Suz
Gig Seeker Pro

Suz

Bologna, Emilia-Romagna, Italy | Established. Jan 01, 2007 | INDIE | AFM

Bologna, Emilia-Romagna, Italy | INDIE | AFM
Established on Jan, 2007
Band Pop Electronic

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Music

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"Suz su Internazionale"

Suz, Distant Skies

La spacciano per “cantautrice bolognese” ma siamo dalle parti di Bristol e non c’è traccia di Guccini in gonnella. E allora ecco il trip-hop al ragù. Arricchito dal bassista dei Casino Royale (Alessio Manna alias Blackworks), più producer newyorchese old school (KutMasta Kurt. Ehi, lavorava con i Beastie Boys). Molta sound consciousness; festa come se fosse il 1998 (Moloko, Neneh Cherry, Tricky). L’album, One is a crowd, è denso di psico-slow voluttà anglofone e malinconia allucinata. Riciclabile per l’era dei millennials diversamente corteggianti. - Internazionale


"Recensione di "One is A Crowd" su Alias"

Tanta gavetta e una passione sconfinata per il trip hop... - Il Manifesto


"Recensione "Shape of Fear and Bravery" su "Io Donna""

SUZ Shape of fear and bravery (No Mad Records)
Ogni tanto qualche lampo di creatività illumina la non brillantissima scena italiana. È il caso della vocalist bolognese Suz, al secolo Susanna La Polla (suo padre Franco è stato un importante studioso del cinema “born in Usa”), ex giornalista musicale passata dall’altra parte della barricata. Tutti cantati in inglese, i dieci brani di questo esordio parlano di paura e coraggio, oscillando tra l’elettronica e il reggae, il futurismo sonoro estremo (sintetizzatori, linee di basso ossessive) e il calore del canto umano. Promettente. - Io Donna


"Recensione "Shape of Fear and Bravery" su Il Mucchio Selvaggio"

Shape Of Fear And Bravery
No.Mad

Suz è un progetto al quale hanno preso parte componenti dei Casino Royale, nella fattispecie Ezra alla consolle e Alessiomanna ospite al basso in alcuni brani. La formazione è un trio guidato dalla voce di Susanna La Polla, affiancata da El Reverendo M e Duccio Lombardi e questo album di esordio, “Shape Of Fear And Bravery”, se è vero che può contare sulla lunga esperienza di chi ci ha messo mano, allo stesso tempo possiede una freschezza e una inventiva che è quella di chi, tirate le somme delle ultime stagioni di musica elettronica (intesa a 360°: dal dubstep al nu jazz, a quello che resta di una remota sensibilità trip hop, fino agli scenari gotico-fiabeschi dei The Knife), è riuscito a fare un riassunto molto credibile e molto convincente. I suoni fuoriescono prepotentemente dallo stereo e la produzione è ai massimi livelli ma, come avrete capito, non è una questione di suono: il disco convince soprattutto per l'eclettismo e la solidità della scrittura, per il sapersi muovere tra scenari nordici (la ipnotica “The Gathering”), solide macchine ritmiche (“Shield Machine”) e stralunati momenti folk a braccetto con ritmi ossessivi (la bellissima “Countdown”). Insomma, un esordio eccellente. - Il Mucchio Selvaggio


"Intervista a Suz di Damir Ivic"

Un esordio veramente atipico quello di Suz, al secolo Susanna La Polla. Atipico per i suoni del disco, atipico anche per il personaggio.


Conosciamo prima di tutto Susanna come collega: per anni è stata nella redazione di “Tribe”, mensile ora ormai chiuso ma che per molti anni, grazie anche all’impostazione onestamente pop, è stato fra i più venduti magazine musicali in Italia: “In effetti sì, ero in redazione, arrivavano ogni mese queste montagne di CD, e ascoltandoli scattava ogni tanto il pensiero del ‘Beh, allora potrei fare un CD anch’io, a ‘sto punto’, vero. Di sicuro però né all’epoca né adesso pensavo di fare un disco per poter arrivare a fama, soldi e gloria; il punto è un altro, il punto è che cantare per me è sempre stata un’esigenza”. La storia di Suz arriva infatti da lontano: non dagli ultimi anni spesi in una redazione milanese, ma da una lunga militanza nella Bologna anni 90, quella delle posse, delle occupazioni, del Pratello cantato da Mimì Clementi. I più attenti esperti della scena musicale del periodo si ricorderanno magari che Papa Ricky girava live con tal Susanna – esatto, stiamo parlando della stessa persona. “Bologna non è forse più quella di una volta, di sicuro c’è soprattutto sotto che la giunta Cofferati ha subito una pesante sferzata in negativo. Con lui sindaco, passate le due di notte ti chiedevi ‘E adesso cosa facciamo, dove andiamo?’ senza poterti dare una risposta, situazione che nel decennio precedente sarebbe stata semplicemente assurda ed inimmaginabile. Vediamo adesso, con al giunta nuova… Non voglio comunque fare la nostalgica. Non sarebbe né giusto né rispettoso verso chi si sbatte oggi per tenere vive varie scene, che ci sono e sono anche vitali ed importanti. E che seguo con grande interesse: vado al Covo, vado al Locomotiv, non sono certo rimasta chiusa in casa a rimpiangere il vecchio Livello 57 e le occupazioni in Pratello”.

Gli anni 90 sono un momento importante non solo nella biografia passata di Susanna, ma anche nella sua sensibilità artistica presente: l’album, “Shape Of Fear And Bravery” (No.Mad Records), ha una forte connotazione bristoliana, pesca a piene mani dalle atmosfere trip hop che negli anni ’90 erano diventate Verbo. Scelta oggi controcorrente. “E’ molto semplice: volevo fare il mio disco, senza pormi il problema di suonare più o meno attuale. Cosa che può essere un pregio come un difetto; la cosa certa è comunque che non avevo dischi e hype attuali da cui farmi influenzare. Ma va anche detto che le idee e le sonorità del trip hop sono tutt’altro che morte, visto che molte di esse sono state assorbite dal pop ufficiale”. Quindi per certi versi potrebbe essere un disco pop, il tuo? “Sì e no. Sì perché complessivamente è fatto di melodie vocali semplici, spero accattivanti; no perché è un disco integralmente autoprodotto, fatto seguendo solo le intuizioni musicali mie e delle persone che via via hanno collaborato al progetto”. Progetto nato a tre, se non sbaglio… “Esatto: eravamo io, Reverendo M (producer elettronico già all’opera ad esempio su colonne sonore) e l’arpista toscano Duccio Lombardi. Piano piano il Reverendo si è staccato dal progetto, mentre hanno assunto progressivamente un ruolo molto importante Ezra, dj e produttore già nell’orbita Casino Royale, ed Alessio Manna, che dei Casino Royale è da sempre il bassista (nonché autore di vari pezzi). C’è la loro forte impronta, sul risultato finale”.

E ora? Si diceva: non si fa un disco per la fama, i soldi e la gloria, nel 2009. “Soldi e gloria la vedo dura, ma intanto a un mese dall’uscita sono già soddisfatta. Il mio obiettivo era che ‘Shape Of Fear And Bravery’ fosse tanto un punto di arrivo, una manifestazione concreta dei miei pensieri e delle mie idee musicali ora che ho abbandonato il posto in redazione a Milano per tornare nella mia Bologna e che ho voluto dare concretezza a rapporti e frequentazioni che porto avanti da anni, quanto un punto di partenza, un qualcosa che provocasse una piccol - Fuori dal Mucchio (Il Mucchio Selvaggio)


"Suz on Deftune.com (USA)"

Suz recently released her debut solo album Shape of Fear And Bravery through indie label No.Mad Records. It’s a collection of music inspired by life changing experiences with details of conquering fear and finding courage. This is all delivered beautifully through Suz’s soulful vocal work layered over futuristic dubstep and trip hop influenced instrumentals. An array of instruments ranging from analog synths and organic live instruments find their way here to make it an amazing sounding album. Highly Recommended. - Deftume.com


""Lacework", disco del giorno su Rockit"

Da una musicista che ha improntato una carriera intera sugli intrecci musicali tra bianco/nero, toni caldi/toni freddi e spiritualità/fisicità, era lecito aspettarsi, prima o poi, un progetto artistico incentrato sugli intrecci esistenziali e le relazioni umane in genere, come a voler alimentare quella imprescindibile corrispondenza biunivoca tra musica e vita che, alla fine, costituisce l’insostituibile lievito madre di qualsivoglia slancio artistico votato alla genuinità.
E di genuinità ce n’è davvero tanta nella terza fatica di Susanna “Suz” La Polla, per via di quegli innumerevoli scampoli di vita intramagliati tra le increspature elettroniche di quel suo trip-hop contaminato che succhia sangue dalla semplicità di un pianoforte. Supportata dalla misurata produzione artistica di Ezra Capogna la musicista bolognese asseconda le sue persistenti voglie bristoliane aggiungendoci di tasca propria una bella dose di carnosità soul e tanto, tanto, pop a fare ciccia.
I riferimenti sono sempre gli stessi – e ci mancherebbe – con Massive Attack e Portishead, su tutti, a fare il bello e il cattivo tempo, oltre a echi di Moby nei frangenti più clubbing (“Pure Rapture”) e di Hooverphonic nelle aperture più melodiche (“Anthemusa”), con qualche esotismo sparso qua e là a fare breccia negli impasti dub (“Wall of mist”, “Test of gold”).
Nonostante qualche passaggio ripetitivo nello schema di gioco, soprattutto a livello di vocalità, “Lacework” rimane, nella sua oculata derivatività, una candida dichiarazione d’amore verso una scena musicale che ha segnato, insieme a poche altre, la parte migliore degli anni '90. - Rockit


""One is A Crowd" o Deftune.com (USA)"

Italian siren Suz is back with a new album. One is a Crowd, a reference to T.S. Eliot, explores the gamut of beats and R&B styles. You can be sure she infuses dubstep throughout though, with producer Ezra (Casino Royale) in tow. Ezra’s dubstep influence sets an ominous tone on To Here and Now, and is is used to propel the dance floor ready A Thousand Deaths to the next level. The depth of her lyrics are evident; come for the beats, stay for the writing. Suz is open, raw, and blunt. Her voice is powerful, yet eerily calming. It commands the listener to sit up and take notice. Suz coos, “Don’t say a word / Don’t shout that it was not your fault / silence will be louder than bombs / thundering under distant skies”. These words are the reverberating chorus of the album’s single Distant Skies (Don’t Say a Word). Her succinct beat is infectious and her vocals nod to the cadence of the line-blurring, reggae-infused Pop/Rap styles of the late ‘90s. The track is haunting and will play in your head for days. - Deftune.com


"Intervista a Suz di Alarico Mantovani (Il Fatto Quotidiano)"

Un singolo carico di fascino ed inquietudine, come la mezzanotte in un mondo per nulla perfetto, rischiarata minacciosamente dalle esplosioni delle bombe: Distant Skies (Don’t Say a Word) è lo splendido brano, prodotto in modo esemplare da KutMasta Kurt, che ha dissodato il terreno per l’uscita di One Is a Crowd, il secondo album di Suz, prevista per il 31 gennaio su No.Mad Records. Le metafore sono importanti nella poetica di Susanna La Polla: se, immerso in un’atmosfera in cui riconosciamo il marchio classico ed inconfondibile del produttore storico di Kool Keith, il silenzio può essere Louder Than a Bomb – un tòpos dell’hip hop americano – ascoltando invece il disco nel suo complesso l’impressione è che, come canta Suz in Out of the Blue, il sole sia alto ma che il mattino sia ancora giovane, Sun Is High but the Morning’s Still Young.


Queste parole paiono esemplificare perfettamente la sua attuale condizione musicale: Suz ha un background di tutto rispetto ed ha compiuto un notevole cammino dai tempi in cui ha esordito come corista e vocalist di Papa Ricky, una ventina d’anni or sono, ma il suo nuovo disco dimostra che la strada da percorrere potrà essere ancora altrettanto lunga e piena di soddisfazioni poiché la sua musica è saldamente proiettata nel futuro. Questo grazie anche ai suoi tanti ottimi collaboratori, da quelli abituali come gli ex Casino Royale AlessioManna (Blackjob) ed Ezra, che la accompagnano anche dal vivo, a quelli “occasionali” ma di lusso come Dj Pandaj, Bruno Briscik, Angela Baraldi o come l’ex Sangue Misto Deda nelle vesti di Katzuma and the Expanding Machine che ha curato uno dei remix di Distant Skies.

Nella voce e nella musica di Suz vi è una impronta profondamente black, non soltanto blues, soul, hip hop ma oserei dire “giamaicana”, così come è stata filtrata, rielaborata e metabolizzata dalla bass culture e dalla scena elettronica anglosassone. Il trip hop bristoliano del Wild Bunch, artisti del calibro di Massive Attack, Tricky, Shara Nelson, Neneh Cherry, restano certamente punti di riferimento imprescindibili ma il nuovo lavoro si apre a varie sonorità e stili: pezzi come la vertiginosa Frailest China e la caracollante e claustrofobica The Enemies Within approfondiscono il loro raggio d’azione, prefigurando un futuro sempre più eccitante. Ed il 9 febbraio vi sarà l’occasione propizia per vederla all’opera nella sua Bologna, all’Arteria.


Negli USA è appena uscito The Best of Punk Magazine, un bel volume antologico dedicato alla storica fanzine americana della seconda metà dei Settanta. Lo sfogli e nelle prime pagine appare una magnifica carta topografica a fumetti intitolata The Punk Map of N.Y.C. (for jerks who just don’t know their way around): qui abita Patti Smith, là c’è il CBGB, lì c’è la casa di Lester Bangs e così via, in esilarante e mirabile rassegna. Embè, che c’entra? Direte voi. E’ da qui che ho tratto ispirazione per la domanda con cui si apre la nostra conversazione con Suz… ecco che c’entra.

Spesso vengono citati Stop al panico e L’Isola nel Kantiere come emblematici di un’epoca. Se dovesse descrivere la sua Bologna di fine Ottanta primi Novanta, il periodo in cui ha mosso i primi passi e si è fatta musicalmente le ossa, quali persone, luoghi, eventi citerebbe Susanna La Polla per darne una raffigurazione, come fosse un affresco o una mappa?

Di quell’epoca ricordo ovviamente le occupazioni. L’Isola nel Kantiere, che sorgeva nel retro palco dell’Arena del Sole allora in ristrutturazione, in Piazza San Giuseppe. La Fabbrica invece era nel luogo in cui oggi sorge l’AC Hotel, in via Serlio: ci avevano suonato gruppi del calibro di Test Dept e Fugazi. Spike Lee venne a Bologna in quel periodo. Anche se ascoltavo di tutto, l’influenza più grande per me arrivò dall’hip hop e sono felice ed orgogliosa di aver vissuto quel momento in cui in Italia è tutto cominciato. Oltre a Stop al panico/Stop War dell’Isola Posse All Stars, altri pezzi storici dell’epoca erano Slega la Lega/Gara Dura dei Fuckin’ Camelz ‘n Effect e Sfida al buio di Speaker DeeMo. Ricordo le serate Ghetto Blaster del giovedì, dedicate all’hip hop e fondamentali per la mia formazione, e quelle alla Morara che organizzavamo con la Young Energy Posse di cui facevo parte. Pur non facendo parte dell’Isola, la frequentavo tutti i giorni: lì sono stati organizzati concerti storici come quelli di Henry Rollins, Vandals, HR dei Bad Brains, Gorilla Biscuits. C’era stata la tre giorni INK 3D, forse il primo grande meeting underground italiano dedicato a nuove tecnologie e hackers. Inoltre intorno all’Isola gravitava anche la celebre Mutoid Waste Company. E non è finita qui perché sempre lì sono state organizzate le prime lotte nel fango, incontri di boxe, il primo Cotechino d’Oro: tutte manifestazioni che suscitavano anche una partecipazione popolare. Al di là di ogni nostalgia, ho sempre pensato che quella dell’Isola nel Kantiere sia stata un’esperienza assolutamente fuori dall’ordinario, irripetibile. Un altro luogo importante all’epoca era Scandellara, che grazie a Pecos è diventata una vera e propria fucina di artisti. Anche il Covo per il punk e il rock ed il Casalone per il reggae avevano un ruolo di primo piano: quando suonavo con i Sushi à la Suntory, con Riccardo Pedrini, facevamo le prove lì oltre che alle Case Occupate di via del Pratello. Dimenticavo: il Pellerossa, il centro sociale per un breve periodo in piazza Verdi prima dell’apertura del Livello 57. Tra le tante persone non posso non ricordare Papa Ricky, che mi chiese per la prima volta di andare a cantare con lui durante una delle feste organizzate Mutonia a Santarcangelo di Romagna. E poi DJ Fabri, ex batterista dei Negazione e dj di Papa Ricky, che mi fece conoscere prima la dancehall music, poi la jungle: è anche grazie a una persona squisita come lui che ho accresciuto la mia cultura musicale. La Momma invece mi ha fatto ascoltare un sacco di hardcore punk e insieme abbiamo seguito in tour gli Agnostic Front nel ’92.

Al Der Standard (Modo Ovest) hai appena proposto una playlist di brani che hanno avuto un ruolo decisivo nella tua formazione. Tra i tanti ad esempio ho riconosciuto la meravigliosa versione di Black Coffee di Tricky, nelle vesti di Nearly God, con Martina Topley-Bird alla voce. Qualche altro titolo essenziale per i nostri lettori?

Innanzitutto la versione di Black Coffee interpretata da Sarah Vaughan e datata 1949: questo e altri suoi brani hanno influenzato molto la mia maniera di cantare. Poi: Los Angeles degli X, Manchild di Neneh Cherry, Step in the Arena dei Gangstarr, Breach the Peace degli Spiral Tribe, Cose difficili dei Casino Royale, Lo straniero di Sangue Misto, Il suono della strada di Dj Gruff, I Put a Spell On You di Screamin’ Jay Hawkins, 2000 Light Years from Home dei Rolling Stones ed anche nella cover dei Danse Society, Pure Pleasure Seeker dei Moloko, New Forms di Roni Size feat. Bahamadia, Anthony Perkins dei Gaznevada… ma accidenti, non basterebbe una settimana per elencarli tutti!

Quali sono il significato e la genesi del titolo del nuovo album, One Is a Crowd? Quali allusioni più o meno esplicite di carattere artistico si possono cogliere nell’arco del disco?

One Is a Crowd mi è balenato in testa un giorno. Non è un concetto individualista: dal mio punto di vista, anzi, una persona è il risultato di una moltitudine di esperienze. Se vuole, una persona ha anche la potenza di una moltitudine e può da sola riuscire a smuoverne molte altre in vista di un obiettivo comune. Tempo dopo ho scoperto che One Is a Crowd è anche il titolo di un libro scritto dall’attrice afroamericana Beha Richards, la prima ad interpretare la pièce teatrale The Amen Corner di James Baldwin ovvero uno dei testi di cui mi ero innamorata quando avevo vent’anni, consigliatomi da Ishmael Reed in persona. Questa singolare coincidenza mi ha fatto pensare che avevo davvero scelto il titolo giusto. Per quanto concerne alcune delle citazioni e delle allusioni contenute nelle mie canzoni: in To Here and Now c’è un sample della title track, scritta da Dave Grusin, della colonna sonora di Yakuza di Sidney Pollack; il titolo di The Enemies Within strizza l’occhio ad un celebre episodio di Star Trek; nel testo di Let One Be a Crowd cito le parole Bang a Gong che ho ripreso da Get It On di Marc Bolan [dall’album Electric Warrior dei T-Rex NdR.]

La voce di Suz ha pochi eguali nel panorama italiano: costituisce uno di quei rari casi in cui avviene l’incontro tra un background culturale internazionale, consapevole ed articolato ed un mix di spiccata sensibilità musicale e doti canore. Quali altre voci femminili dovremmo tenere d’occhio tra quelle emergenti? Quali invece le voci nella storia della musica senza le quali Suz non si esprimerebbe nel modo in cui si esprime?

Ti ringrazio, fra le cantanti italiane vorrei citare Francesca Amati (AmyCanBe, Comaneci), che musicalmente sento molto vicina a me, ma anche Francesca Bono (OfeliaDorme, LetHerDive) e non ultima Estel Luz (DotVibes) che duetta con me in Bring Us Down. Per quanto riguarda le grandi voci femminili che mi hanno influenzato dico in primo luogo Sarah Vaughan– forse ancor più di Billie Holiday– e poi Maddy Prior degli Steeleye Span, Mama Cass dei Mamas and the Papas e tutte le voci del trip hop, da Neneh Cherry a Shara Nelson, da Nicolette a Martina Topley-Bird sino a Roisin Murphy.

Cos’è cambiato dai tempi di Shape of Fear and Bravery nel modo di lavorare? Il nuovo disco ha avuto una genesi ed una gestazione differente in fase di produzione e realizzazione? Se volessimo confrontarne le sonorità quali sono le caratteristiche salienti dell’uno e dell’altro?

Innanzitutto sono cambiati i musicisti: nel primo i pezzi erano stati scritti dal Reverendo M e su quelli io avevo individuato melodie e scritto i testi. Poi alcune divergenze hanno portato allo scioglimento di quella formazione di cui faceva parte anche l’arpista Duccio Lombardi. Il nuovo disco è invece nato a partire da quattro pezzi scritti da AlessioManna, ex bassista dei Casino Royale. Il tutto è stato poi prodotto da Ezra al No.Mad studio di Torino, io al suo fianco, tranne il primo singolo, prodotto da KutMasta Kurt, lo storico collaboratore di Kool Keith, e Nighthawk, coprodotto da Bruno Briscik. Oltre ad alcuni brani scritti da Ezra, c’è anche un brano scritto dal bravo Luca Scarrone e cui partecipa Angela Baraldi, collaborazione di cui sono orgogliosissima dal momento che apprezzo molto Angela sia come artista che come persona. Ciò che è rimasto costante dai tempi del primo disco sono Ezra alla produzione ed AlessioManna ovvero i musicisti che mi accompagnano dal vivo. In cosa differiscono i due album? Il primo era un disco molto scuro ed era molto particolare perché c’era l’arpa: non mi pare vi siano molti dischi di musica elettronica in Italia in cui compare questo strumento. Nel nuovo disco ci sono invece parecchi brani up-tempo, alcuni dei quali potrebbero addirittura essere ballabili: posso affermare che One Is a Crowd si apre un po’ al pop ma non è assolutamente una caratteristica studiata a tavolino. Altra differenza fondamentale è che nel nuovo disco ci sono duetti vocali, cosa che non succedeva in Shape of Fear and Bravery.

Le collaborazioni con tanti artisti italiani di ottimo livello sono note. Quello che mi incuriosisce è invece sapere come è avvenuto il contatto con due produttori d’oltreoceano come Thavius Beck e KutMasta Kurt: a mio avviso hanno fatto davvero un bel lavoro, il primo remixando The Gathering ed il secondo producendo il nuovo singolo, Distant Skies.

Per Thavius Beck devo ringraziare Myspace perché avevo sentito un suo bel remix di un brano di Nine Inch Nails insieme a Saul Williams, intitolato Survivalism: dal momento che parliamo di artisti che amo molto ho provato a contattarlo e la cosa è andata a buon fine. Invece la collaborazione con KutMasta Kurt è nata tramite Facebook: avrei tanto desiderato anche un cameo di Kool Keith ma poi purtroppo non si è concretizzato. - Il Fatto Quotidiano


"Intervista a Suz su Rockol"

Due settimane fa abbiamo presentato Suz sulle pagine di The Observer. La settimana scorsa, invece, commentato il suo ottimo, secondo disco, intitolato “One is a crowd”. Oggi, invece, abbiamo preso contatto con l’artista bolognese per scambiare due parole e conoscerla più da vicino, giusto per chiudere come si deve lo spazio a lei dedicato.

Uno spazio che Suz si è guadagnata con un nuovo album arrivato a tre anni di distanza dal suo predecessore: “Nel 2010 è uscito ‘Shape Of Fear and Bravery Remixed’” racconta Susanna a Rockol, “il disco che raccoglie i remix di tutti i brani del primo album, fra cui quelli di Thavius Beck, Katzuma, Tayone, Macro Marco, Gopher D e Little Tony Negri. Dopodiché è arrivata la collaborazione con Massimo Carozzi (El Muniria, Zimmerfrei) e Manuele Giannini (Starfuckers) per il progetto Weight and Treble, poi quella con Black Job, ossia Alessiomanna nella sua nuova veste da solista insieme alla label Original Cultures. Nel 2011 ho partecipato con due brani all’ultimo disco di dj Pandaj ‘Destination unknown’ ed infine l’ultimo anno, collaborazioni giornalistiche a parte, l’ho interamente dedicato a ‘One Is A Crowd’. Era da tempo che volevo fare un secondo disco, solo che io e Ezra non riuscivamo mai a trovare il momento buono per metterci a lavorare insieme a causa dei nostri rispettivi impegni. Alla fine il momento giusto è arrivato a fine gennaio del 2012, quando ho fatto la valigia e sono stata una decina di giorni a Torino, ossia il tempo necessario per impostare il lavoro che poi è stato completato in varie riprese nei ritagli di tempo libero”.




Suz nasce come vocalist negli anni Novanta. Prende parte a tantissimi progetti, eppure prima di esordire come solista passano diversi anni; nel frattempo, la musica cambia, evolve. Susanna rimane però lodevolmente molto legata al trip hop, un genere (e un sound) che oggi più che mai suona molto attuale, e che sembra davvero impossibile far passare di moda: “Nei miei teens ho ascoltato di tutto” ricorda Suz, “dal glam rock al jazz, dal folk al punk, ma anche tantissimo hip hop. A diciannove anni, prima di diventare corista di Papa Ricky facevo parte di una crew chiamata Young NRG e mi dilettavo a scrivere rime in inglese e in italiano su basi di artisti hip hop più o meno noti (7A3 e Gangstarr sono i primi nomi che mi vengono in mente). Come molti poi all’epoca ero rimasta folgorata da Isola Posse All Stars e in seguito dai Sangue Misto, nel frattempo è arrivato il trip hop ed è stato amore al primo ascolto. A partire da ‘Manchild’ brano scritto da 3D per Neneh Cherry che già nel 1989 dava un piccolo assaggio di quel che sarebbe stato un paio d’anni dopo ‘Blue lines’ dei Massive Attack. Poi ci sono stati ‘Maxinquay’ di Tricky, ‘Who Can You Trust’ dei Morcheeba, ‘CRX’ di Casino Royale, ‘New forms’ di Roni Size, ‘Dummy’ dei Portishead, ascolti di Moloko, Zero7, Thievery Corporation come se non ci fosse un domani e decine di altri dischi stranieri o italiani appartenenti a svariati generi musicali. In realtà tuttavia penso che nella musica che facciamo (il plurale è d’obbligo!) confluiscano molteplici influenze, inoltre nessuno di noi è rimasto fermo agli anni ‘90, definiamo il tutto ’trip hop’ per comodità ma forse è un termine un po’ riduttivo o non pienamente esaustivo. Per quanto riguarda le novità (chiamiamole così anche se i più pignoli obbietteranno che non si tratta di vere primizie) sono rimasta piacevolmente colpita da Azaelia Banks, Andreya Triana e Bajka Pluwatsch. In Italia non posso non segnalare Estel Luz dei Dotvibes che duetta con me in ‘Bring Us Down’ e che presto pubblicherà il suo disco di debutto da solista cantato in italiano. Ha una voce pazzesca”.




Per quanto riguarda il suo nuovo album, “One is a crowd”, Suz è stata affiancata da due, per così dire, "angeli custodi", AlessioManna e Ezra (titolare insieme ad Epitome di No.Mad Records). Una collaborazione nata tanto tempo fa… “Io e Alessio ci siamo conosciuti nei primi anni ’90” ricorda Susanna, “ai tempi dell’Isola nel Kantiere. Poi ci siamo persi di vista ma ci si rincontrava ogni tanto in giro per l’Italia nei vari centri sociali, a qualche concerto o a Bologna. Ezra invece l’ho conosciuto nel 1996, in occasione di un concerto di Papa Ricky (con cui cantavo all’epoca) organizzato da Alessio ad Alessandria. Io ed Ezra ci siamo sempre mantenuti in contatto negli anni, avevamo già provato a scrivere diverse cose insieme ma nulla che ci soddisfacesse. Mi mandava continuamente cd, ho la casa piena dei nostri provini e di quelli di ‘Ingrembo’, il suo primo disco. Nel 2006, quando è uscito ‘Reale’ dei Casino Royale ci siamo rincontrati tutti e tre a Milano dove ho abitato per otto anni quando lavoravo nella redazione del mensile musicale ‘Tribe’ e quando qualche mese dopo, in seguito a una lunga pausa, ho riiniziato a cantare insieme al Reverendo M e a Duccio Lombardi, ho pensato di chiedere a Ezra di darci una mano per la produzione di ‘Shape of Fear and Bravery’ e ad Alessio di suonare il basso nel disco. Alla base di tutto ci sono una lunga amicizia, una stima - mi auguro - reciproca e gusti musicali decisamente affini”.

Gusti e influenze che in "One is a crowd" trascendono però i confini musicali: nel disco sono presenti riferimenti a Marc Bolan, Eliot, Sidney Pollack, fino a Shakespeare e una citazione del suo "Giulio Cesare" (in "A thousand deaths"). Una sorta di collegamento, quest’ultimo, al titolo del precedente lavoro in studio di Suz: “La citazione shakespeariana, ormai diventata proverbiale, sta proprio a ribadire il concetto semplice semplice già espresso in “Shape of fear and bravery”: i codardi muoiono mille volte. L’idea che chi per paura della sconfitta non si batte nemmeno abbia già perso in partenza. E’ un mantra che ho dovuto ripetere a me stessa più volte prima di riuscire a incidere quel disco. Questa volta prima di entrare in studio non c’era paura ma piuttosto un grande entusiasmo. Non vedevamo l’ora di metterci al lavoro!”.

La scelta di pescare tutte le illustrazioni del disco dal libro "Kunstformen der natur" di Haeckel ha un significato particolare? “La scelta è caduta su ‘Kunstformen der natur’ (‘Forme d’arte nella natura’)” ci spiega Suz, “dopo che Francesco Eppesteingher, grafico e illustratore che aveva già realizzato la copertina del mio primo disco, mi ha proposto di utilizzare l’incredibile immagine della stella gorgone di Haeckel per l’artwork di ‘Distant skies (Don’t say a word)’. Così ho scoperto dell’esistenza di questo libro meraviglioso che non conoscevo ma del quale mi sono innamorata subito. Zooographia che ha curato la copertina di ‘One is a crowd’ invece lo aveva ben presente. E’ arrivato a casa mia con la sua copia del libro ed insieme abbiamo scelto le immagini che sono poi diventate l’artwork definitivo del disco”.
"Distant Skies (Don’t Say A Word)” è il primo singolo del disco, ed è stato prodotto dal grande KutMasta Kurt… “Sono una grande fan di KutMasta Kurt” ammette Suz, “soprattutto delle sue produzioni per il rapper newyorchese Kool Keith (alias Dr Dooom, Dr Octagon, Black Elvis ecc.), così gli ho inviato un messaggio su Facebook proponendogli una collaborazione e lui mi ha subito risposto. La base che mi ha inviato sembrava perfetta per questa melodia che mi risuonava nella testa da anni e così è nato il brano”.




Melodie che, più in generale, rappresentano il fulcro del disco: “Le melodie mi arrivano in testa e poi mi viene difficile liberarmene, ci posso fare poco” ammette candidamente Susanna a Rockol. “Alla sperimentazione, quella non fine a se stessa, sono sempre aperta. Anche in questo disco, per dire, ci sono brani che escono dal seminato, penso a ‘The enemies within’, ma anche ‘Frailest China’. In realtà voglio molto bene a tutte le canzoni dell’album e sono orgogliosa dei duetti con Angela Baraldi ed Estel Luz e delle collaborazioni con Bruno Briscik, dj Pandaj e Luca Scarrone. Di tutti i pezzi, quello che mi porto dietro da più tempo è ‘Distant Skies (Don’t Say A Word)’. Quella melodia, con un testo completamente differente, me la canticchiavo già nel 2007, quando aveva il titolo provvisorio di ‘Another War’. Un paio d’anni dopo ne abbiamo incisa anche una versione insieme a Weight and Treble (Massimo Carozzi di ZimmerFrei e Manuel Giannini degli Starfuckers) che ora stiamo pensando di far uscire in free download. Vedremo…”

Tanti dunque i progetti e tanti gli impegni in agenda per Suz. In primis, ovviamente, i live: “Be’, che dire, la dimensione del live è entusiasmante, soprattutto quando si ha una risposta calorosa da parte del pubblico, tuttavia, lo confesso, il palco mi spaventa ancora un po’. Il 19 marzo suoneremo al Forte Fanfulla a Roma e il 5 aprile all’Astoria a Torino, ma non finisce qui. Altre date sono in arrivo”. - Rockol


"Rassegna stampa sul sito di SUZ"

La rassegna stampa di recensioni e interviste a Suz - Shapeofsuz


Photos

Bio

With the nickname Suz, Bolognese singer Susanna La Polla became known in the early 90s as a backup singer and vocalist for the pioneer of Italian ragamuffin Papa Ricky. In the zero years with producer Ezra Capogna and the bass player Alessio Argenteri (both former members of the historical band Casino Royale) she is then landed to an elegant and refined trip hop with the albums "Shape of Fear and Bravery" (2009, No.Mad) and "One Is a Crowd (2013, No.Mad) and "Lacework" (2015, Irma Records). After performing live in major Italian cities and opening for pioneers of the Bristol sound like Daddy G (Massive Attack) and Roni Size, Suz has performed in Hamburg, Leipzig and at the prestigious World Concert in Hamamatsu, Japan, as a representative of Bologna City of Music UNESCO. Among her past and actual collaborators are KutMasta Kurt, Angela Baraldi, Katzuma, Pandaj, Spire, Black Job, TY1 aka dj Tayone Weight and Treble and Justin Bennett (Skinny Puppy, My Life With the Thrill Kill Cult).