforma, che ci crede, e che suona per il puro piacere di farlo. Distanti dalle mode del momento, gli Stolen Apple esordiscono con Trenches. Difficile parlare di un vero e proprio esordio, considerato che Riccardo Dugini, Luca Petrarchi, Massimiliano Zatini e Alessandro Pagani sono attivi da anni sui palchi. Trenches è un disco di 12 brani che si muove sul terreno dell’alternative rock made in USA. L’alt rock degli Stolen Apple, traccia dopo traccia, minuto per minuto, assume le forme più variegate: si passa dall’indie rock (la coinvolgente opener Red Line; Green Fields con la sua chitarra in primo piano a dettare il ritmo), al desert rock (l’intensa Pavement), ad episodi quasi punk (Falling grace), fino a giungere al confine con territori country e talvolta quasi pop (Something in my days). Eccezionali intrecci di chitarra e venature psichedeliche sono le caratteristiche di questo disco, per il resto ogni brano è una storia a sè, ha una sua identità. “L’unica cosa che conta è la libera circolazione di idee: ogni canzone è espressione dello spirito indipendente della band“, si legge nel comunicato stampa. Trenches è un lavoro dominato da un flusso di emergenza creativa, probabilmente rimasta repressa negli anni; è un lavoro denso ed ispirato, ma soprattutto sincero e spontaneo. - INDIE ROCCIA di GILDA ROMEO


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L’Indie Rock è un enorme calderone che contiene all’interno un vastissimo mondo musicale. Sempre più difficile focalizzare uno stile ben definito in questo contesto, numerose sono le influenze e gli innesti. I fiorentini Stolen Apple sono nel dentro con uno sguardo rivolto verso il settore americano, con Psichedelia, Blues, Country e Post Punk. Fra le loro ispirazioni si possono quindi estrapolare artisti come Neil Young, Sonic Youth, Clash, Slint, Dinosaur jr, Flaming Lips, Low, Codeine e Joy Division. Si formano nel 2008 dai resti dei Nest, altro combo di Firenze. Esordiscono discograficamente nel 2001 con “Drifting” (Urtovox/Audioglobe ) e nel 2007 ritornano con “Isn’t It?” (Zahr Records/Blackcandy – Audioglobe). Diversi i cambi di formazione, fino a giungere nel 2016 al risultato “Trenches” in Stolen Apple con Luca Petrarchi (chitarra, voce), Riccardo Dugini (chitarra, voce), Alessandro Pagani (batteria, voce) e Massimiliano Zatini (basso, tastiere, voce). Il disco è suddiviso in dodici tracce. L’apertura di “Red Line” è appunto lineare, basata su un riff gradevole e comunque dal sapore Beatlesiano, un movimento elettrico che si alterna a un momento riflessivo centrale. La sezione ritmica è semplice ed efficacie come il cantato, mai esagerato, il passo è giustamente lungo come la gamba. La chitarra a tratti si lancia in brevi assolo davvero piacevoli. Più acida “Fields Of Stone” e la personalità del gruppo comincia a salire per poi sfociare nei sette minuti di “Pavement”. Post-Noise e ballate Alternative Country per scoprire un nuovo angolo della band. Ho nominato precedentemente il Post Punk, e lo si riscontra nella diretta “Falling Grace”. Blues e Pop nell’orecchiabile “Living On Saturday”, ma personalmente resto colpito piacevolmente dalla slide guitar di “Mistery Town”, frangente più riflessivo del disco. Da sottolineare ancora la ballata “Daydream” con l’armonica di Massimiliano Zatini. Sale il ritmo in “Sold Out”, divertimento puro e “Trenches” si conclude con “In The Twilight”, ballata sentita e calda. Il suono dell’intero disco è leggermente cupo, tuttavia non stona con la proposta musicale, in alcuni casi questo viene addirittura incontro alle atmosfere del brano. Il cantato è in inglese. “Trenches”, trincee, quelle che ci creiamo noi nella mente per salvarci dal modo di vivere odierno? Questo lo penso io….Chissà, intanto al loro interno sappiamo che ci possiamo imbattere in musica spassosa e variegata, ancora una volta italiana. Bene così Stolen Apple, aspettiamo vostre nuove. - NON SOLO PROG ROCK di MASSIMO SALARI


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Vi piace il rock n’ roll? Se la risposta è no, mi dispiace per voi ma avete sbagliato pagina: chiudetela. Se invece la risposta è si, mettetevi comodi e ascoltate ‘Trenches’ degli Stolen Apple, anzi: lasciate perdere il mettersi comodi e mettetelo a ‘sfondacasse’ in macchina. Dentro l’album d’esordio della band fiorentina c’è tutto: ritmo, sound, testi, la giusta dose di carica e i suoni per quando mancano le parole. In pratica, il rock. Stare qui a parlare di influenze, generi e ispirazioni sarebbe riduttivo: gli Stolen Apple saranno legati di certo a qualche fonte d’ispirazione ma hanno soprattutto un loro sound che, ascoltando la musica che gira nelle radio, è anche un bell’avere. Al volo, giusto per farsi un’idea, 3 pezzi con cui descrivere l’album:

– ‘Falling Grace’: parte subito a tutta e poi… accelera! Suoni alternativi, sporchi e incazzati, anni ’80/’90, quelli belli.

– ‘Living On Saturday’: Pezzo fatto di rock come lo si dovrebbe insegnare, niente roba superflua, niente orpelli, merce sempre più rara.

– ‘Mistery Town’: sound più delicato, più morbido e intimo, birra gelata di fronte a un tramonto infuocato e con il mondo che sta bene un po’ più in là.

Questo è ‘Trenches’. Adesso, da bravi, andate ad ascoltarlo. - L'OPINIONISTA di MAURO RUTOLO


"Recensioni - Reviews"

I fiorentini Stolen Apple si presentano con questo album di debutto (un debutto non debutto, a dire il vero, dato che i membri della band non possono certo dirsi dei “novellini”, con la loro esperienza pluriennale alle spalle), “Trenches”, rilasciato lo scorso 23 settembre sotto l’egida della Rock Bottom Records. Il quartetto nato dalle ceneri dei Nest ci regala un lavoro interessantissimo, forse dal sapore per molti versi nostalgico, ma ben bilanciato. La maestria nella tecnica si manifesta per tutta la durata dell’ascolto, con brani come Green Dawn e More Skin, forse gli highlights di questo lavoro che ci catapultano di colpo a oltre vent’anni addietro, quando quelle rudi sonorità grunge e psichedeliche che tutti ricordiamo con un certo bipolarismo tra amore e odio facevano il loro dirompente ingresso sulla scena. Elemento ancor più interessante, se si pensa che veniamo introdotti al viaggio proposto dagli Stolen Apple da Red Line, tipicamente britpop e Daydream, un pezzo dal sapore squisitamente country, rilassato e intimo. Il passaggio alla terza traccia sconvolge già: Falling Grace si scosta completamente dalle atmosfere quasi introspettive dei primi minuti dell’album per far spazio a un ritmo incalzante, riff veloci e giri di batteria che strizzano l’occhio al post-punk. Sembra addirittura di sentire un po’ di Joy Division in alcuni passaggi dell’album, un vero e proprio universo policromatico tutto da interpretare e sviscerare con le orecchie e con la mente. Trenches (un titolo già altamente evocativo e pregno di significato, “Trincee”) è come una galleria di 12 ritratti, tutti diversi, volti da scrutare che nascondono ognuno un mondo, un intero vissuto, confinato da trincee apparentemente invalicabili, appunto. E ci piace pensare che la varietà dei brani rispecchi un po’ quest’idea, che ne è anche filo conduttore. Pop, rock, country, grunge, punte di glam rock, blues, hard-rock e new wave… il tutto sapientemente assemblato per un ascolto che non stanca, che riserva sempre una sorpresa una traccia dopo l’altra. Una varietà sobria e coerente per quello che è, d'altronde, un concept album ben confezionato, autentico e che non pecca, tra l’altro, neanche nel comparto produttivo. Non fatevi ingannare, non si tratta dell’ennesimo album indie. Non possiamo che attendere curiosi e fiduciosi cosa gli Stolen Apple ci riserveranno nel prossimo futuro. Altamente consigliato, a prescindere dal genere preferito. - INSANE VOICES - di KAREN


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"La rabbia rock dei fiorentini Stolen Apple"

Sono energia dura, ruvida, rabbiosa, dissonante, con un groove che ti prende a pugni, i fiorentini Stolen Apple. Venerdì al Nof {Borgo San Frediano}questa alternative rock band che unisce psichedelia, noise e neo-grunge, guidata dalla voce e chitarra di Riccardo Dugini, presenta l'interessante disco d'esordio «Trenches». Prendono ispirazione dalla storia di Ernest Lossa, bambino gitano ucciso nel '44 dai nazisti, raccontata da Marco Paolini in «Ausmerzen». Dodici tracce in inglese che si interrogano sulle «trincee» — come da titolo — che vivono nella nostra testa e fuori di noi, e affrontano il tema dell'alterità, del dolore, delle barriere tra le persone. Racconti e stile molto maturi per ragazzi così giovani, e un suono decisamente e volutamente alienante. Una bella scoperta, sintomo di una dimensione in cui chi scrive musica rock anche «violenta» si impegna a pensare con attenzione a ciò che scrive. - CORRIERE FIORENTINO di EDOARDO SEMMOLA


"Recensioni - Reviews"

Alternativa, innovativa, elettrizzante, tanti gli aggettivi con cui si puossono definire gli Stolen Apple, band dal repertorio che dal pop va alla noise d'autore ed al neogrunge che fa vibrare dentro chi li ascolta. Riccardo Dugini (voce, chitarra), Luca Petrarchi (voce, chitarra), Massimiliano Zatini (basso e voce) e Alessandro Pagani (batteria e voce), attraverso la loro musica sono testimonianza d’impegno non solo artistico, ma anche sociale. Il loro nome, infatti, vuole ricordare la storia di Ernst Lossa, bambino jenisch ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti. La storia, invece, della band, ovvero dei suoi quattro protagonisti parte da lontano, perché pur se hanno iniziato il loro viaggio insieme nel 2008, ognuno aveva alle proprie spalle un percorso artistico, importante e significativo. “Trenches”, ovvero ”trincee”, è il loro lavoro d’esordio che si presenta ricco di energia, e allo stesso tempo artisticamente maturo, capace di far riflettere sul nostro essere, sul nostro porci al mondo, sull’essere nella trincea della vita. I brani proposti nell’album sono pregni di sonorità e significati che mostrano la capacità della band di assorbire esperienze diverse, estremamente eterogenee, vissute nella quotidianità oltre che sul palco, trasformandole in pura energia in musica. Ogni nota ed ogni brano, fondendo insieme indie-rock, country desertico, psichedelia, shoegaze, post-noise e ballate alt-country, aprono chi ascolta alla magia delle più audaci avventure, di una memoria cui nessuno sfugge. “Red Line”, prima traccia dell’album, è una ballata dance-psichedelica in cui si intravedono echi di sitar indiani e tamburi in lontananza, che diventano una vera e propria esplosione sonora nel finale. Vertiginosi, invece, i ritmi di “Fields of Stone” e di “Pavement” con tratti addirittura neo-psichedelici, “Falling Grace”, poi, può definirsi una vera esplosione di indie-rock, che riporta all’ultimo decennio del ventesimo secolo. Il pop a blues in “Living on Saturday”, ci riporta ai ritmi di una New Orleans scatenata e intimista allo stesso tempo. In questa varietà di proposte musicali non poteva, poi, mancare la poesia, ed eccola lì, arrivare con le note del decimo brano, “Daydream”, tratta da una poesia di Daniela Pagani. Adrenalina, vitalità e allo stesso tempo raffinata eleganza, nei brani di “Trenches”. Ascoltando la musica degli Stolen Apple, sovviene alla mente la filosofia del “panta rei”. Parole, musica, melodie si fondono come le onde di un fiume che scorrendo scava con le sue acque solchi profondi, crea nuove strade azzurre, e mentre percorre campagne e città, con la sua impetuosa vitalità affascina quanti lo guardano, lo ascoltano, assorbendone l’energia e la vita. La musica degli Stolen Apple è come quel fiume, e continua a viverti dentro anche nel silenzio. - ALBATROS MAGAZINE di LUCIA DE CRISTOFARO


"INTERVISTE - INTERVIEWS"

Intervista alla Band “Stolen Apple”: “Ricominciamo insieme ad amare le piccole cose”.

D: Salve ragazzi, raccontate la vostra genesi a chi non vi conosce.

R: Gli “Stolen Apple” sono un gruppo indipendente fondato sulla musica, e sull’amicizia. La genesi della band è datata 2008, ma il principio di tutto va molto indietro nel tempo, e parla di ricordi adolescenziali legati alle prime sperimentazioni che ognuno di noi rispettivamente (e a tratti nel percorso insieme), con la curiosità che non ci ha mai abbandonato, ha cercato di trasformare in musica, con il desiderio (quasi bisogno) di costruire qualcosa di tangibile che potesse restare immutato nel tempo. Non conoscevamo la storia di Ernst Lossa, bambino nomade ucciso dai nazisti prima della seconda guerra mondiale durante la loro eutanasia selvaggia, fino a rimanerne quasi smarriti durante la narrazione di Marco Paolini nel racconto “Ausmerzen”. La brutalità di quegli avvenimenti nei confronti di chi veniva considerato diverso ed inferiore, e che invece possedeva un animo superiore ed altruista (Ernst rubava le mele nella clinica di Irsee dove era ricoverato, e le regalava agli altri bambini internati), ci ha fatto capire che ognuno di noi dovrebbe regalare un po’ di se stesso, ogni giorno, agli altri: quello che cerchiamo di fare con la nostra musica, che può contenere o no messaggi di qualsivoglia tipo, ma che in “Trenches”, il nostro album di debutto distribuito da Audioglobe, ci avvicina ad un pensiero bellissimo: se hai qualcosa di positivo da dire e da costruire, non esitare a farlo.

D: C'è un evento che ricordate con entusiasmo e di cui vi va di parlare?

R: Gli elogi di Dan Stuart (frontman dei Green On Red, band americana degli anni ‘90 fautori del Paisley Underground) dopo un nostro concerto, rimarranno scolpiti nelle nostre menti.

D: Quanto siete maturati, sia umanamente che artisticamente, dal vostro primo lavoro musicale all'ultimo?

R: L'uscita di “Trenches” (a Settembre 2016) ci ha fatto capire quanto il lavoro premi gli sforzi, ma non per questo non si possa continuare a migliorare nel tempo, collimando alcune sfaccettature personali che possono, e devono, essere messe a servizio del collettivo. Trovare la giusta sintonia tra di noi è alla base della realizzazione della nostra attività, questa è una regola che prescinde dall’attitudine individuale. L'ndipendenza che ci contraddistingue sta proprio in questo: lavorare per il gruppo, per allontanare l’egocentrismo.

D: Ci sono tematiche particolari di cui parlate nei testi delle vostre canzoni?

R: Non ci sono tematiche distintive, ogni brano parla di ricordi, fatti personali o comuni. Proprio perchè la vita è un mosaico infinito composto di colori, suoni o immagini che possono riportare alla mente temi attuali o fantastici, cerchiamo sempre un collegamento ipertestuale con noi stessi, per estendere il concetto di creatività. Quindi i testi parlano di noi, quando la musica prende il sopravvento su tutto il resto.

D: Scegliete 3 aggettivi per descrivere voi e 3 per rappresentare la vostra musica.

R: Fragilità, compattezza, resilienza. Indipendente, carismatica, stoleniana.

D: Promuovetevi con uno slogan.

R: Ciò che non uccide, fortifica. Perchè nella vita non devi essere forte, ma più forte.

D: Se vi fosse possibile parlare al mondo intero, cosa direste?

R: Di ascoltare la nostra musica. E se dopo siete sopravvissuti… ricominciamo insieme ad amare le piccole cose. Perchè è proprio da queste, che possiamo far rinascere le grandi. - RADIO SCIA BLOG


"Recensioni - Reviews"

L’album di Stolen Apple fonde generi e sonorità differenti per raccontare esperienze ed emozioni.

Si definiscono curiosi e debuttano sul mercato discografico con un album che vuole abbattere le trincee che ingabbiano la mente. Sicuramente sono molto coraggiosi e poliedrici: sono Stolen Apple, band fiorentina dai connotati ambiziosi che nel suo primo lavoro ha saputo unire il coraggio di staccarsi dai trend del momento con il felice connubio tra le caleidoscopiche sfaccettature dei suoni e la ricerca di un’intimità attraverso le parole. L’album contiene dodici canzoni intrise di sonorità eterogenee e significati ambivalenti che richiamano emozioni e che rapiscono l’ascoltatore trasportandolo in dimensioni d’abbandono. Dodici brani per dodici finestre su ricordi, storie e avventure. Contaminazione e fusione sono le parole d’ordine del sound che propongono i quattro componenti del gruppo: un sound che oscilla dal grezzo allo psichedelico e che miscela, al naturale, rock alternativo di varie scuole (soprattutto americano anni '90), country desertico, psycho-punk, shoegaze, paisley underground, pop-noise, ballate acide e sonorità alt-country. Il tutto viene espresso senza cliché, ostentando un palese disinteresse per i paletti dettati da generi, mode e tecniche. La voglia di scardinare le regole è evidente anche nel titolo dell’album: Trenches (trincee), fortemente evocativo, vuole denunciare le gabbie moderne all’interno delle quali fuggiamo spesso con le nostre fragilità, riplasmando inesorabilmente le prospettive di vita. Le trincee degli Stolen Apple sono anche l'emblema delle barriere che l'uomo si è costruito nel tempo. Sono paradossalmente la fiducia in coloro che non conoscono divisioni, razzismo, violenza o guerre, ma che anzi nella più totale disperazione, pensano agli altri, senza i quali la propria felicità, e quindi la vita, non avrebbe senso. I brani di Trenches, nonostante gli anni di palco che può vantare il gruppo, mantengono una certa ingenuità che seduce l'ascoltatore catapultandolo tra voci distorte, lamenti di disagio e malinconia. La musica di questi toscanacci è piena di energia, ma non per questo scevra di sfumature e raffinate trovate che costituiscono un promettente biglietto da visita per la loro carriera. Ne sentiremo sicuramente ancora parlare in futuro. In bocca al lupo, ragazzi. - LPL NEWS 24 di PAOLO ANTONIO MAGRI'


"Interviste - interviews"

Ciao ragazzi come va? Innanzitutto benvenuti sulle nostre pagine..........raccontateci come si è formata la band.....

Tutto a meraviglia, grazie! Il progetto Stolen Apple ha preso vita durante il 2008 dopo lo scioglimento dei Nest, band nella quale suonavano Riccardo e Luca (chitarre e voci), a cui poi si sono aggiunti Massimiliano Zatini al basso, ed Alessandro Pagani alla batteria.
Come mai avete scelto questo nome? E cosa rappresenta per voi?
Il termine mela rubata l'abbiamo 'rubato' a Marco Paolini, che durante il suo racconto "Ausmerzen" ha voluto ricordare Ernst Lossa, bambino 'diverso' secondo i nazisti - ma assolutamente normale per tutti gli altri - a cui è stata tolta la vita precocemente in nome e per conto della pulizia etnica verso gli individui non 'accettabili'. In pochi conoscono questo sterminio, che è costato la vita a più di 70.000 persone, ancora prima della Shoah. Il significato del nostro nome è in memoria di Ernst, perchè nella disperazione di quei giorni e resistendo per quasi un anno, quel bambino rubava le mele per offrirle agli altri piccoli rinchiusi. Il suo messaggio rimane universale: non siamo nessuno senza gli altri, ma siamo tutto quando esistiamo insieme.

Avete tematiche principali per la stesura dei testi? O un argomento in particolare da cui traete maggiore ispirazione?

Viviamo di estemporaneità, sebbene legata da fili invisibili che ci accomunano. Noi ci guardiamo sempre attorno, per elaborare pensieri e sensazioni secondo le nostre attitudini principali. Alla fine gli argomenti sono ciò che siamo, la fragilità dell'essere umano e la violenza del nostro tempo, che si scontrano continuamente con la bellezza di tutto ciò che abbiamo: la vita.

Come viene scelta la cover della vostro album? E secondo vuoi quanta importanza ha?

La cover di "Trenches" è una foto scattata da Francesco, il figlio più piccolo di Riccardo, nelle colline intorno Firenze. Racchiude il momento che viviamo, freddo e quasi innaturale, ma allo stesso tempo attraente. Sicuramente la cover di un disco può svelare molto, ma sono i contenuti che devono sorprendere.

Come nasce una vostra canzone? Prima il testo o la musica?

Accade tutto allo stesso tempo. Perchè tutto venga saldato e non vi siano spazi vuoti da colmare in un secondo momento, quando l'ispirazione ci coglie, ci affidiamo ad entrambe le cose contemporaneamente, cercando sempre di unire, quando ci riusciamo, testo e struttura musicale. Altrimenti, cambiamo subito strada.

E' uscito da poco il vostro album, cosa vi aspettate dalla critica e dai vostri fan? Come promuovete la vostra band?

In generale l'album ha avuto ottimi consensi da parte dei media, soltanto in pochi casi i pareri sono stati contrastanti. Dovremmo sempre considerare lo stato d'animo di chi ascolta, che non può e non dev'essere per forza omogeneo. Ad essere sinceri, alcuni critici si sono soffermati un pò troppo sulla pronuncia inglese, quando in fin dei conti, la lingua è semplice veicolo emozionale a cospetto della musica e del suoi innumerevoli significati. Secondo noi va tenuto conto delle esperienze e delle percezioni di chi giudica qualcosa, in base alla propria maturità e competenza, senza mai snaturare le proprie impressioni a beneficio di correnti o mode fasulle: ovvero cercare sempre di essere se stessi. Forse anche per questo ci piace cantare con la nostra pronuncia inglese esclusiva, che può sembrare atipica e fuori dal tempo, ma che a noi risulta reale. Riguardo la promozione, siamo completamente autodidatti: contattiamo i media, e li seguiamo fino alla pubblicazione o ai passaggi radio/tv.

Descrivete la vostra musica in 3 aggettivi....

Postmoderna, energica, pertuttigusti (abbiamo coniato un nuovo aggettivo....)

Che ne pensate della musica in freedownload?

Per una band esordiente come la nostra (anche se tutti abbiamo alle spalle ormai trent'anni di bagaglio artistico), ben venga, se serve per farsi conoscere. A livelli più alti, sicuramente può danneggiare l'immagine del musicista, ma questo possiamo soltanto dedurlo.

Avete in programma dei live?

Saremo al "Nof" di Firenze il 7 Aprile, successivamente al "Porto di Mare" ed al Circolo "Il Progresso", sempre nella nostra città.

Con che band vi piacerebbe condividere il palco?

Un nome per tutti? The Flaming Lips.

Progetti futuri?

Faremo le musiche ad alcuni 'corti' per gli allievi di una scuola di cinema di Firenze, ed a seguire, un nuovo video. A dire la verità, stiamo già fremendo per il nuovo disco. Perchè "Trenches" è stato un'apripista eccezionale: abbiamo capito dove abbiamo commesso qualche errore, e non vediamo l'ora di rifarlo.....eheheh

Ringrazio molto e come sempre l’ultima parola va alle band per le conclusioni.

Anche noi vi ringraziamo, e vi invitiamo a seguirci nelle nostre nuove avventure che sicuramente ci vedranno protagonisti in un futuro non tanto prossimo. Troppo ottimisti? ...... E perchè no? - UNDERGROUND ZINE di Martina Tosi


"Interviste - interviews"

Stolen Apple, l’indie e alternative rock targato Firenze

«Rintanandoci nelle trincee dell’anima, cerchiamo una risposta alle nostre vite»

Dare una classificazione della loro musica sarebbe alquanto riduttivo. Sono catalogati sotto il genere alternative rock o indie-rock, ma preferiscono definirsi post rock. Nel loro primo album Trenches, pubblicato il 23 settembre scorso, troviamo sonorità complesse, molto eterogenee, con influenze che arrivano dall’ambiente alternativo americano degli anni ’90, con digressioni post punk e una caratterizzazione psichedelica preponderante. Ma ci sono anche contaminazioni folk e blues con la presenza di ballad delicate, dal ritmo più soft ed elegante. La band fiorentina Stolen Apple ha creato con questo disco un mix decisamente originale, una sferzata di energia da cui emerge la passione dei quattro musicisti: Riccardo Dugini (voce e chitarre), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica) e Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni). Tutti i componenti calcano i palchi dei live già da diversi anni e sono stati attivi in altre formazioni. Stolen Apple nasce nel 2008, dalle ceneri del gruppo Nest, del quale Dugini e Petrarchi erano fondatori. A loro si aggiungono, negli anni, Zatini e Pagani. I 12 brani di Trenches rappresentano un lavoro collettivo, la summa delle loro esperienze. Sono canzoni che ci parlano di speranza per il futuro e disillusioni, di fragilità e di libertà, di ricordi vivi e di malinconia. Ogni brano, nella sua identità, ha la capacità di far provare emozioni e suggestioni. Ne parliamo con Alessandro Pagani, che ringraziamo per la disponibilità a questa breve intervista.

Ascoltando Trenches, questo vostro lavoro così poliedrico, è facile immaginarvi davvero in trincea, a difendere la scelta di fare la vostra musica… così Stoleniana, perché non c’è altro modo di etichettarla. Quanto è difficile, al giorno d’oggi, nel mondo della musica, restare indipendenti senza cercare di seguire la via più facile, quella che va incontro alle tendenze più commerciali?

Non abbiamo mai trovato complicato essere indipendenti per svariati motivi, primo fra tutti la consapevolezza di rimanere sempre noi stessi a qualsiasi costo. Niente di trascendentale in questo, se non la semplicità di fare quello che più ci piace, ovvero suonare la nostra musica. Che può essere imperfetta e a volte grezza, ma che ha sempre raffigurato la quintessenza di ciò che siamo. Oltretutto, riuscire ad essere indipendenti porta ad esprimere una vasta gamma di emozioni e creatività, ciò che l’arte nel suo significato più intrinseco richiede. Nel caso di una propensione verso cose più prettamente commerciali, di cassetta, l’inventiva può trovarsi invece di fronte a limiti talvolta invalicabili.

Qual è il vero significato di questo titolo?

Davanti alla parola trincea, la maggior parte delle persone penserebbe alla guerra… ma le trincee sono soprattutto dentro di noi, questo giustifica le barriere materiali, i ripari dal nemico/amico, la distanza di sicurezza con cui ci dividiamo dagli altri, nella nostra contemporaneità. Così abbiamo voluto non dimenticare che, nonostante l’evoluzione dell’uomo, la tecnologia che ci viene in aiuto, e la ricerca continua della felicità (che qualcuno chiama benessere), le barriere che ci dividono e ci allontanano sembrano ancora insormontabili. Dovremmo fare più violenza verso noi stessi per vincere le inquietudini, ed imparare ad usare l’aggressività in maniera esclusivamente costruttiva. Contrariamente, invece, la violenza alimenta la paura stessa. Chissà se ci riusciremo mai…

C’è una ragione particolare, anche tecnica, per la preferenza della lingua inglese nella stesura dei testi?

La ragione tecnica è perché, con una frase in inglese di poche parole, puoi dire un sacco di cose, con l’italiano questo non accade. Inoltre, in inglese si usano molte più vocali, e su queste si può maggiormente sostenere una melodia o una frase musicale. Usiamo l’inglese come strumento espressivo un po’ perché il nostro background musicale è costituito da moltissima musica straniera, ed un po’ perché, fondamentalmente, l’inglese ci ha sempre attirato di più rispetto a tutte le altre lingue. In ogni caso, la nostra scelta è una semplice circostanza espressiva, la lingua non deve essere un fattore decisivo nella complessità dell’opera di un artista.

In Trenches si può riconoscere una notevole ricerca e cura del sound e degli effetti sonori. Per quanto riguarda i testi, alcuni brani sono più ermetici col rischio di perdere in immediatezza. È giusto pensare che vi siate più concentrati sulla musica piuttosto che sulle parole?

Sì, può essere, anche se non abbiamo mai dato più importanza ad una caratteristica rispetto ad un’altra. L’introspezione di alcuni testi fa parte di noi e pensiamo che in alcuni momenti sia necessaria: alcune peculiarità devono sempre rimanere un po’ nascoste, perché preziose. Ci piace però sottolineare il fatto che i nostri testi seguono sempre gli aspetti musicali, come le scene di un film, dove i contenuti diventano immagini: così i nostri brani cercano di suscitare emozioni a prescindere dalla tecnica costruttiva. Qualche volta riuscendo in pieno, altre forse meno. Pensiamo che ogni composizione si possa prestare in maniera diversa al fruitore, così come un’opera artistica può essere letta in maniera differente da ognuno di noi. La bellezza della creatività sta anche in questo.

Quali sono i vostri progetti futuri? Avete in programma un tour per presentare l’album live?

Abbiamo diversi progetti in cantiere. Innanzitutto continuare a presentare l’album dal vivo (non sarà un vero e proprio tour), poi girare il secondo video, prestare le nostre musiche per una scuola di cinema di Firenze, ed infine iniziare la stesura dei brani per il secondo album, che inutile dirlo, vi vedrà sicuri testimoni per la seconda volta. Per questo, e per lo spazio che ci avete dedicato oggi, vi ringraziamo con affetto. - IL FASCINO DEGLI INTELLETTUALI di LORENA NESI


"Interviste - interviews"

Nel settembre 2016 è uscito l'album di debutto degli Stolen Apple, intitolato Trenches. A poco più di sei mesi da questa uscita, approfondiamo la conoscenza del gruppo, con qualche domanda di approfondimento.

Provenite da Firenze, una città che è stata molto fertile per la nostra musica italiana...

Credo vi riferiate al periodo degli anni ’80, quando la citta’ divenne una sorta di 'factory' italiana di fermenti new wave che sono stati una vetrina anche a livello europeo....di sicuro quel periodo e’ stato fertilissimo: realta’ di grande rock italiano come i diaframma ed i primi litfiba sono nate all’epoca, e non vogliamo dimenticare altri nomi, forse piu’ di nicchia, come i grandissimi Pankow, i Neon, i Rats, Leanan Sidhe....Finito quel breve periodo, eccetto per i protagonisti che ancora sono aggrappati a quel riflesso sotto il Ponte Vecchio, per pareggiare i conti con la storia, Firenze ha prodotto successivamente alcune figure della musica pop degne di una vendetta del Perseo....

Ci raccontate qualcosa delle vostre esperienze precedenti agli "Stolen Apple"?

Massimiliano e si e’ cimentato anche con altri generi musicali, suonando con gruppi folk e rock anni ’70, bossa nova e jazz, nonche’ collaborando a qualche spettacolo teatrale. Lui e’ stato, con Riccardo, uno dei membri fondatori del primo gruppo, gli Stout, che, nei lontani anni ’80 ha “abitato” la stanza prove ricavata nella cantina di casa di Riccardo. Luca ha sceso le scale della stessa cantina all'inizio degli anni '90 con curiosita' ed emozione, e non se n'e' mai piu' staccato. Alessandro, che aveva gia' partecipato con i Malastrana (una delle vecchie formazioni dello stesso nucleo, prima che diventassero Nest) ad un album nel 1998, proviene invece dai Valvola e da Shado Records, con cui ha lavorato fino al 2007.

Come si è formato il gruppo attuale?

La band si è formata a Firenze nel 2008 dalle ceneri dei Nest: da quel nucleo originario, restano due membri fondatori, ovvero Riccardo Dugini (voce, chitarra), e Luca Petrarchi (voce, chitarra); a completare l’organico Massimiliano Zatini, già aggregato ai Nest come percussionista in alcuni esperimenti acustici e qui al basso, ed Alessandro Pagani alla batteria.

Qual'è il significato del vostro nome, "Stolen Apple"?

Il nome della band è stato ispirato dalla storia di Ernst Lossa, bambino jenish ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti, narrata fra gli altri da Marco Paolini nel suo spettacolo "Ausmerzen”. Ernst, rinchiuso nel sanatorio dove i nazisti volevano 'curarlo', rubava le mele della dispensa per dividerle con gli altri bambini.

L'ascolto del vostro album d'esordio "Trenches" porta la mente a sonorità americane. Di quali gruppi siete debitori secondo voi?

La lista sarebbe lunghissima, anche perche’, nel pensarla, non ci vengono in mente gruppi solo apparentamenti per sonorita’, ma anche per ispirazione a livello di poetica, di trasmissione messaggi, modo di fare musica....di sicuro Dinosaur Jr, Slint, Sonic Youth, ma anche padri putativi del calibro di Dylan e Young, senza dimenticarsi mai Who, Lou Reed, Stooges, i Love dello strepitoso Arthur Lee, Fuzztones, il menestrello elettrico Billy Bragg ed i geni sfortunati Nick Drake ed Elliott Smith, quegli autentici fenomeni della psichedelia anni ’80 dei Bevis Frond....da qualche parte spuntano anche Chaplin, Laurel & Hardy e Buster Keaton: sembrano non entrarci niente col resto, ma se sono sulla copertina di Sgt. Pepper, forse un motivo c'e'.

Quanto tempo ha richiesto la realizzazione di questo album? E' nato con immediatezza, o ha richiesto un lavoro di affinamento?

Quando alessandro pagani si e’ unito al gruppo, nel Settembre 2014, provenivamo da un periodo abbastanza lungo di stallo, sia in termini progettuali che di situazioni dal vivo. La precedente esperienza di registrazione non ci aveva completamente soddisfatto, avevamo pero' alcuni brani gia’ in forma compiuta, come ad esempio “Green Dawn”, “Red Line” o “Living on Saturday”, altri solo in forma abbozzata. La rapidita’ e lo spirito con cui Alessandro si e’ integrato a noi, ci hanno consentito di rendere tutti questi spunti, provenienti da un arco temporale abbastanza dilatato, omogenei e compatti in modo significativo; e questo ci ha spinto a ripetere l’esperienza della registrazione, che e’ avvenuta tecnicamente in tempi molto stretti: poco piu’ di due giorni di presa diretta a tracce separate per le basi strumentali, forse altrettanto per le voci con pochissime sovraincisioni.

La fase di registrazione ha prodotto proprio quello che avevate in mente? Oppure avete lasciato un certo spazio all'improvvisazione?

La realizzazione nello studio casalingo di Niccolo’ Gallio ci ha messo notevolmente a nostro agio, consentendoci di catturare la stessa atmosfera live delle nostre prove in cantina: cio' che cercavamo, e che in "Trenches" abbiamo cercato di riprodurre. Le strutture dei brani non sono complesse e le avevamo ben memorizzate prima; in fase di missaggio abbiamo poi optato per un suono monofonico, che restituisse nel modo piu’ fedele possibile quello che siamo. Le idee aggiuntive hanno riguardato poche rifiniture, come ad esempio l’armonica in “Daydream”, il sinth su “Pavement, la doppia voce registrata da riccardo su “Falling Grace”, ed alcune linee di percussioni.

Oltre che ad ispirarvi alla scena estera, l'utilizzo della lingua inglese fa pensare che puntiate più al mercato "globale" che a quello italiano

Non ci siamo mai posti un obiettivo preciso, sicuramente il nostro genere ha molte piu’ radici oltre manica che non nel Mediterraneo, anche se non ci dimentichiamo chi siamo e lo dimostriamo nell’unico strumentale che abbiamo mai composto, “Danza Del Ventre”, che tuttora ci diverte molto suonare. Forse c’entra qualcosa col genere o forse no, ma quando suoniamo dal vivo, e’ molto piu’ facile che sia qualche straniero a manifestarci i suoi pareri in merito. Gli italiani, misteriosamente, negli ultimi anni sembrano diventati un popolo che, con lodevoli ma rare eccezioni, si interessa alla musica solo come sottofondo ad un aperitivo.

Ci potete parlare dei testi? Come sono nati? Vi fate più influenzare dalla letteratura, dal cinema, o alla vita "reale" per comporli?

Ci fa piacere rispondere a questa domanda, perche’ l’attenzione alle parole di un brano non e’ patrimonio diffuso. Di norma partiamo sempre da uno spunto musicale per poi strutturare la canzone, quindi i testi vengono creati cercando una funzionalita’ metrica e contemporaneamente un significato emozionale. Per quanto riguarda “Trenches”, in molti casi si tratta di quadri tratteggiati, a volte una strofa offre immagini differenti alla successiva, come in “Sold Out” o in “Falling Grace”, dove siamo stati piu’ “visionari”, mentre invece altre narrano di situazioni piu’ compiute, come in “Something In My Days”. In ogni caso le liriche attingono sempre e comunque ad esperienze e sensazioni personali, provenienti dal quotidiano di ciascuno di noi.

Potete raccontarci qualcosa dei testi di alcuni brani presenti nell'album? Nell'album, oltre ai classici brani di lunghezza più o meno standard, avete anche "osato" un pezzo da 7 minuti, "Pavement" che ha un riff che riappare più volte.

Come abbiamo accennato prima, senza la pretesa di voler lanciare messaggi o comporre in modo stilisticamente elevato, cosa tra l’altro resa complicata dall’uso dell’inglese, per noi scrivere buoni testi e’ importante. In “Daydream” abbiamo voluto fare un omaggio a Daniela Pagani, sorella di Alessandro, purtroppo prematuramente scomparsa, adattando una sua bellissima poesia; “Living on Saturday” gioca con le parole intorno ai vuoti di una relazione finita. Gli altri brani, a partire proprio da "Pavement", parlano di personaggi che non potremmo definire dei vincenti: gente che vive soffre gode scopa e guarda la vita dalla porta posteriore, che viene sfrattata dai banchieri e dalla finanza pervasiva, che si fa ingabbiare per la tav, che coltiva sogni, che si nasconde nella provincia, che scrive canzoni notturne su amori inconfessabili, che ha voglia di scappare da dove tutti sono scappati.....

La passione per la musica ha attraversato i decenni. Come valutate i cambiamenti che si sono susseguiti?

Abbiamo iniziato a suonare un po' per curiosita', molto per bisogno, cercando di utilizzare la musica come strumento per sviluppare una coscienza intima e personale da paragonare prima di tutto con noi stessi, poi con gli altri. A quell'epoca, l'istinto e la passione venivano sopra ogni cosa: non si parlava troppo ne' di mercato, ne' di classifiche, tantomeno di consumismo o di imprenditoria connesse all'arte e alla creativita' soltanto per interesse. Valeva soltanto la voglia di suonare il piu' possibile, cimentandosi ed evolvendo assieme alla musica, e trovando riscontri inaspettati da parte dei media e da chi, con crescente curiosità, ascoltava i nostri suoni. Quest'attitudine, che personalmente non ci ha mai abbandonato, sembra essere venuta meno nel tempo, rispetto alla passione per la musica....certo crediamo possano ancora esistere realta' collegate alla "complessita' semplice" di un progetto artistico, che secondo noi deve contenere quasi totalmente identita' soggettive, esclusive e pure. Per questo sapere che alcuni locali oggi chiedono soldi per far suonare giovani bands, oppure andare ad assistere ad un concerto ed accorgersi che l'unico interessato sei tu, ed il fonico di palco, e' veramente triste. Puo' darsi che adesso ci siano troppi interessi legati alla musica, e allo stesso tempo piu' diversivi che distraggono: manca ai piu' giovani (e non solo) la cultura del silenzio e dell'ascolto.

Quali sono i vostri progetti per l'imminente futuro? Tour? Nuovo materiale?

Daremo le nostre musiche per una scuola di cinema di Firenze, inizieremo le riprese del secondo video, mentre abbiamo gia' cominciato a comporre nuovi brani per il secondo disco. Per quanto riguarda le date dal vivo, oltre ad alcune esibizioni live presso alcune radio, abbiamo in programma un paio di concerti a Firenze e provincia. Ci piacerebbe provare ad uscire dalla nostra citta', per conoscere le reazioni di un pubblico che non ci conosce, o perlomeno, che non ci ha mai visti suonare dal vivo. - ESTATICA di Fabrizio Pucci


"Recensioni - reviews"

Trenches degli Stolen Apple è un esordio maturo, riuscito e appassionante. Ma andiamo con ordine e vediamo come tutto ha avuto inizio iniziato. È il 2008 e siamo a Firenze. Gli attori protagonisti sono: Riccardo Dugini (voce, chitarra), e Luca Petrarchi (voce, chitarra), entrambi ex membri dei Nest. Da lì a breve si aggregano Massimiliano Zatini al basso e Alessandro Pagani, batterista dei Subterraneans e attivo presso la realtà di Valvola/Shado Records. La formazione è conclusa: non resta che suonare e dopo tanti anni passati sui palchi italiani, possiamo finalmente ascoltare il loro primo prodotto discografico, Trenches .

Dai primissimi ascolti, l’aspetto che più colpisce del lavoro è la potenza del suono. L’impatto è impetuoso e gli Stolen Apple riescono in maniera genuina e incisa a rendere anche in sala di registrazione la forza di un suono live intessuto tra gli scambi delle chitarre, la voce (che canta in inglese) e la sezione ritmica. Una maturità e un “self control” compositivo lampante, un uso dei proprio mezzi ben calibrato ed espresso nella bravura con cui il gruppo alterna il proprio registro di generi. Trenches – nome che rievoca la terribile vicenda di Ernst Lossa, bambino jenisch ucciso durante la guerra dai nazisti nell’ implicazione del folle progetto di sterminio degli individui non autosufficienti – è composto da dodici tracce e si passa così dall’indie rock con venature shoegaze e psych all’alt country. È un lavoro composto da una stessa anima rock dalle interessanti e molteplici sfaccettature: la band sa come accelerare sfociando in ruggenti sfuriate rock e quando rallentare per delle intense ballate rimanendo sempre coerente.

L’uno-due iniziale è molto buono: abbiamo l’elettrico crescendo di “Red Line” e la potenza di “Green Dawn”. E che “Pavement” sia un poco velato omaggio ad una band i cui echi musicali si senteno spesso nel disco? Parlavamo di chitarre in primo piano e “Falling Grace ” vale più di mille giri da parole. “Mystery Town” invece è la ballata desertica che si accompagna perfettamente allo scenario impresso nella copertina di Trenches: un album che non concede abbassamenti di livello e di interesse d’ascolto, anzi. La track list è ben congegnata nell’alternanza delle varie impronte musicali, fornendo un discorso musicale molto coerente e gradevole.

In conclusione, Trenches degli Stolen Apple è un’uscita discografica da non perdere nel maremagnum musicale alternativo attuale. Un prodotto Made in Italy di taglio internazionale ispirato ed energico. Da ascoltare a ripetizione, nell’attesa di vedere la band dal vivo nella vostra città. - FLANERI' di Alessio Belli


"Recensioni - reviews"

UKIZERO di FEDERICA DELL'ISOLA
Ormai nel 2017 quella di inserire delle gran chitarre nei propri pezzi è una scelta che denota grandissimo coraggio. È questa la prima parola che mi viene in mente ascoltando “Trenches“, il primo disco dei Fiorentini Stolen Apples: coraggio! Le idee ci sono, le sonorità british anche, e anche il fatto di voler ripresentare suoni che hanno eco di Joy Division, Primal Scream e chi più ne ha più ne metta dimostra come la band non sembri affatto spaventarsi di fronte ai grandi della musica da cui hanno attinto a piene mani, senza però sfociare nella copia scimmiottata. Le chitarre, dicevo. La loro linea melodica è decisamente l’aspetto di maggior rilevanza dell’intero lavoro: bella, importante mai eccessiva. Caratteristica oltremodo apprezzabile per chi, come me, pensa che il suono di una Sratocaster valga più di mille musichette sintetiche che vanno tanto di moda negli ultimi tempi. Tuttavia, c’è una critica da fare. La scelta di cantare in inglese sicuramente rimarca il coraggio di cui dicevo prima. Tuttavia, una volta intrapresa questa strada stilistica, non può non prestarsi attenzione alla pronuncia. Purtroppo, come spesso accade nei dischi degli artisti italiani che decidono di cimentarsi con la lingua straniera questa attenzione non c’è e ciò tende a far perdere i testi di mordente denotando al contempo un po’ di scarsa attenzione al dettaglio. A parte questo appunto, il disco si presenta come un lavoro focalizzato sulle diverse sfumature della musica “alternativa” spaziando dall’indie rock di “Falliing Grace” allo shoegaze di “Sold Out“, passando anche per ballad rock come “In The Twilight“, brano che chiude il disco. I pezzi, quindi, non annoiano e dimostrano una solidità musicale e stilistica di base che permette di ben sperare per il prossimo lavoro. - UKIZERO di FEDERICA DELL'ISOLA


"Recensioni - reviews"

At first glance the biblical referential band name, and the sombre, war-influenced title and bleak cover images (dogs leap over a tangled hedge in grainy black and white on the inside of the booklet, surely referencing soldiers leaping from trenches to charge to their inevitable death in wars of yore; a bright red flower grows through cracks in the pavement underneath the CD tray), we can be forgiven for having expected a dark, brooding, album of pointed heavy metal. Instead, we have an Italian foursome with one eye firmly on the nineties – guitars jangle as much as they crunch; there’s more melodic interplay than heavy riffing; the arrangements are textured and balanced in their subtlety – room is given between notes to accentuate melodies and hooks; there’s even elements of Sonic Youth-styled drone-noise and dreamy shoegaze, whilst Daydream’s Dylanesque harmonica atop a psych-folk groove, and Sold Out’s post-punk cool remind us of The Flaming Lips or Beck, and closer In The Twilight could fit comfortably into Serge Gainsbourg’s ‘70s repertoire. There’s a real soundscape vibe to Trenches – not far removed from a soundtrack score, even – but still the feeling remains that perhaps this record was crafted in the studio, and it would be intriguing to hear how these accomplished songs would develop after being road tested live for a while. - 100% ROCK MAGAZINE AUSTRALIA by SHANE PINNEGAR


"INTERVISTE - interviews"

Lui è Alessandro Pagani, cantante della band emergente fiorentina “Stolen Apple” formatasi nel 2008 oggi alle prese con Trenches, il nuovo album in uscita lo scorso settembre. Dentro alle sue parole c'è un mondo pieno di melodie diverse che si fondono e si confondono nella storia e letteratura di tutta la fragile umanità. Alessandro ha deciso di raccontarsi ad Italia Notizie, ecco cosa ci ha detto nell’intervista curata da Federica Bianco:

C'è una relazione tra Stolen Apple, il nome della band e Trenches, il nome dell'album?

“Si, in qualche modo c'è una correlazione perché Stolen Apple proviene dal libro di Marco Paolini intitolato “Ausmerzen”, in cui racconta la vicenda avvenuta a Ernst Lossa. È stato uno dei primi bambini giustiziati dal nazismo durante la loro eutanasia selvaggia, così la chiamavano. Rinchiudevano i bambini “diversi” - tra virgolette precisa il cantante - , in realtà lui non aveva niente di diverso perché era solo un bambino che aveva voglia di vivere. Questo si collega a Trincee perché vuole significare che la vita è continuamente una trincea. Non è mai cambiato il concetto di violenza; ancora oggi nel mondo, ci sono atti di violenza insopportabili. Le trincee non sono mai finite”.

Quando e come nasce la vostra passione per la musica? Chi sono i vostri modelli?

“I modelli sono innumerevoli. Noi non siamo più ragazzi di primo pelo, ecco, siamo quasi sulla soglia dei 50, quindi parlarti della nostra esperienza artistica musicale e degli autori, compositori e fruitori della musica che abbiamo seguito, ci vorrebbe un libro intero! Noi abbiamo iniziato durante gli anni '80, quando Firenze era una factory a livello internazionale con la new wave e da lì è iniziata tutta la nostra passione. Ci siamo appassionati molto al punk, alla psichedelia, al chitarrismo anni '90 americano, addirittura qualcosa di folk, rock con Neil Young. Abbiamo innumerevoli nomi che ognuno di noi porta ancora con amore dentro di sé e questo si può sentire anche nella nostra musica”.

Qual è il motivo dei tantissimi riferimenti alla natura nelle vostre canzoni?

“Anche la copertina dell'album con un paesaggio abbastanza arido ricorda la guerra e la natura violenta dell'uomo. Infatti i nostri testi parlano molto di personaggi minori rispetto a chi invece vuole soprassedere sopra gli altri. Noi facciamo parte di questa resilienza dove la fragilità fa da padrona. Ci riteniamo parte di questo popolo minore che invece ha tante cose da dire”.

Quali saranno gli appuntamenti e progetti futuri della band?

“Stiamo promuovendo ancora il disco che è uscito a settembre. Innanzitutto attraverso le radio, suonandoci in studio, abbiamo un paio di appuntamenti vicini. Abbiamo ancora dei live sempre in zona, ci piacerebbe iniziare a suonare un po' fuori dalla Toscana per farci conoscere anche al di fuori della nostra cerchia. In più una cosa interessante: presteremo le nostre musiche alla scuola di cinema “Immagina” di Firenze per i loro allievi che realizzeranno dei corti. Stiamo componendo dei nuovi brani per il secondo disco e completando il secondo videoclip che sarà “Daydream”. È un brano scritto da mia sorella in italiano che io ho tradotto in inglese. Lei è una poetessa e racconta di questo suo sogno. Si immagina in un paese desolato, dove tutte le fontane perdono, trasbordano d'acqua, ma durante il cammino le fontane non perdono più. Una sorta di aggiustamento dal punto di vista onirico”. - ITALIA NOTIZIE di FEDERICA BIANCO


"Recensioni - reviews"

Gli Stolen Apple hanno rilasciato nel luglio del 2016 il loro secondo album “Trenches”. Il disco si apre con “Red Line”, brano dalle fortissime atmosfere rock anni ’70. Le chitarre risultano fin da subito in prima linea tessendo una trama melodica fatta da fraseggi che si intrecciano con la sezione ritmica. Il secondo brano “Green dawn” si apre con un incipit di batteria e chitarra, il brano si articola su sonorità tipicamente indie-rock. Molto ben curati i suoni e i fraseggi di chitarra, che riflettono egregiamente ciò che il brano cerca di esprimere con tutta la sua energia. “Fields of stone” terza traccia dell’ album, ha influenze grunge accostabili al sound dei primi Soundgarden. Il brano strutturalmente è molto simile ai due precedenti, anche se, in questo caso, le chitarre risultano a tratti eccessive, andando quasi a snaturare la direzione presa dal brano. Il quarto brano “Pavement” è sicuramente uno dei migliori del disco, finalmente le influenze musicali di tutti i membri della band escono allo scoperto rendendo il brano una commistione di generi che spaziano dalla psichedelia allo stoner, pur mantenendo una precisa identità. Interessante il breakdown poco dopo la metà del brano, che riflette una notevole intelligenza compositiva, rivedibile, invece il giro di basso che a tratti mostra qualche dissonanza con il resto degli strumenti, scelta certamente voluta ma a mio parere discutibile. “Falling Grace”, si apre con un incipit di chitarra in tipico stile anni ’90. Le sonorità del brano sono un misto tra il grunge, l’indie e il garage rock, il tutto risulta volutamente confusionario, le chitarre sovrastano per lunghi tratti gli altri strumenti. Da rivedere la performance vocale, poco energica rispetto al sound generale del brano. Il sesto brano “Living on saturday” è caratterizzato da sonorità anni ’70 che riportano immediatamente alla mente i Beatles. La linea vocale, i cori e la sezione ritmica rendono il brano evocativo e lievemente nostalgico. La batteria di Alessandro Pagani fa da introduzione a “Mistery town”, settimo brano del disco. “Mistery town” è sicuramente il brano in cui gli Stolen Apple riescono ad esprimere al meglio loro stessi, l’utilizzo dello slide sulla chitarra e del tremolo riescono a creare la giusta atmosfera al brano, che da all’ascoltatore la sensazione di trovarsi in una ambientazione western ma allo stesso tempo cupa e quasi dark in pieno stile Cure. A differenza degli altri brani un plauso va fatto all’interpretazione vocale, che è capace di trasmettere finalmente l’emozione giusta al brano. L’ottava traccia “Something in my days” è un brano rock dal ritmo incalzante, molto piacevole all’ascolto. Anche in questo caso una performance vocale migliore avrebbe potuto far rendere il brano al meglio e dargli la giusta energia. “More skin” nona traccia del disco è un brano rock con forti influenze anni ’90 dal sound immediatamente accostabile ai Pearl Jam, il che non è assolutamente un male. Il basso suonato da Massimiliano Zatini in questo brano risulta molto presente rispetto ai brani precedenti e riesce ad intrecciarsi perfettamente con la melodia creata dalle chitarre. “Daydream” decimo brano dell’album affonda le sue radici nel blues. A differenza degli altri brani “Daydream” è quasi una ballata elettrica in cui spicca una forte influenza del miglior Bob Dylan. Il brano nella sua interezza è godibile e catapulta l’ascoltatore nel pieno della “summer of love”, sicuramente un piacevole ritorno al passato. L’undicesima traccia del disco “Sold out” (fortunatamente non quella dei The Giornalisti), è un brano con atmosfere fortemente british. Il brano molto moderno nel suo approccio è piacevole e non stancante, energico al punto giusto. L’ultima traccia del disco “In the twilight” è un brano lento con sonorità rock anni ’90. In questo brano i sintetizzatori, dalla sonorità quasi ipnotica riescono a dare la giusta atmosfera al brano. In conclusione possiamo dire che “Trenches” un disco godibile e di piacevole ascolto, mancante però, di quell’energia che fa sicuramente la differenza tra un disco piacevole ed un ottimo disco. Se “Trenches” fosse uscito negli anni ’90 avrebbe sicuramente attirato le attenzioni di un più vasto pubblico, purtroppo non è stato così. - ITALIAN GUITAR TUBE di SIMONE GISON


"RECENSIONE - REVIEW"

Parto col giudizio finale, per essere alternativo. Niente male questi Stolen Apple, da Firenze. Loro alternativi non lo sono di certo, perchè fanno rock cantato in inglese, con echi grunge, e non resistono alla tentazione di definirsi Indie, come chiunque faccia musica e non sia famoso da 10 anni a ‘sta parte. Schitarrate sincere alla base di 12 brani onesti e suonati da gente che dimostra di aver dedicato alla musica tanto tempo, passione e anche del sano talento, che per emergere non guasta. Provo a fare un track to track, tanto detestato in altri siti che frequentavo da ragazzino.
Red Line: sincera ma troppo lunga.
Green Dawn: il suono vintage di chitarra la rende particolare ma la invecchia un po’ nel complesso.
Field of Stone: un ostinato di chitarra ben sorretto dalla ritmica, con urla terapeutiche.
Pavement: lamentosa, non noiosa, ma 7 minuti sono davvero troppi.
Falling Grace: Si poga, finalmente. Pollice in su per chi usa le bacchette.
Living on Saturday: una storia rock, gran bella storia.
Mystery Town: Ballatona, ispirata, batteria dai suoni crudi, slide a creare tensione.
Something in my days: Le chitarre mixate troppo alte non la rovinano, buona nelle intenzioni, ottima per il live.
More Skin: Ottima linea vocale, arpeggi azzardati il giusto. Le idee iniziano a ripetersi un po’. Gran finale.
Daydream: Benvenuta armonica, ci sta tutta. Riuscita.
Sold out: Se inizi con questo ritmo hai già vinto. Con questa chitarra e questa voce, poi, goleada.
In the Twilight: Un riassunto di tutto quanto sopra, per non fare sorprese nel finale.
Nel complesso è un lavoro che si ascolta con piacere, con idee ben sedimentate a delineare uno stile crudo, frutto di grande concentrazione compositiva. Mi trovo in difficoltà con i paragoni, e ritengo che per i miei nuovi amici fiorentini questa sia la notizia migliore. In un paio di passaggi (non di più), soprattutto per le intenzioni vocali, ho sentito i Wallflowers, ma (molto) più elettrici, meno Dylaniati. Avrei gradito un basso maggiormente protagonista, a togliere un po’ di palcoscenico a chitarre che si contendono lo scettro. Voce a tono e consapevole, testi non pervenuti, non imparerò mai a darci peso. Per la conclusione, rimando all’incipit. - IL TERZO LATO DEL VINILE di DAVIDE DI COSIMO


"RECENSIONE - REVIEW"

Trenches è il disco di esordio degli Stolen Apple. La band toscana si è formata a Firenze nel 2008, in seguito allo scioglimento dei Nest. Pur essendo al debutto discografico i membri degli Stolen Apple vantano quindi un’esperienza musicale piuttosto robusta. Il titolo dell’album e il nome stesso del gruppo rivelano una ben precisa concezione del fare musica. Non solo per divertimento, ma per trattare ed esplorare in profondità la storia e la natura umana. Stolen Apple, mela rubata, è infatti un omaggio a Ernst Lossa, ragazzo Jenisch ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti. Prima della sua iniezione letale Ernst visse per più di un anno in un istituto psichiatrico, un braccio della morte. Lì aiutava i pazienti più bisognosi ridotti alla fame rubando appunto per loro delle mele. Trenches sono le trincee delle nostre menti, i recinti che delimitano la nostra confort zone e ci impediscono di vivere davvero liberi. "La mente dell’uomo è in trincea, o le trincee sono nelle nostre menti?” Probabilmente entrambe le cose. La musica interviene a salvarci da queste vite trincerate. È forse uno dei mezzi che ci permette di evadere e gli Stolen Apple non possono che contribuire alla “fuga”. Il loro è un rock alternativo dal sapore anni ’90 che non manca di spunti punk, shoegaze, country, underground, blues… Gli Stolen Apple sono un po’ estranei alle tendenze contemporanee che sperimentano soprattutto nell’ambito dell’elettronica. Il suono è estremamente naturale, quasi da live e dà subito la sensazione della musica genuina di una volta, scevra di orpelli e modificazioni elettroniche. Più che all’originalità, Trenches, punta forse a raggiungere ben precise atmosfere e a portare all’attualità orizzonti di riferimento di qualche decennio fa. Ascoltando le tracce dell’album si ha l’impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di familiare, di già conosciuto. Eppure è come se ci sfuggisse dov’è che esattamente abbiamo incontrato quel qualcosa. Ed è lì che risiede gran parte della bravura di questi ragazzi. Tra ballate psicotiche, ritmi frenetici e rock incalzanti, sono i momenti di più ampio respiro quelli più apprezzabili. La voce ci conduce ipnotica e carezzevole nella “Mystery town” della traccia numero sette, in cui l’atmosfera rock desertica è resa ancor più efficace dai glissati della slide-guitar. La bella voce del frontman Luca Petrarchi è poi decisamente protagonista di “Something in my days”, una canzone coinvolgente che soprattutto nelle prime note rievoca forse un giovane David Bowie. “Daydream” è un connubio tra musica e poesia. Il testo è infatti tratto dai versi onirici di Daniela Pagani, poetessa e prima cantante fiorentina ad aver partecipato allo Zecchino d’Oro nel 1970, scomparsa prematuramente a 22 anni. Le parole sono accompagnate dagli accordi delicati della chitarra e dall’armonica, suonata da Massimiliano Zatini. Anche in questo caso, come per tutte le tracce dell’album, il testo è in inglese. La pronuncia, un po’ “artigianale”, rivela a tratti l’origine nostrana della band: da qui un’ipotesi che mi si è affacciata durante l’ascolto. Perché non provare a cantare anche in italiano? Non è sicuramente una strada semplice da percorrere, ma la musicalità naturale della lingua e la familiarità con essa potrebbe rivelarsi davvero un apporto prezioso. Chissà quali nuovi e interessanti orizzonti potrebbero aprirsi per gli Stolen Apple, oltre le trincee dell’inglese! - CULTURAMENTE di FRANCESCA PAPA


"Intervista - interview"

By Quentin Super - Immersion Magazine


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Il gruppo in questione gli Stolen Apple vengono da Firenze e pubblicano in collaborazione con la Rockbottom records il disco d’esordio,il monicker ha che fare con “Ernest Lossa”ucciso dalla follia nazista, nell’ambito dello sterminio sia degli ebrei che dei menomati fisici .Musicalmente la band si muove su territori a noi consoni però non facenti parte del background personale che esula non poco da questo genere .Gli Stolen ci propongono una sorta di brit pop quando ancora a mio avviso non si poteva parlare apertamente di questo genere in quanto non completamente sviluppato. Infatti incredibilmente ascoltando il disco mi sono reso conto che l’influenza maggiore dei fiorentini veniva da una purtroppo finita nel dimenticatoio, parliamo dei Television quelli di Tom Verlaine per intenderci .Questa influenza è apparsa da subito lampante negli arrangiamenti e nel modo di suonare le chitarre non troppo distorte ma se vogliamo pulite e grezze allo stempo .Ascoltate ad esempio di ciò“Green Dawn” non veramente cantata da Riccardo Dugini che tende piuttosto a recitare il testo .Di certo è che la band dimostra maturità artistica ed è consapevole di quello che fa questa consapevolezza li porta a non essere troppo esplosivi con i suoni ed anche quando la dinamica si fa più veloce tutto rimane un po ritirato , ma questo non è da considerarsi un difetto anzi proprio per via della loro maturità riescono ad imbrigliare l’energia che scaturisce dai loro corpi e la trasformano in energia razionalizzata per questo il disco non è completamente da buttar via anzi ,”In the Twilight” è una ballata countrycheggiante dalle tinte scure, ma di un oscurità che porta al giorno e quindi ad uno sguardo positivo se vogliamo. Un lavoro da tenere in considerazione anche se avrebbe potuto di una produzione migliore in quanto a volte i suoni risultano essere un pochino attufati soprattutto la batteria.Un esordio che pone bune basi per un futuro positivo. - TEMPI DURI di STEFANO BONELLI


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Stolen Apple, Trenches: musica oltre
La band Alternative-Rock / Indie-Rock fiorentina al suo primo lavoro sorprende per atmosfere ed eclettismo musicali, oltre i confini di ogni semplice definizione di genere e stile
Con colpevole ritardo ho ascoltato Trenches, primo lavoro degli Stolen Apple, gruppo di Firenze nato nel 2008 dalle spoglie dei Nest, gruppo di rilievo della scena fiorentina. Quindi non musicisti di primo pelo, vista l’esperienza di palco che hanno alle spalle i suoi componenti. La band, che si definisce Alternative-Rock /Indie-Rock, è infatti composta da Riccardo Dugini (voce e chitarre), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), già Nest, cui si sono aggiunti Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica), cui si sono aggiunti Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni). Il lavoro è di settembre 2016, etichetta Rock Bottom Records con distribuzione Audioglobe, ma i tempi di redazione possono essere crudeli. Diciamo che per questo motivo l’ascolto è stato molto “meditato”. Trenches, fin dal titolo, trincee, si presenta come un progetto ambizioso che parte da una domanda in cerca di risposte: “… la mente dell’uomo è in trincea, o le trincee sono nelle nostre menti ?“. Dodici i pezzi per sciogliere un dilemma che suona come sfida. Musica su cui mi sono sono calato in ascolto, a lungo, senza pensarci, con sempre più convinzione e soddisfazione. Un loop di ascolto che ha fatto emergere tutte le suggestioni palesi e nascoste, percepite elaborate ed annotate. Si trova molto nel sound di Trenches e degli Stolen Apple. A partire dal post-punk stile dei Joy Division al grunge di Nirvana e Soundgarden, di the Smashing Pumpkins‎, passando per i Sonic Youth fino all’alternative rock dei Blind Melon e alla neopsichedelia dei The Brian Jonestown Massacre. Senza dimenticare reminescenze di padri nobili come Lou Reed, David Bowie, Bob Dylan ed un pizzico di Rolling Stones (ma solo per insaporire, lato ballades & voices). Suono sporco, forse volutamente. Voci da raffinare, manca qualcosina nell’impasto - forse un difettuccio di produzione di produzione - compensato da tanta sostanza in termini di immagini sonore evocative. Si sente fibra. Si sente anima. Trenches è musica di viaggio e da viaggio, da trip. A partire dalla prima traccia, l’incalzante ed acida ballata Red Line, quella con cui decolla il disco. Una volta partiti s’incontra, ad esempio, il punk lacerante di Field of stone (traccia 3) o le suggestioni post-punk che sfumano verso grunge e post-psichedelia di Pavement (traccia 4). Ballate Grunge con echi Rock & Blues come in Living on sathurday (traccia 6), la riflessiva Mystery Town (traccia 7), liquida incursione in territorio desert rock e la delicata e struggente Day Dream (traccia 10), con testo ricavato da una poesia di Daniela Pagani, poetessa scomparsa prematuramente a 22 anni. Altro paio di maniche il tono intimista, da io narrante, di Something in my Days (traccia 8), o la rock / pop More Skin e la più ruvida In the Twilight, che chiude il disco. Sempre ballate che però mettono insieme il Duca Bianco ed il mitico front man dei Velvet Underground, i cui stili hanno evidentemente influenzato soprattutto nell’impostazione vocale i pezzi. Incalzanti e disturbanti sono Green Dawn (traccia 3) con riff alternative / noise rock alla Thurston Moore, dotata di un’energia sorprendente, Falling Grace (traccia 5), e l’adrenalinica Sold Out (traccia 11), con sfumature punk amalgamate con voci psycho-wave, che con il loro con il suo sound wall che ti tengono inchiodatI alla parete. In Trenches, insomma, grazie agli Stolen Apple ci troviamo di fronte ad un riuscito mosaico di stili e di generi ben assemblati per un prodotto di qualità che merita l’acquisto, l’ascolto e ci fa attendere belle novità per il futuro. Bravi. - POP OFF QUOTIDIANO di SERGIO BRAGA


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Lavoro d’esordio del gruppo fiorentino Stolen Apple, fondato nel 2008, composto da quattro elementi, tutti provenienti da precedenti esperienze, e uscito nel settembre del 2106. A dire il vero nel 2015 sul loro sito pubblicarono When We Rise album composto da 11 tracce ma purtroppo non riuscirono a distribuirlo materialmente. Si definiscono alternative indie rock post punk rock psychedelic e il loro nome prende spunto dalla vicenda di Ernst Lossa, ragazzo tedesco di etnia Jenisch, ucciso a soli 14 anni nel 1944 a seguito della demenziale eutanasia selvaggia operata dal regime nazista, portata in scena in uno dei suoi spettacoli teatrali da Marco Paolini. Ernst nel suo ultimo periodo in vita aiutava i detenuti più bisognosi di cure rubando loro delle mele. Trenches, trincee, è un titolo emblematico ed evocativo: la mente dell’uomo è in trincea, o le trincee sono nella nostra mente? Probabilmente tutte e due le ipotesi sono veritiere, forse dipende dal punto di vista e come lo si vive; i quattro esplorano tutte le ipotesi possibili e attraverso un tappeto sonoro poliedrico e incisivo ripercorrono il rock anni ‘80 e ‘90 nelle sue più svariate forme e riescono a propinarci nei dodici brani del disco un sound sì evocativo e riconducibile a svariati gruppi e stili, ma creano anche le basi affinché la loro proposta musicale possa evolversi in molteplici direzioni. Al primo ascolto mi sono venuti in mente i Thin White Rope e i più famosi Dream Syndicate, restando in Italia i Cheap Wine dei primi lavori, e i leggendari Green On Red capitanati da Dan Stuart che qui in Italia ha trovato terreno fertile per le proprie esibizioni cui i nostri Stolen Apple hanno fatto da spalla nelle date toscane del tour. Negli ascolti successivi vengono a galla vari nomi e si apprezza la bravura del gruppo negli arrangiamenti con tappeti sonori mai banali evidenziando che i quattro di musica ne hanno masticata parecchia. I quattro sono Riccardo Dugini (voce e chitarra), Luca Petrarchi (voce e chitarra), Massimiliano Zatini (basso e voce), Alessandro Pagani (batteria e voce) e provengono dallo scioglimento del gruppo Nest, mentre Alessandro è anche un ex Subterraneans e uno dei fondatori della Valvola/Shado Records. Red Line, la prima traccia, con un assolo di chitarra ossessivo, è devastante, mette subito in chiaro le proprie inclinazioni, nel mezzo reminiscenze psichedeliche ci conducono su altri livelli, il finale è un salto liberatorio dove non si vede però il fondo.Green Dawn è un pugnale che si rigira nella ferita, approcci new wave, stacchi secchi e visioni dark. Pavement è una ballata rock sgraziata e tagliente, desertica e visionaria, Fields Of Stone aumenta le visioni dark in un tormento che non riesci a controllare, un dilemma omnipresente cui è difficile rispondere, la cavalcata finale della chitarra ne amplifica i dubbi e le incertezze. Falling Grace rialza i toni e i ritmi, corsa senza freni tra le vie deserte di una metropoli americana che solo i neon dei locali ravvivano. Living On Saturday è lo specchietto della precedente, la riflessione dietro una vetrina su una strada deserta percorsa solo da un’auto lanciata senza freni, la pioggia distorce le forme e le luci. Mistery Town, la mia preferita, dilata le percezioni, raccoglie le nostre poche certezze e le sbatte contro un muro. In Something In My Days, dove i rimandi agli anni ruggenti del Paisley Underground sono più evidenti, Steve e Dan ringraziano, cosi come More Skin che ci confonde e illude ma non ci abbandona. Daydream, l’altra mia song del disco, è una poesia di Daniela Pagani, poetessa e prima cantante fiorentina ad aver partecipato allo Zecchino d’Oro nel 1970 scomparsa prematuramente a soli 22 anni, qui musicata sapientemente dalla band. Sold Out è un susseguirsi di urla e carezze, bastone e carota, rivoltella e baci. Chiude il disco In The Twilight, altra ballata elettrica seducente e avvolgente, una ninna nanna finale per allietarci il sonno. O per destarci dagli incubi? Bel disco, distribuito in Italia da Audioglobe e ora attraverso Clearspot in tutta Europa, forse non digeribile dalle leve più giovani dei consumatori di musica, ma assolutamente da ascoltare per chi ha amato il rock usa anni 80-90 e da seguire in futuro per gli sviluppi che i quattro rocker toscani potranno proporci. - OFF TOPIC MAGAZINE


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Stolen Apple – Trenches (Rock Bottom), melodia e irruenza noise!

Gli Stolen Apple sono un quartetto fiorentino nato nel 2008 ma che ha pubblicato soltanto ora questo esordio. Diciamo subito che ne è valsa la pena aspettare perché “Trenches” è un buon disco. I componenti del gruppo non sono alle prime armi dato che provengono da un’altra esperienza musicale ovvero i Nest che hanno pubblicato all’inizio del millennio un paio di lavori. Con “Trenches” il gruppo non vuole lasciare fuori nulla. Nei dodici brani in scaletta sono presenti più generi musicali, per cui in “Fields of stone” si ha la sensazione di ascoltare un super gruppo formato da membri di Dinosur Jr e Sonic Youth, con “Falling grace” i fiorentini virano verso il noise-pop serrato e con “More skin” siamo dalle parti del paisley underground, come anche in “Red line”. Discorso a parte meritano brani come “Green dawn” nel quale vengono miscelate del sonorità tanto care a Green On Red e Dream Syndacate con quelle del noise di cui sono stati i principali alfieri vent’anni fa Girls Against Boys e Helmet. I territori del post rock sono raggiunti in “Pavement” e “Sold out” ha un che di evocativo e nostalgico per tutti gli amanti di un certo noise-pop. La perfetta quadratura del cerchio tra melodia e l’irruenza del noise! - FREAK OUT MAGAZINE di VITTORIO LANNUTTI


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IL ROCK STATUNITENSE NELLE RADICI DEL DEBUT ALBUM DELLA FORMAZIONE FIORENTINA

Ci sono tanti ascolti che confluiscono nel disco d’esordio degli Stolen Apple, ma sono certamente gli Stati Uniti ad aver indicato la strada maestra di queste dodici tracce di stampo alternative. Chitarre desertiche in stile Giant Sand, melodie che riecheggiano Nick Cave, suoni bronzei che sembrano provenire da paesaggi brulli e acri come quello della copertina: Trenches è un buon album con le radici ben piantate negli anni ’90, quando un disco come questo sarebbe stato velocemente catalogato nelle fila del post-rock d’annata. Dai mitici Van Pelt a momenti più psichedelici e “deviati”, la collezione di brani sfila coerente nello stile e calligrafica nell’esecuzione, eppure manca quella scintilla di unicità identitaria che ci sarebbe aspettata. Diviso fra ballate classiche e affondi più hard, con l’elettricità delle chitarre sempre in primo piano e una voce che segue la linea ereditaria del grunge e dell’alt.country, Trenches pone le premesse per la carriera di una delle poche band italiane dal retroterra puramente rock. Avrebbe probabilmente giovato qualche assolo ‘old-school’ in meno e qualche contaminazione più aggressiva, oppure una fluidità melodica ancor più rimarcata come nel caso di Daydream. Un buon inizio, a cui dovrà necessariamente seguire una mossa coraggiosa di smarcamento dal già sentito, che nella qualità generale del prodotto discografico sembra bloccare le potenzialità deflagranti della band. Ad ogni modo un disco di rock sincero e ben prodotto, specialmente nella parte finale con la tiratissima Sold Out e la coda indie-melodica di In The Twilight. - POOL MAGAZINE


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STOLEN APPLE "TRENCHES": IL VIDEO LIVE E LA LIVE INTERVISTA di MICHELE FAGGI
Gli Stolen Apple pubblicano alla fine del 2016 e sotto questo nome il loro primo album. "Trenches" è la nuova incarnazione per la band fiorentina, una delle più longeve e creative del panorama italiano, attiva sin dal lontano 1992. Presa diretta, un coraggioso missaggio in "Mono", un approccio vivo, essenziale e fortunatamente fuori tendenza. "Trenches" è un "classico" e ve lo raccontiamo con 25 minuti di video documentazione.
Prima della deriva attuale verso l’indistinto, gli anni novanta del rock avevano indicato una strada, pur nella varietà delle intuizioni. L’artigianato, spesso altissimo, evitava camuffamenti e perseguiva la verità del suono. Errori, approssimazioni, scarti e sopratutto improvvisazione, erano grandi propellenti creativi e consentivano una formidabile unicità. Gli Stolen Apple hanno pubblicato con questo nome un primo album sulla lunga distanza intitolato “Trenches” alla fine dell’anno scorso, attualmente distribuito da Audioglobe per l’Italia e dalla prestigiosa Clear Spot per quanto riguarda il mercato internazionale. Il loro non è un debutto, ma il nuovo capitolo di una delle storie più longeve nel panorama della musica alternativa italiana. Attiva dal 1992 con alcune variazioni nella formazione, la band fiorentina si è chiamata Malastrana, Buzz On, Nest. Come Nest ha realizzato due album di altissima qualità pubblicati rispettivamente per Urtovox e Zhar/Black Candy oltre a prestare la propria musica ad Antonio Bellia per “Ore d’aria”, il suo documentario sulla vita di Silvia Baraldini dove figuravano tracce di PGR, CSI e GoodMorningboy. Da quell’esperienza, il nucleo originario costituito da Riccardo Dugini (Voce, chitarra) e Luca Petrarchi (voce, chitarra) si è arricchito della presenza di Massimiliano Zatini (basso), che aveva gravitato nelle numerose incarnazioni della band, ed Alessandro Pagani, batterista, già nei Malastrana, attivo negli storici Subterraneans e una delle menti dietro la seminale Valvola/Shado Records, etichetta indipendente attiva dal 1994 al 2005. “Trenches” è un album che trova i suoi punti di riferimento nella prassi e non nell’imitazione della musica alternativa dei novanta. È una differenza sostanziale basata sulla profonda conoscenza del periodo, una questione di cultura, profondamente anti-nozionistica. Quello che gli Stolen Apple hanno assimilato naturalmente è il senso di libertà che alterna scrittura a Jam e che era comune rintracciare nelle produzioni di artisti come Karate, Sonic Youth, Low, Gun Club, Thin White Rope, Flying Saucer Attack, solo per citarne alcuni. Il loro contributo non è fuori tempo massimo, ma recupera strategie e libertà compositive tragicamente perdute nel panorama attuale, con una maestria che non riesce ai vintagisti contemporanei. Basta solo pensare che l’album è stato missato in “Mono” per ottenere un sound capace di rispettare la verità della presa diretta. Le 12 tracce di “Trenches” sono tutte diverse, ma dimostrano una coesione miracolosa, trainata da un songtelling che alterna un secco documentarismo sociale a momenti onirici e visionari. Attitudinalmente punk e allo stesso tempo psichedelici, gli Stolen Apple attraversano venticinque anni di musica con una vitalità e una freschezza invidiabili. Il video prodotto da Indie-eye in collaborazione con KinoDv Produzioni video è stato registrato presso il Circus Club di Scandicci per quanto riguarda la parte live, mentre l’intervista è stata girata nel giardino antistante alla sala prove dove gli Stolen Apple danno vita alla loro musica. - INDIE EYE di MICHELE FAGGI


"Recensione - review"

.......Questo disco è un libro aperto di ricordi, di storie condivise e di avventure: i dodici brani sono il risultato di un lavoro collettivo, seppure svolto senza esplicita progettualità. Perché l’unica cosa che conta è la libera circolazione di idee: ogni canzone è espressione dello spirito indipendente della band. Ed è per questo motivo – di assoluta autonomia compositiva e non necessaria ricerca della perfezione – che ogni brano ha sì una sua identità, ma altrettante sfaccettature e suggestioni sonore. Da ciò nasce il fine comune del gruppo, che è sempre stato il compimento della propria passione, senza vincoli legati ad asserzioni tecniche, mode, o coinvolgimenti esterni. - WSI - Wall Street International Magazine


"Recensione + intervista / Review + interview"

La Band fiorentina presenta il suo album appena pubblicato, Trenches, dodici brani da ascoltare tutti di un fiato
"Trenches, un disco, una professione di fede"…
Gli Stolen Apple si sono formati ufficialmente nel 2008 ma i componenti, Luca Petrarchi (chitarra, voce) Riccardo Dugini (chitarra, voce), Massimiliano Zatini (basso, tastiera, voce) e Alessandro Pagani (batteria, voce), sono artisticamente ben più maturi. Non si definiscono, o meglio, restano su un più generico “alterative rock” quando parlano della loro musica, e certamente nell’ ascoltarli non possiamo che ritrovare nel loro sound il grunge, la psichedelia e quei suoni distorti figli di una tradizione che muoveva i suoi passi a cavallo degli anni 80 e 90. Non temono neppure i paragoni con band come Dinosaur jr o Nirvana, ma ci sorprendono quando parlano dei loro gusti musicali. Trenches è un viaggio attraverso paesaggi sonori, si ascolta tutto di seguito calandosi nella dimensione onirica che regala, c’è molto “rumore” in una continua lotta con le melodie chiare e penetranti. - IO GIORNALISTA TV di PAMELA CRUSCO


"Interviste - interviews"

WE NEED MORE SPACE: STOLEN APPLE

1. INVASIONE ALIENA

IN QUESTO CASO GLI ALIENI SONO GIA’ TRA NOI: FRATELLI MAGGIORI O SIMILI FANNO GIRARE DISCHI CHE ISPIRANO, SUI BANCHI E NEI CORRIDOI DI UNA SCUOLA AD INDIRIZZO TECNICO COMMERCIALE QUALCUNO NON SI SENTE MOLTO PARTE DEL GIOCO E DECIDE DI PROVARE A SUONARE E NON SOLO ASCOLTARE. COME IN ALTRI PRECEDENTI ILLUSTRI, ALCUNI CI METTONO SOLO PASSIONE, CURIOSITA’ E DESIDERIO DI EMULAZIONE, PERCHE’ NON HANNO MAI STUDIATO UNO STRUMENTO, MA L’ENTUSIASMO GIOVANILE FACILITA L’OSMOSI CON CHI UNA CHITARRA L’HA GIA’ IMBRACCIATA, COMPLICE ANCHE LA POSSIBILITA’ DI UTILIZZARE, PER INIZIARE A LAVORARE, UNA PICCOLA CANTINA SOTTO LA CASA DI UNA NONNA MOLTO COMPRENSIVA. SONO GLI ANNI ’80 E C’E’ IN GIRO MOLTO FERMENTO, A FIRENZE PIU’ CHE ALTROVE PER QUANTO RIGUARDA ALCUNE SONORITA’, E TUTTO SOMMATO LE OCCASIONI DI ESIBIRSI AMATORIALMENTE NON SONO RARE; ALL’INIZIO SOLO COVER, ATTINGENDO SIA AL PASSATO CHE AL PRESENTE, POI LA VOGLIA DI FAR SENTIRE QUALCOSA DI PROPRIO. COME IN TANTI GRUPPI TRA I COMPONENTI CI SONO AVVICENDAMENTI, PARTENZE E RIENTRI, MA LA CANTINA RESTA; GLI ESPERTI HANNO NOTATO CHE SI COMPORTA SIA COME UN VORTICE, RISUCCHIANDO DALLA GALASSIA METEORE E DETRITI PICCOLI E GRANDI, CHE COME UN EPICENTRO CHE EMETTE SUSSULTI. SONO STATE INVIATE DIVERSE SONDE MA NESSUNA E’ MAI TORNATA.

2. TEORIA DEL CAOS

CERTO “LA TEORIA DEL CAOS” ERA UN TITOLO PIU’ ADATTO AL CAPOVERSO PRECEDENTE, MA ALTRIMENTI NON SAREBBE CAOS, E CERTO NELLA MATERIA CHE VORTICA IN CANTINA C’E’ DI TUTTO, DIFFICILE GESTIRLO. QUANDO E’ STATA RIAPERTA PER SISTEMARCI AMPLIFICATORI E TAMBURI, QUALCHE ANNO DOPO AVER OSPITATO UNA FESTA DI FINE ANNO TRA SEDICENNI, IL MONDO ERA DIVISO IN DUE BLOCCHI, POCO O NULLA SI SAPEVA DI MOLTE COSE OSCURE, SOLO LE QUESTIONI PALESTINESI SERPEGGIAVANO CON SPARGIMENTI DI SANGUE DI CUI SABRA E CHATILA ERA SOLO L’ECO PIU’ GRANDE. POI L’APPARENZA SI E’ DIMOSTRATA TALE, PARTI DELL’EUROPA O ZONE LIMITROFE SI SONO RIVELATE POLVERIERE, SPESSO SFUGGITE DI MANO A CHI NEGLI ANNI VI HA COLTIVATO PROPRI INTERESSI. DOPO GLI ANNI DI PIOMBO ITALIANI E LE IMMAGINI FILTRATE DALLA TELEVISIONE DELLE TENSIONI NORD IRLANDESI SEMBRAVA CHE IL TERRORISMO AVESSE PERSO TERRENO, ED INVECE E’ DIVENTATA LA PAROLA PIU’ ATTUALE INSIEME A SELFIE E PROFILO FACEBOOK; ALLA TESTA DI PAESI POTENTI SIEDONO UOMINI AMBIZIOSI, CON POCHI SCRUPOLI ED ANCOR MENO RISPETTO PER CHI NON LA PENSA COME LORO, RAPPRESENTANTI DI POTERI CHE NULLA HANNO A CHE VEDERE CON LO SVILUPPO E L’ARMONIA. LA PICCOLA CANTINA PER ORA INCASSA, I SASSI DELL’ARNO CHE NE ARMANO I MURI SONO RESISTENTI, FORSE IL DISORDINE ED IL RUMORE CREANO DEGLI ANTICICLONI, MA QUANDO LA PORTA SI APRE QUALCOSA FILTRA. TUTTO QUESTO, ANCHE SE NON SEMBRA, E’ FINITO IN “TRENCHES”, CHE, NON A CASO, SIGNIFICA TRINCEE.

3. VIAGGIO SULLA LUNA

CI PIACEREBBE SAPERLO MA NON E’ COSI’…..ED IN FONDO NON LO E’ MAI STATO. LA VITA PIEGA E PREGA MOLTE COSE E SPESSO RICHIEDE COMPROMESSI, I PESI MORALI E QUELLI MATERIALI SONO PIU’ DIFFICILI DA SPOSTARE LUNGO LA STRETTA SCALA DI ACCESSO, MA I NOVE METRI QUADRATI DELLA CANTINA SI MOLTIPLICANO FACILMENTE E, A VOLTE, CONSENTONO VIAGGI INASPETTATI PER LUNGHEZZA, ATMOSFERA E LIBERTA’; SPESSO, ANZI, E’ FACILE PERDERSI. LE PRECIPITAZIONI DIMINUISCONO MA BASTANO PER CANCELLARE CERTE IMPRONTE, LA SETE A VOLTE PASSA CON LA BIRRA LE CUI BOTTIGLIE RESTANO APERTE AD EVAPORARE PER SETTIMANE. L’IMPORTANTE E’ CHE LA LUNA CONTINUI A PROVOCARE MAREE. PER QUANTO RIGUARDA TUTTO IL RESTO, IL NOSTRO SECONDO DISCO USCIRA’ QUANDO IL PRIMO UOMO METTERA’ PIEDE SU MARTE. CIOE’, QUANDO USCIRA’ IL NOSTRO SECONDO DISCO. - MUSIQUE BUFFET a cura di MARGHERITA DEVALLE


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STOLEN APPLE. LA MUSICA È UN LUOGO SICURO.

Viviamo in un’epoca in cui la musica risente sempre più di dinamiche estranee al processo artistico necessario per produrla. Parliamo di logiche di mercato, logiche promozionali, logiche di visibilità: quello che conta è arrivare alla gente, avere seguito, riempire i locali. Ormai conta sempre meno ciò che si dice. Oppure come si suona. Se tale fenomeno fino a qualche decennio fa poteva essere attributo al cosiddetto mondo mainstream, oggigiorno si assiste ad un indirizzo simile anche nel mondo indie/alternative. Il rischio è quello di ritrovarsi con un mercato imballato di proposte scadenti, incapaci di portare sperimentazione.

Non sempre è così, per fortuna. Esistono ancora molte realtà che decidono di fregarsene di determinate logiche per fare ciò che sentono provenire dal profondo. Sono band formate da amici accomunati da una passione smodata che, dopo tanti anni di attività, hanno ancora il desiderio di mettersi in gioco per far sentire la propria voce. Sono band che hanno qualcosa da dire perché hanno vissuto in prima persona i cambiamenti della scena artistica, attraversando svariati decenni di storia musicale. Sono band perciò che hanno coscienza di cosa voglia dire esprimere emozioni vere a suon di rock e distorsioni. Loro sono gli Stolen Apple, band rock fiorentina formata da quattro ragazzi che, sebbene anagraficamente ragazzi non lo siano più, hanno ancora in sé il vivo fuoco della passione musicale dopo tante esperienze nel mondo indie/alternative toscano. Cosa che molti giovani si sognano. Quasi un anno fa è uscito l’album d’esordio del nuovo progetto: si chiama Trenches, trincee. Una linea immaginaria fatta di suoni nella quale sostenere la pace, la libertà, la bellezza della fragilità e tutti gli ideali che da sempre ispirano i processi artistici. Contro un mondo spesso indifferente. Noi di Gigfound abbiamo avuto il piacere di intervistarli e di farci raccontare nei dettagli il loro percorso musicale.

⦁ Ciao ragazzi, vi ringraziamo per questa intervista. Innanzitutto vi chiedo di presentarvi ai lettori di Gigfound; in particolare mi interessa conoscere il vostro percorso artistico e sapere come nascono gli Stolen Apple.

Il progetto Stolen Apple è iniziato nel 2008 dopo lo scioglimento dei Nest, band nella quale già militavano Luca Petrarchi e Riccardo Dugini, ai quali si sono aggiunti Alessandro Pagani (ex Valvola e Shado Records) alla batteria e Massimiliano Zatini al basso. Ma la genesi dell’ensemble ci riporta agli anni ’90, quando con nomi differenti (Stout e Malastrana), alcuni di noi avevano già iniziato a suonare assieme. Col tempo ci siamo ritrovati sia come amici che dal punto di vista artistico, scoprendo di condividere ancora le stesse passioni nella musica, e non solo.

⦁ Nel 2016 è uscito il vostro ultimo album, Trenches. Un titolo pieno di significato. Quali sono i temi toccati in questo ultimo lavoro? E da dove parte l’ispirazione per i testi?

Per adesso ultimo e ‘primo’ disco, essendo un album di debutto. Abbiamo deciso di chiamarlo così per ricordare che le divisioni e le barriere (soprattutto quelle mentali) esistono ancora, malgrado l’indifferenza generale sull’argomento. Nonostante l’evoluzione dell’uomo, che ha portato benessere e stabilità, c’è ancora troppa distanza tra le aspirazioni comuni e le loro realizzazioni. Tutto ciò a discapito della fragilità dell’essere, il cui fine più alto dovrebbe essere il raggiungimento della felicità.
Quanti di noi possono ritenersi felici? Possiamo toccare la felicità a momenti, sapere cos’è, ma presumiamo che pochi ne conoscano il vero significato. Perlomeno questo è ciò che intuiamo nel nostro quotidiano. Per questo vorremmo che le trincee rappresentassero un luogo sicuro da dove ripartire, non per sferzare l’attacco contro il nemico, ma per affrontare i problemi e cercare di risolverli. Questo è quello che i nostri testi affrontano, cercando di scavare tra le ombre delle nostre consuetudini spesso misere, per denunciare chi offende la fragilità, e celebrare invece chi, con passione e spietatezza, difende ogni giorno libertà, amore, pace e valori universali.

⦁ Concentrandosi sull’aspetto musicale, si può dire che la vostra sonorità sia spiccatamente anni Novanta. Un rock crudo, evocativo, intimista, che abbraccia l’alternative, lo shoegaze, forse anche un po’ il grunge e lo stoner. Quali sono/erano le vostre band di riferimento? E quanto di queste influenze è possibile scorgere nella produzione dell’ultimo disco?

Non ci siamo mai basati su un aspetto in particolare, le nostre peculiarità sono l’immediatezza e la spontaneità. Certo le influenze sono tante, in quegli anni ci affacciavamo con prepotenza nel mondo della musica, ascoltavamo di tutto e metabolizzavamo. Nel nostro suono si potrà scorgere sonorità che spaziano dai Velvet Underground a Neil Young, dai Television agli Husker Du, dai Dinosaur Jr. ai Sonic Youth. Crediamo questo si possa intuire nell’ascolto dei brani. Ma ci teniamo a dire che non siamo una band revivalista, la commistione degli stili ci ha sempre affascinato: perché limitarsi ad un genere, quando ne esistono potenzialmente una miriade a disposizione?

⦁ La sala prova e lo studio di registrazione rappresentano il cuore dell’attività di un musicista, il luogo per eccellenza dove si crea musica e si formano relazioni. Un po’ come lo spogliatoio per una squadra sportiva. Gigfound si è interessata fin da subito a questo aspetto della musica e lo ha fatto diventare l’essenza del proprio progetto. Voi di solito dove vi trovate a provare? E quanto influisce la scelta del luogo per registrare sul vostro processo creativo?

Siamo contenti di questa domanda perchè in genere si parla poco dei luoghi creativi delle band, quando invece rappresentano il fulcro, il nucleo da dove inizia la propria arte. La nostra sala prove si trova nella cantina di Riccardo Dugini, che sin dall’inizio ha messo a disposizione il suo spazio diventato ormai quasi ‘mistico’. Trovarsi a proprio agio in sala prove è fondamentale, non solo per suonare insieme, ma anche per discutere di tutto ciò che è intorno al progetto, e non solo. Tutto ciò rafforza i rapporti e consolida la nostra amicizia.

⦁ Vi chiedo 3 aneddoti a cui siete legati riguardo alla vostra vita in sala prova/studio.

Aneddoti ce ne sarebbero tanti, considerato che la sala prove ha visto susseguirsi negli anni decine di musicisti diversi. Lì abbiamo registrato anche un album nel 1998 come Malastrana e ricevuto nel tempo diverse visite interessanti, tra cui Maurizio Fasolo dei Pankow, storica band italiana di musica elettronica, ed Emanuele Coggiola, batterista dei Luciferme e dei Freigeist, entrambi rimasti colpiti in positivo dalle nostre sonorità. Ci teniamo anche a ricordare lo studio dove abbiamo registrato l’ultimo album, un casale sulle colline di Firenze dove abita Niccolò Gallio (il fonico di Trenches, ndr): un luogo ascetico in mezzo al verde dove la facevano da padrone le cicale fuori dalle finestre ad archi, i gatti e le temperature altissime.

⦁ Seguendo altre interviste ho scoperto che anche i figli di alcuni di voi supportano gli Stolen Apple, sia nella vita quotidiana in sala prove, sia aiutandovi nella realizzazione degli album. Che impatto ha l’aspetto famigliare all’interno del vostro processo artistico, se ce l’ha? Forza creativa o alle volte un limite?

Domanda interessante perché l’aspetto familiare è fondamentale durante il processo creativo di un artista. Secondo il nostro parere, non si può prescindere da esso. Facciamo un esempio: in un lavoro qualsiasi siamo tenuti a tralasciare le dinamiche legate ad affetti familiari, i quali non dovrebbero incidere sui rendimenti legati alle varie professionalità. Nella vita di un artista invece sono anche i legami familiari che influenzano gli aspetti creativi. Lo dimostriamo in “Daydream”, una poesia scritta da Daniela Pagani, sorella scomparsa di Alessandro, che lo stesso ha voluto trasporre in musica traducendo il testo in inglese. Oltre a ciò, alcuni componenti delle nostre famiglie hanno partecipato concretamente all’album, prestando le loro voci nei cori di qualche brano del disco. In ultimo, ma non meno importante, le nostre famiglie ci hanno sempre supportato con il massimo dell’entusiasmo durante le attività legate ai nostri percorsi artistici: questo non può che spingere a fare sempre meglio.

⦁ Come sta procedendo la promozione di Trenches? Avete altre date in programma dopo i live degli scorsi mesi?

Siamo distribuiti da Audioglobe e Clearspot in tutto il mondo. Per quanto riguarda la promozione, è stata curata in maniera del tutto autonoma. Le risposte sono state piuttosto buone, tenuto conto del complicato momento che sta tuttora vivendo la scena musicale. Nonostante ciò, siamo riusciti ad avere articoli anche in America, Inghilterra, Russia ed Australia. La difficoltà maggiore è stata trovare spazi dove esibirsi, dato che molti locali hanno paura di rischiare se non viene garantita una presenza di pubblico che giustifichi almeno le spese. Riguardo i prossimi concerti, le nostre date nel futuro saranno al Namastè Beer Point di Firenze ed al Forte Prenestino di Roma, da definire entrambe ufficialmente. Inoltre stiamo lavorando sul prossimo video con la collaborazione di Michele Faggi, che ha curato anche un’interessante intervista che ci riguarda – visibile sul portale di Indie Eye – testata giornalistica italiana di musica e cinema.

⦁ Infine vi chiedo un vostro parere sulla scena musicale attuale, in particolare quella alternative/indie fiorentina e, più in generale italiana, rispetto ai vostri esordi.

I nostri esordi appartengono a molti anni fa, si parla di fine anni ’80, periodo che ha visto una grande svolta intorno al panorama musicale mondiale: tutto era visto in maniera attenta e reattiva dal pubblico e dai media. Il punk e la new wave erano agli sgoccioli, gli addetti ai lavori stavano aspettando nuove sonorità e nuove tendenze, quello che poi sarebbe stato il grunge e l’alt-rock degli anni ’90. In quel contesto, la scena musicale fiorentina aveva da poco lasciato in eredità una ‘factory’ che aveva già fatto scuola. Non sappiamo se l’indie made in Florence abbia avuto gli stessi sfarzi della new-wave fiorentina, non ci vengono in mente nomi particolari che abbiano avuto lo stesso successo di gruppi quali Neon, Diaframma o gli stessi Pankow (solo per fare alcuni nomi). Forse perché in quel periodo eravamo concentrati più su noi stessi, durante il nostro primo approccio nel ‘fare musica’. Con un salto temporale fino ai nostri giorni, e tralasciando gli obbrobri delle tribute/cover bands, crediamo non sia facile trovare adesso situazioni dove la qualità non ceda a propositi maggiormente commerciali, ovvero legati più ad un mercato di vendita che alla genuinità di un processo creativo individuale/collettivo. A Firenze stanno nascendo realtà interessanti dal Rock Contest, una delle poche vetrine a livello nazionale a disposizione di nuovi artisti che cercano di farsi conoscere. Quello che, in questo caso grazie alla vostra disponibilità, stiamo cercando di fare anche noi. - GIG FOUND a cura di ALESSANDRO MELIOLI


"Recensioni - reviews"

Stolen Apple is a band that has been around a while and they recently released 'Trenches' so I thought I might take listen...I decided to do ZERO research on this band before I reviewed the trenches album because I really wanted to share with guys my own view of the trenches album and not be biased for or against what others write - it seemed like a plan! So lets take a look at what I found and my humble views about Trenches from Stolen Apple. Right from the start I had absolutely no preconception about Stolen Apple or indeed this 'Trenches' album which I think is always better. Are these rock based? or Indie? or... well you name it - I had no clue. I come from a distinct rock background and for me the 'punk' era did not suit my taste, but later music twisted in to grunge and that went in to.. well you get the idea. Of course today there are so many genre's of music it can all be a bit mind boggling so let's not really pin down Stolen Apple in this way (at least until later) and as you will see with my views of some of these tracks on Trenches they are far and away different than the bands perception is (more on that later). So let's kick off with the tracks:
01 Red Line
I liked the nice tones from the guitar... sort of jangly. The thing is, (believe this or not) I thought that this track had a reminiscence of the earlier days of the Beatles. Yes I WAS around then, but only about 7! A sort of mid 60's jamboree! Indeed I guess that my interpretation might be nothing like others, but that all depends on one's personal historical musical journey and maybe what I might be listening to in general these days.
02 Green Dawn - Not a particularly bad track at all but not one of my favorites really - a sort of 'middle of the road' indie type of song that strangely (I know:) had a vocal sort of 'Tom Petty' reminiscent somehow.
03 Fields Of Stone - Best word I can say is... 'Jangly'. Not really my style of music I would listen to but for the guys that like it they will of course... like it!
04 Pavement - Ah the first track I can say that was more in keeping with the sort of stuff I might find in my car that I listen to. It's a sort of laid back track where the guitars make way for a nice gritty vocal. By 4:30 this track gets a little heavier and I could almost think that while listening to this that I might have been listening to a recreation of Pink Floyd... but somehow a whisper of them rather than a scream.
05 Falling Grace - This track to me was a more 'punky' track and not really my style so I'll pass on this one although the fraternity of that genre will like it no doubt.
06 Living On Saturday - The first track that I feel is really good (based on my rock background of course). Ha the vocals seemed to turn back to a 'Tom Petty' likeness in a weird way (no bad thing for sure) Great vocals and I liked how this track seemed 'psychedelic' in places. One to listen to for sure.
07 Mystery Town - Again a really great track that is more laid back - and I would still describe this myself as rock based .. again sort of 'Floyd' cultured
08 Something In My Days - This more lively track was far more energetic and lively with nice melodic parts as you move through it. I liked this track not quite as much as say 'Living on Saturday' or 'Mystery Train' but it does have its own feel.
09 More Skin - Not one of my favorites for sure, but it does (for one of the few times really) break in to a guitar 'solo' somewhere at 1:55 which stands out as there are not really that many lead breaks.
10 Daydream - Again this is a laid back rock track in reality - the sort of stuff I will sometimes listen to and it even has a mouth organ in there (or maybe simulated who knows). I would describe this again as a modern day style of cool rock music... nice.
11 Sold Out - Maybe they did sell out for this track! Not for me really and it has a definite nod towards the indie stuff.
12 In The Twilight - A different style for sure compared the 'Red Line'. Again this is a laid back approach and again it has that 'whiff' of Floyd in there. There is a guitar out too from round 3:40 and I liked this track but some of the others were a bit more what I am used to in music that I listen to.
Conclusions? Clearly Stolen Apple have been around for a while and they know what they are doing and that shows in the music on the Trenches album. There's a good mix of styles on here, but they meld together well I thought. While I did confer that some of the music reminded me of other stuff, factually that is no bad thing. Let's face it, if Stolen Apple go on to be half as good as any of those bands I mentioned they will be very successful indeed. For anyone that likes rock and indie rock buy this album, for the punk guys maybe less so because there clearly is an influence, but not as much as some of the other genre's on here. - TONY MC KENZIE.COM


"Recensioni - Reviews"

Più che con “Trincee”, mi piacerebbe tradurre il titolo dell’album degli Stolen Apple con “Solchi”, perché questo lavoro traccia una linea netta all’interno dell’indie-rock italiano e lo fa con una leggerezza ed una maestria difficile da eguagliare negli ultimi tempi.
Il gruppo fiorentino non è proprio di primo pelo, sono tutti nomi noti nella scena indie toscana dei primi duemila (quella dei Velvet Score e dei Nest, per l’appunto).
È proprio la loro esperienza e le radici comuni, l’indie anni 90 dei Wilco o dei Dinosaur Jr, ben radicato nella cultura country americana sin dai tempi dei Birds, a rendere Trenches un disco ben strutturato e allo stesso tempo fruibilissimo.
Da un ascolto all’altro viene sempre più fuori il suono di una band che si sta, prima di tutto, divertendo, questo appare subito chiaro con Red Line e con maggiore evidenza in Pavement.
Gli Stolen Apple si divertono, ma mai a discapito delle canzoni (vedi Day Dream).
Showgaze? Psichedelia? Forse, ma non per moda; le tracce non sono stucchevoli né autoreferenziali, mai ripetitive, forse perché frutto di un lavoro collettivo che, nei 12 brani, da spazio ad ogni elemento della band.
Sperando di poterli vedere dal vivo dalle nostre parti, aspettiamo un altro lavoro degli Stolen Apple sullo stesso, splendido, solco di Trenches. - UNDERGROUND EXPERIMENT di Marcello Spriergrhr


"Recensioni - Reviews"

Le “Trincee” (albume 'Trenches') del gruppo fiorentino Stolen Apple sono scavate sulle frontiere in cui si sono sedimentate le tendenze musicali occidentali sviluppatesi dalla seconda metà degli anni Sessanta fino agli anni Novanta inclusi. Il lavoro di scavo musicale e di ricomposizione degli Stole Apple – che stanno eseguendo diversi concerti per proporre il loro album - assume Dylan e i Doors, ma anche la chitarra suonata alla maniera di Bernard Sumner dei Joy Division, tanto per esplicitare due stili e tonalità (proprio nel senso del colore) che, in qualche modo, sono assunti anche nei testi, scritti a otto mani, da Riccardo Dugini (voce principale e chitarre), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica), Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni). Su di essi – ci sembra – si sente l'impronta di Pagani, da non poco tempo cesellatore nell'arte della versificazione. Quelle cantate dagli 'Stolen Apple' sono giornate di pioggia in quartieri periferici, inizi di giornata che sentono ancora la freschezza dell'alba o la chiusura del giorno in una penombra talvolta tediosa e qualche volta più simile alla coperta in cui si avvolge nel tardo pomeriggio, a serrande un po' abbassate. Si cammina lungo i binari di piccole stazioni ai margini della città e si colgono i fiori che resistono in questo paesaggio. Cambiano i protagonisti delle canzoni, non sono molti ma non sono gli stessi. C'è chi sogna che era felice (traduciamo liberamente dall'inglese dei dodici testi) e guarda i camion sulle arterie stradali che lambiscono le aree industiali; c'è chi contempla la palude in cui sono caduti i suoi pensieri ma non vuole più rimpiangere la città che ha lasciato. L'abbandono degli amici ha il controcanto degli usignoli, la malinconia è sulla punta di un dito che cerca un buco nella parete della stanza di chi canta (o è cantato). Si contrappongono luce e nebbia, sole e rumore (l'espressione non rende bene come il sibilante “noise” del testo originale). Gli scenari esplorati dal gruppo sono compresi in una geografia di campi di pietra, quartieri lontani e stanze d'albergo a cui si approda al crepuscolo, ma da qualche parte c'è una pianta (“l'amore è una pianta”) che aspetta e può ancora crescere. Qualcuno esce finalmente dalla trincea e dice a chi ascolta: “Potrei restare a lungo a fissa il sole”. Ai cori: M.d.g. e Alessandra Pichi. - LA NAZIONE di Michele Brancale


"Recensioni - Reviews"

’80s-style guitar-based indie rock of the sort that cribbed from Byrds, Dylan and Neil Young via Dinosaur Jr or Sonic Youth while looking back to the sort of ’60s psychedelia that brought the Farfisa. (I’m right into the ’80s version of the ’60s, of course, this was our bread and butter back in the day.) But mostly it’s worthy indie rockism with a slight kaleidoscopic tinge. They’re from Florence, Italy, and put this out late last year after playing since 2008. Lyrics are in English with a strong accent. The melodies are good and the songs are solid. This is a good record you’ll enjoy. Above: covering “Sugar Kane” by Sonic Youth live. - ROCK NERD (UK) by David Gerard


"Recensioni - Reviews"

“Mistery Town” – Stolen Apple. Hazy, rain-soaked indie that evokes the sense of wandering the damp streets of a major urban space at night. The low-slung guitar reminds me of Mojave 3, which is always a good thing. A very cool track. - INDEPENDEND CLAUSES - Stephen Carradini


"Recensioni - Reviews"

QUELLO CHE NON SI PUÒ SPEGNERE
La tecnologia progredisce sempre di più in tutti i campi, tra cui inevitabilmente anche in quello musicale. La scena attuale, italiana e non, è sicuramente migliorata in qualità, tecnica e fruibilità delle proprie opere: ma la spontaneità, l’originalità si sono spente nel tempo? Se trovare una risposta assoluta sia molto difficile, c’è ancora un gruppo fiorentino che si ostina a fare le cose alla vecchia maniera: loro sono gli “Stolen Apple”, e queste parole li raccontano. I protagonisti sono quattro ragazzoni fiorentini: Riccardo (voce e chitarre), Luca (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano (voce, basso e armonica) e Alessandro (voce, batteria, piano e percussioni). Un tratto caratteristico, a mio avviso fondamentale, che li contraddistingue, è sicuramente la passione: oltre tutti gli impegni e le difficoltà del caso, li spinge ancora a scrivere, produrre e suonare. E’ un fuoco travolgente che il tempo non può spegnere. Come mi racconta Alessandro, infatti, la loro musica è portata avanti proprio dalla voglia stessa di suonare, nella sua forma più pura e genuina, spogliata di tutte le “pretese professionali”. Sono proprio quest’ultime, infatti, che spesso inducono gli artisti a perdere di vista i motivi principi del creare: per lasciare un’ evidenza del proprio passaggio sulla terra, trasmettere un messaggio e avvicinare le persone. Il loro stile è una commistione di generi provenienti da esperienze diverse e maturati in anni di musica, tra tantissimi live, canzoni scritte e registrate, collaborazioni con artisti ed etichette. Il gruppo fino al 2013 ha vissuto un periodo sopratutto Rock\Noise, da garage band, influenzato poi a sua volta con l’arrivo di Alessandro. Questa “new entry” ha spronato la band ad aggiungere nuove sonorità, con influenze lounge ed elettroniche, e ad ampliare il set di strumenti. Le nuove sperimentazioni hanno portato finalmente, nel Settembre del 2016, alla pubblicazione del loro disco, “Trenches”, che puoi ascoltare tramite bandcamp, soundcloud o acquistare fisicamente.
OLTRE LE TRINCEE
Il disco porta con se un messaggio ben preciso: le trincee sono quelle che l’umanità stessa si è creata per nascondervi comodamente la testa, lontana dalle ambizioni e dall’incontro con l’altro. Questa “comfort zone” ha lasciato fuori tutto ciò a cui l’uomo dovrebbe tendere per natura, permettendo alla realtà di schiacciare lo stupore e la spontaneità adolescenziali negli angoli più profondi dell’anima. Ecco perché in questo contesto entra a gran forza il ruolo degli Stolen Apple e dell’artista in generale: per riavvicinare, attraverso la musica e le proprie opere, l’uomo ai suoi sogni. L’album stesso si presenta con una copertina asettica: il paesaggio immerge subito l’ascoltatore in una di quelle trincee, per poi lasciarlo alle canzoni del disco che, traccia dopo traccia, lo portano al di là. Quanto detto si traduce inevitabilmente in musica, la quale diventa a sua volta amplificatore naturale del messaggio che porta. Si riversano nei brani le esperienze personali, in un mix che lascia spazio ad un arricchimento piuttosto che ad una contaminazione. Suoni, errori ed espressioni vengono raccolti in un unico flusso che viene lasciato scorrere: si cerca di non interrompere il processo creativo e spontaneo, registrando senza costrizioni tecniche o regole di produzione. La perfezione viene scartata a vantaggio dell’anima, un’anima a mio avviso blues vestita di rock. 12 pezzi che suonano massicci nei contenuti come negli arrangiamenti. Un disco che ricorda qualcosa di già sentito, come vuole anche la composizione, ma che stravolge nel concetto stesso di fare musica, ormai controtendenza, e che quindi sorprende.
NON ANCORA
A volte mi chiedo, come musicista e blogger, se valga la pena continuare a suonare, scrivere e produrre. A volte mi dico che è già stato fatto moltissimo, e che da qui in avanti sarà solo un ciclo che si ripete e si copia. Poi parlo con Alessandro e lui mi racconta che è difficile continuare, sia per gli Stolen Apple che per la scena musicale: ma anche che c’è ancora da dare, ancora spazio per pensare e creare, ancora vita per poter raccontare. La loro storia mi sorprende, e capisco che non è ancora arrivato il tempo di mollare. - L'INDIEZIATO di Andrea Gemelli


"Recensioni - Reviews"

Back in the 1970s, Italy was home to some of the great Italian jazz-fusion bands as well as some excellent rock bands like Sensations Fix. Bringing the classic punk rock and New Wave sound of the late 1970s into the early 20th century, Stolen Apple released their album Trenches in 2017. Stolen Apple creates music inspired by Velvet Underground and also Italy’s legendary punk-prog band Sensations Fix, with its raw rock energy showing at all turns. Truly bizarre cover art only adds to the suspense and suspension of their tightrope ride. An effective lead singer and guitarist, Alessandro Pagani sounds like an Italian version of Ian Hunter of Mott The Hoople mixed in with some Lou Reed vocal mannerisms. There’s nothing better than hearing a tight Italian new wave punk band that sings in English and Stolen Apple brings the sound of the late ‘70s / early ‘80s back in style on Trenches. - MWE3 by ROBERT SILVERSTEN


"Intervista - interview"

MTM Middle Tennessee Music by Joshua Smotherman

Where are you from and what style of music do you create? (In your own words, not necessarily in marketing terms or by popular genre classifications.)

WE ALL COME FROM FLORENCE,TUSCANY, ITALY, AND OUR SOUNDS IS THE SUM OF MANY INFLUENCES, ALL ACROSS THE ATLANTIC OCEAN, WHICH HAVE BEEN FOLLOWING US FROM THE ADOLESCENCE, POURING DOWN FROM NEW WAVE, POST PUNK AND PSYCHEDELIA BUT EVEN FROM ARTISTS LIKE BOB DYLAN OR NEIL YOUNG. ITALIAN MUSIC HAS BEEN INTERESTING US ONLY REFERRING TO SOME KIND OF SONGWRITING, ESPECIALLY IN LATE 70’S OR EARLY 80’S, WHICH HAD A GREAT DEVELOPMENT NOT ONLY UNDER ACOUSTIC-AND-ONE-MAN-BAND FORM AND WITH A GREAT CARE ABOUT LYRICS. IN SHORT, WE STILL DON’T KNOW IF THERE’S ANYTHING “STYLISH” IN OUR MUSIC. IT SIMPLY RUN OUT FROM US, LIKE BURSTING OR CRYING. EVEN IF WE USUALLY THINK LOUD WHILE BEGINNING TO MELT OUR IDEAS, WE DISCOVERED AFTER SOME ACOUSTIC GIGS THAT WE DON’T NECESSARILY NEED HIGH VOLUMES OR HUGE STAGES (ANY KIND OF THIS WAS NEVER OFFERED US, HOWEVER!!!) TO PLAY THEM AT BEST.

What led you down this path of music and what motivates you to keep going?

WE HAVE SOMETHING TO TELL WHICH JUST CAN’T BE TOLD SIMPLY IN WORDS AND WE KEEP GOING BECAUSE WE NEED IT; IT’S LIKE A COMFORTABLE, SMALL WORLD WHO STARTS ONCE IN A WEEK IN A 9 SM CELLAR THAT WE OCCUPIED AT THE TIME WE WERE JUST KIDS AND THEN GROWS EVERY TIME BIGGER, STAYING AT OUR SIDE IN MANY OTHER VARIOUS MOMENTS OF THE DAY. IT’S A SHAME WE’RE NOT PROFESSIONAL MUSICIANS AND THE TIME TO DEVELOP SOUNDS, ARRANGEMENTS AND SOLUTIONS IS TOO SHORT.

How is this new release different than previous ones? Were you trying to accomplish anything specific?

“TRENCHES” IS NOT OUR FIRST RECORDING EXPERIENCE, BUT THE RESULTS OF OTHER FORMER SESSIONS WERE TOO HETEROGENEOUS: BY THAT TIME OUR GOAL WAS TO PRODUCE A VINYL SUPPORT BUT WE WEREN’T SATISFIED ABOUT THE PRESS TESTS AND LET IT ALL GO. BY THE END OF 2014, WHEN ALESSANDRO JOINED ON DRUMS, OUR SOUND SURELY GREW IN ROUGHNESS AND DYNAMIC, AND WE DECIDED TO DRIVE THIS NEW EXPERIENCE TO A NEW ALBUM. IT WAS AN HARD JOB, LIKE ALL SELF-PRODUCTIONS, BECAUSE YOU’VE TO FOLLOW ANY PART OF PUBLISHING, FROM MIX DOWN TO COVER GRAPHIC

Name one or two challenges you face as an indie musician in this oversaturated, digital music age? How has technology helped you (since we know it does help)?

IN THIS AGE OF MASS STRATIFICATION, THE WORD INDIE ALMOST COMPLETELY LOST ITS ORIGINAL INTRINSIC MEANING, THAT IS BEING FREE FROM EXTERNAL CONSTRAINTS. WE CAN’T CONSIDER INTERNET THE DIGITAL ERA AN OBSTACLE TO THE MUSIC, BUT A BETTER AID TO THE VISIBILITY OF THE ARTIST, AND AN EASIEST WAY TO MAKE MUSIC, THE SO-CALLED ‘DO IT YOURSELF’ CONCEPT. SURE THAT IT REMAINS TO UNDERSTAND THE BEST WAY TO USE THE NETWORK, NOT TO FALL INTO COMMERCIAL TRAPS THAT ONLY WASTE TIME. ON THE OTHER HAND, IT ‘S A GREAT PITY FOR THOSE WHO LOVE THE MUSIC NOT TO SEE ALMOST OPEN RECORD STORES, SINCE THE THE ADVENT OF TECHNOLOGY DID OUT THE VINYL AND CD CREATION CONCEPTION.

Where is the best place to connect with you online and discover more music?

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AND THE PURCHASE PAGES OF OUR ALBUM DISTRIBUTED BY AUDIOGLOBE AND CLEARSPOT .

Anything else before we sign off?

FOR A SELF–PRODUCING AND SELF-PROMOTING BAND LIKE US IT’S HARD ENOUGH TO FIND DATES HERE AROUND, ESPECIALLY IF YOU REQUIRE SMALL FEES OR REFUNDS, AS WE BELIEVE CORRECT, SO WE’VE NEVER SERIOUSLY PLANNED TO MOVE FAR FROM HOME FOR LONG PERIODS, BECAUSE OF US LEADS HERE HIS JOB AND HIS FAMILY. LOOKING AT OUR MUSIC ATTITUDE, IT WOULD BE SURELY WONDERFUL TO DO EVEN A SMALL TOUR ABROAD. SO, IF YOU HEAR ABOUT SOME GIG IN TENNESSEE WE ARE READY TO JOIN! OR, AS YOU PREFER, “IF YOU HEAR VAGUE TRACES/OF SKIPPIN’ REELS OF RHYME/IT’JUST YOUR TAMBOURINE IN TIME”…. - MTM Middle Tennessee Music by Joshua Smotherman


"Recensione - Review"

Trenches, the LP, from Florence-based Stolen Apple is a mellower affair, running on angular guitar lines, restless drum beat patterns, and plaintive, singing-talking vocals transmitted by Pagani in English. Indie rock, post-punk, and psych-rock influences shine through each song, like the storyteller “Fields of Stone” and folky singer-songwriter number “Misery town.” - REBEL NOISE (Usa) by jen Dan


"Recensione"

Con Alessandro Pagani ci siamo scambiati poche righe di email quando mi accennava a Trenches, l’album pubblicato a settembre del 2016 dagli Stolen Apple.Avremmo dovuto occuparcene subito perché il disco è un sano rock, veritiero, possente che riesce a introitare nel suo flusso le sonorità che lo hanno preceduto o succeduto come il blues, il punk, il country, o le versioni nel grunge o la psichedelia.Avremmo dovuto occuparcene anche per la longevità artistica dei componenti della band fiorentina nei loro passaggi dal 1992 (Malastrana, Buzz On, Nest) non ha mai perso il senso del rock, naturalmente, con alle spalle il suono degli anni in cui sono partiti.Dal 2008 la band è composta da Riccardo Dugini (voce e chitarre), Luca Petrarchi (voce, chitarre, mellotron, organo e synth), Massimiliano Zatini (voce, basso e armonica) e Alessandro Pagani (voce, batteria, piano e percussioni). La bontà del disco con diversi brani frutto dell’improvisazione in studio, ci fa mettere da parte i quasi due anni trascorsi dall’uscita delle dodici canzoni che lo compongono a raccontare di barriere che molti di noi continuano ad avere e a porre senza mai provare a picconarle per vivere meglio. Il secondo brano dell’album, tutto cantato in inglese, è Green Dawn dove tutto suona rock con un attacco ritmico delle percussioni che lascia inchiodati per dare spazio alla chitarra senza scendere di velocità salvo sul finale quando introduce movenze punk. A metà del lavoro splendide chitarre con un suono pieno, mescolano sapientemente virate di blues a soluzioni pop, organo incluso e cori, Living on Saturday con la chiusura da ballad classica. La lenta Pavement si annuncia con un chitarra, quasi dolente, che terrà le redini del brano con spunti di psichedelia che non ne alterano il movimento. Meno di tre minuti, ma Falling Grace è una continua e veloce esplosione rock che affonda le sue radici negli anni ’90’ comprese lanci post punk. Altrettanto potente e inarrestabile è Red line, una canzone che riverbera spesso di psichedelia e dove batteria e basso hanno un ruolo primario. L’armonica di Daydream ci porta verso i terreni del country, mentre Sold Out è una sventagliata di chitarre e percussioni a velocità punk anche se i cori aprono finestre su toni melodici a dimostrazione della qualità della composizione. Due annotazioni per finire: la prima che il nome del gruppo è ispirato dalla storia di Ernest Lossa, bambino jenisch ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti; la seconda è sull’inglese e dice più o meno che la bravura degli Stolen Apple consentirebbe di suonare nel nostro idioma anche se non è sempre i più adatto al rock. Non vi curate di noi e ascoltate. - Mentinfuga di Ciro Ardiglione


Discography

WHEN WE RISE - 11 TRKS FULL LENGHT CD - 2009 / 2012

TRENCHES - 12 TRKS FULL LENGHT CD - 2016

Photos

Bio

La band si è formata a Firenze nel 2008 dalle ceneri dei Nest, autori di due lavori pubblicati rispettivamente per Urtovox/Audioglobe (“Drifting”, 2001) e Zahr Records/Blackcandy - Audioglobe (“Isnt’ it?, 2007). Del nucleo originario, (materiale e notizie su myspace.com/nestband) restano due membri fondatori, ovvero Riccardo Dugini (voce, chitarra), e Luca Petrarchi (voce, chitarra); a completare l’organico Massimiliano Zatini, già aggregato ai Nest come percussionista in alcuni esperimenti acustici e qui al basso, ed  Alessandro Pagani (già batterista dei Subterraneans ed una delle menti di Valvola/Shado Records),  presente nella formazione per un periodo a metà degli anni ’90 quando il gruppo era denominato Malastrana.Il nome della band è stato ispirato dalla storia di Ernst Lossa, bambino jenisch ucciso nel 1944 dai nazisti nell’ambito del loro programma di sterminio degli individui non autosufficienti, narrata fra gli altri da Marco Paolini nel suo spettacolo “Ausmerzen”.

The band was formed in 2008 from the ashes of Nest, authors of two records published respectively by Urtovox/Audioglobe ("Drifting", 2001) and Za Records/Black Candy-Audioglobe ("Isn't it?, 2007). From the original nucleus, (material and news about myspace.com/nestband) are two founding members — Riccardo Dugini (vocals, guitar), and Luca Petrarchi (vocals, guitar); to complete the organic Maximilian Zatini - already aggregated to Nest as a percussionist in some acoustic and experiments - here on bass, and Alessandro Pagani (former drummer in Subterraneans and one of the masterminds of Valvola/Shado Records), in training for a period in the mid-90 's when the band was called Malastrana. The band's name was inspired by the story of Ernst Lossa, Yenish child killed in the 1944 by the Nazi as part of their program of extermination of individuals, narrated among the others by Marco Paolini in his show "Ausmerzen".

Band Members