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"Daisy chosen as one of the best song of 2010"

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"Interview"

Primo full-lenght dei The Storylines, "June Leaves" è stato anche tra i dischi più interessanti in assoluto usciti nel corso del 2010. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con i titolari del progetto, Federico Babbo, Enrico Facca, Antonio Corazza e Fabrizio Cossutta.

"June Leaves" è il vostro primo full-lenght e viene dopo un paio di EP autoprodotti ("Storylines" del 2008 e "Trame" del 2009). Il disco è uscito per Megaphone Records, label che voi stessi avete contribuito a fondare. Potete dirci qualcosa di più su questo progetto?
Corazza: Megaphone Records è una piccola etichetta cui abbiamo dato vita con l’aiuto di una manciata di preziosissimi amici e molte idee. Detto questo, “June Leaves” di per sé è comunque autoprodotto: l’etichetta c’ha dato un grande supporto dal punto di vista pubblicitario e di gestione dei contatti con le varie riviste o webzine.
Cossutta: Dopo la pubblicazione di "Storylines" e "Trame" si era posto un problema a livello distributivo. Questo perché le grandi case discografiche sono interessate al soldo e poco al cuore, mentre le piccole etichette sono in parte attratte dalla fama nazionale (visione, a mio giudizio, poco lungimirante), hanno pochi soldi a disposizione e non vogliono "sbattimenti". Abbiamo quindi deciso di prenderci noi in carico questo "piacere", ed è cosi che vogliamo chiamarlo.
Facca: Megaphone è quasi un collettivo. Siamo tutti noi a prendere decisioni e a gestire le cose, siamo un bel gruppetto. Rispetto ai tempi dei primi Ep, quello che è cambiato con Megaphone è il sostegno di tutti quelli che ci lavorano, è la possibilità di avere a disposizione persone in gamba che stimiamo moltissimo, le quali sono sempre a disposizione per dare un’opinione, un aiuto.

"June Leaves", colpisce, da un lato, per la varietà degli spunti sonori in esso presenti, e dall'altro, per l'equilibrio perfetto raggiunto nella miscela dei vari elementi. Folk, elettronica, post-rock, indie e psichedelia si fondono meravigliosamente, in partiture a tratti apparentemente naïf ma che, in realtà, sono contraddistinte da una lucidità e da una padronanza dei mezzi espressivi sorprendenti per una band al debutto... Questo equilibrio è stato facile da raggiungere o avete dovuto lavorarci parecchio?
Babbo: Forse, inconsapevolmente, questo equilibrio è stato sin dall'inizio l'obiettivo che ci eravamo prefissati. Tutti noi abbiamo una visione estremamente personale, a partire dal suono per arrivare alla strumentazione da operare, e dunque bisognava arrivare alla fine ad essere tutti soddisfatti. Non a caso, per quasi ogni pezzo ci sono più versioni, che testimoniano il tentativo di trovare una strada unica.
Corazza: Dal 2005 abbiamo iniziato a lavorare parecchio sul suono, partendo dalla ferma convinzione di non volerci accontentare degli arrangiamenti trovati e mettendo sempre in discussione i brani. Nel corso degli anni, ognuno di noi ha seguito un proprio modo di sentire la musica, ascoltando e riascoltando dischi dei generi più disparati. In fase di produzione abbiamo lasciato che tutte le influenze accumulate nel tempo fluissero all’interno dei brani del disco, cercando di raggiungere un punto di contatto, senza lasciarci abbattere dai momenti di stallo compositivo e con l’umiltà di ritornare spesso sui nostri passi quando i pezzi non ci convincevano pienamente. È stato un lavoro lungo sì, ma che ci ha fatto crescere parecchio, musicalmente e umanamente.

Alla base delle vostre composizioni sembra esserci il folk. Su questa matrice cantautorale, nelle dieci tracce dell'album s'innestano loop, sintetizzatori, chitarre distorte, archi, diamoniche. Un bric à brac sonoro, insomma, che immaginiamo sia frutto di background ed ascolti diversificati...
Cossutta: Esatto. Questo, come s'intuisce, può essere un problema, ma il buon gusto finora ha sempre preso il sopravvento e il risultato, a mio parere e come dici tu nella recensione, è un sapiente accostamento di contrasti, che rende il disco ciò che è. E io, personalmente, ne sono soddisfatto.
Facca: Gran parte di "June Leaves" è, in effetti, un "montaggio" di cose attorno ad una melodia pop-folk. Al di là dei suoni o del "tiro" che possano avere, ci piace scrivere brani che funzionino anche cantati con la sola chitarra in mano.

L'eterogeneità e la ricchezza di cui si nutrono le partiture del disco ci spingono a chiedervi come funzioni esattamente, per gli Storylines, il processo creativo. Le musiche sono accreditate a tutti i membri del gruppo, ma c'è un compositore principale che propone una melodia sui cui poi tutti gli altri lavorano, oppure vi ritrovate ad improvvisare insieme, fino a che ciò che stavate "cercando" non prende finalmente forma? E qual è il rapporto tra la musica ed i testi, scritti invece dal solo Enrico Facca?
Corazza: "June Leaves" (con l'eccezione di pochi pezzi che sono stati buttati giù a più mani) è una raccolta di suggestioni che Enrico ci inviava da Parigi mentre era in Erasmus e che poi noi cercavamo di rendere a modo nostro. Enrico mandava questi Mp3, bozze di poco più di un minuto registrate nella sua stanzetta, che noi a Piancavallo (PN) prendevamo e destrutturavamo completamente: le chitarre finivano in un campionatore, si creava una ritmica e si aggiungevano suoni, uno dopo l’altro. Quando poi è tornato, abbiamo ripreso tutto da capo. La base, comunque, è la genialità di Enrico, chitarrista di rara bravura e scrittore di liriche assolutamente “malate”.
Facca: Non siamo mai stati portati a comporre improvvisando insieme. I nostri pezzi sono molto personali e inscindibili dai loro testi. In questo disco, gli input principali per le melodie e le liriche sono venuti da me, tuttavia, strutture e arrangiamenti sono stati creati da tutti. Da questo punto di vista, credo che abbia avuto una notevole importanza il fatto che siamo stati a migliaia di chilometri l’uno dall’altro per un lungo periodo durante la stesura del disco: ciò ci ha portati a sperimentare questo modo di lavorare insieme, influenzando sicuramente il risultato.

Per ricollegarci alla domanda precedente, il mood complessivo del disco è piuttosto malinconico, quando non propriamente depresso e questo non solo per quanto concerne l'aspetto strettamente musicale, ma anche sotto il profilo delle liriche. Un senso di profonda di solitudine e di desolazione percorre i versi scritti da Facca, anche nei passaggi all'apparenza musicalmente più "leggeri" (Sick of Goodbyes e Those Days)...
Facca: Beh, questo dipende dal carattere "personale" dei pezzi. Mi trovavo fuori casa al tempo, e per certi versi non è stato un bel periodo...
Antonio Corazza: I testi sono lo specchio di un periodo del “nostro eroe”: non è certo un maniaco depressivo o altro! Semplicemente, sentiva di voler scrivere queste cose. Ne sono uscite delle liriche a mio avviso bellissime, per quanto siano molto criptiche e vadano abbondantemente interpretate.
Forse "June Leaves" è, in linea di massima, un disco malinconico ma noi non siamo persone tristi o ombrose: abbiamo calcato la mano su determinate atmosfere e non credo sia un male. Questo non è un album da ballare, piuttosto un buon sottofondo per un viaggio, o per fare l’amore. "June Leaves", a modo suo, è un album sexy…

E riguardo la scelta di adoperare la lingua inglese per la scrittura?
Babbo: La scelta della lingua inglese è stata abbastanza naturale, visto che abbiamo sempre cantato e suonato in inglese, sia per gli ascolti che per la facilità di scrittura.
Facca: Questo non vuol dire che non ascoltiamo musica italiana o in italiano, ma che i pezzi sono nati in inglese, in un periodo in cui la lingua che adoperavo tutti i giorni era l’inglese, e per il tipo di canzoni che abbiamo nel disco, credo che l’italiano sarebbe stato solo una limitazione.
Corazza: L’italiano è una lingua difficilissima. Cantare in italiano senza rischiare di fare la solita canzonetta italiana è ancora più difficile.

Tra le tracce più intriganti c'è senz'altro Pink Star, una specie di ninna-nanna disturbata, minacciosa, propulsa da un battito cupo ed arricchita dagli interventi degli archi...
Corazza: Pink Star è uno dei pezzi che abbiamo scritto per primi, in assoluto. Anche lei ha cambiato faccia più volte: dopo averla registrata, abbiamo deciso di dargli un tiro tagliente, un bel contrasto tra una chitarra malata, un cantato dolce e i violini più eterei che siamo riusciti a registrare…
Babbo: In questi giorni stiamo provando per le date del tour e la versione live sarà ancora una volta leggermente differente…
Cossutta: Non so se sia un bene o un male, ma ci sono alcuni pezzi che non trovano mai una loro forma definitiva. Pink Star, per esempio, è in continua evoluzione: non mi sorprenderebbe se un giorno ne registrassimo una nuova versione...
Facca: Quello che mi fa sorridere è che il pezzo è nato canticchiando sopra a un ukulele percosso sulle corde con degli stecchi di bambù, fissando con gli occhi un adesivo minuscolo, e adesso è uno dei pezzi più ricchi del disco...

SP1, invece, con la sua commistione di elettronica aliena e struggente pathos suona come un riuscitissimo connubio tra Sigur Rós e Radiohead...
Babbo: Per questo brano, siamo partiti da un piccolo loop di chitarra acustica registrata a Parigi da Enrico. Da lì, abbiamo costruito intorno il pezzo e siccome lui non c’era, ho cantato io, proponendo una melodia. Abbiamo avuto bisogno di provare un paio di volte il pezzo in occasioni live per capire come strutturarlo.
Cossutta: Una volta tornato Enrico, abbiamo sistemato il tutto con l’aiuto del buon vigile Federico Piccin di Atracoustic Studio [nonché membro dei The Cirlesouth, N. d. R.], il quale ha registrato una take di batteria che ci ha stregati per il suo feeling. E poi, ore e ore e ore e ore passate davanti ad uno schermo a fare taglia e cuci e infine la ciliegina sulla torta di Lucia Violetta Gasti [violino, qui impegnata alla voce, N. d. R.]...
Corazza: Ad ogni modo, per quanto amiamo tutti in modo morboso Radiohead e Sigur Ròs, non era proprio nelle nostre intenzioni fare un tributo. In effetti, una delle prime volte che l’abbiamo provata pensavamo ai My Bloody Valentine…

Happiest, the 3rd Most Enviable è il brano di "June Leaves" con forse più debiti verso sonorità post-rock e in un certo senso rappresenta una specie di compendio della vostra arte: c'è l'elettronica più liquida, il folk, le chitarre elettriche brucianti e distorte, un ipnotico battito tribale. Potete dirci qualcosa riguardo la genesi del pezzo?
Facca: Il pezzo nasce da un applicazione di Facebook, una di quelle che fa le classifiche sulla base delle votazioni dei tuoi amici. Una mattina ho aperto il computer e mi sono accorto che la persona per cui ero ridotto a chiudermi in casa non proprio in stati di euforia veniva considerata, dai suoi amici, la più felice e la terza più invidiabile e ho scritto il primo abbozzo del pezzo. La ricchezza degli arrangiamenti è soprattutto merito di Federico, Antonio e Fabrizio.
Cossutta: Anche Happiest, the 3rd Most Enviable appartiene a quella categoria di canzoni in eterno evolvere. La take che si ascolta su disco è solo uno dei possibili punti di arrivo tra la versione presente nel primo EP e la versione live...

Veniamo un attimo a te, Federico. Quest'anno hai pubblicato un disco solista a nome Jackeyed, sempre nel solco di un alternative-folk imbevuto nell'elettronica ed attratto dall'indie, dalla psichedelia e dal post-rock. Qual è stata la molla che ti ha spinto a mettere in piedi questo progetto? Si è trattato di un'uscita sporadica o "The Sleeper's Sunday Grid" avrà un seguito? E soprattutto, qual è la principale differenza che hai potuto riscontrare, dal punto di vista strettamente creativo/compositivo, tra il realizzare un disco da solista ed uno con la propria band?
La molla è scattata perché avevo dei pezzi pronti, per voce e chitarra, e mi piaceva l’idea di vedere dove potevano arrivare dopo un lavoro di produzione. In quel periodo, stavamo già lavorando su "June Leaves" come Storylines, dunque non è stata la necessità di un disco solista a spingermi, ma la voglia di condividere dei pezzi con dei musicisti super per imparare cose nuove, nuovi metodi di lavorazione, produzione. L'album avrà comunque un seguito.

L'anno che ci siamo appena lasciati alle spalle ha visto l'emergere, nel panorama indie italiano, di band assai promettenti, oltre alla vostra: pensiamo, ad esempio, ai ManzOni ed ai Santo Barbaro, formazioni con cui avete in comune lo spirito per la ricerca e la sperimentazione ed un approccio estremamente raffinato e complesso alla scrittura. Dunque il sottobosco musicale continua a produrre qualche frutto pregevole, nonostante la crisi delle label, i fenomeni da hit-parade lanciati dai reality-show ed un generale clima di appiattimento culturale che attanaglia il nostro paese da più di un decennio...
Cossutta: È una tematica ricorrente, nel bene e nel male. E in parte si ricollega al discorso che facevo all'inizio, a proposito del sistema discografico italiano. Secondo me, nel complesso manca un pubblico critico che faccia da traino, nel senso che ci sono belle cose, bei concerti ma manca la dinamicità e la forza tipica di una cultura non mainstream, come ad esempio quella canadese o inglese. Che poi, pure lì, a pensarci bene è assurdo, perché se il loro mainstream sono gli Arcade Fire, Caribou, Wolf Parade e il nostro è Gigi D’Alessio, qualcosa non va...
Bisognerebbe riuscire a dare più forza ai canali non convenzionali, come i blog o le radio universitarie. A questo proposito, va citato l'esempio dei college americani e canadesi, le cui radio, in alcuni casi, riescono anche superare la quota di 5 milioni di ascoltatori al giorno ed hanno tutte una trasmissione dedicata alla musica “minor-stream”. In questo senso, una nota di merito per quanto riguarda il nostro Paese, va a RadioBue, la radio dell’Università di Padova.
E sinceramente, poi, è il caso di smetterla con questa mentalià, tutta italiana, per cui nei locali suoni solo se sei amico del proprietario, o se avevi un gruppo figo prima o se tuo fratello aveva un gruppo figo o lavora ad MTV. La nostra rovina è dovuta proprio a questa mentalità, applicata, più in generale, alla politica ed alle relazioni sociali.
Corazza: Il sottobosco produce sempre buonissimi frutti: purtroppo rimangono nel sottobosco, e col tempo vengono coperti da foglie e se ne ottiene un buon humus…
Non è che noi vogliamo fare i fighetti a tutti i costi: semplicemente suoniamo un genere, non mainstream, che ci piace da matti. Sicuramente in futuro andremo ad esplorare altre strade, ma sempre partendo dal gusto personale, e mai da cosa piace o potrebbe piacere agli altri. Sembrano banalità, ma abbiamo sempre pensato che in quattro avremmo tranquillamente la capacità tecnica di sfornare qualche hit da TRL ["Total Request Live", popolare trasmissione di MTV, N. d. R.]. Il punto è: a cosa porterebbe entrare in un qualche tipo di circuito modaiolo e falso? Enrico dovrebbe tagliarsi i baffi e io dovrei comprare un paio di Ray-Ban nuovi…

Ora che è uscito l'album, avete in programma un tour? E quanto ci toccherà aspettare prima che "June Leaves" abbia un seguito?
Corazza: Il tour è già partito, ovviamente coi pochi mezzi concessi dal panorama musicale italiano. Questo vuol dire che è difficile trovare locali in cui suonare, è difficile essere compresi, è difficile riuscire ad avere un minimo rimborso spese. Appoggiandoci ad un'agenzia di booking forse le cose sarebbero diverse, ma per ora ci troviamo in un brutto circolo vizioso: noi vorremmo farci conoscere, un locale (fuori provincia s’intende) che non ci conosce non va ad investire su gruppi sconosciuti, noi ci ritroviamo ad essere dei perfetti sconosciuti con tanta buona volontà. A Febbraio, comunque, suoneremo all’"Edera" a Codroipo, un locale fortunatamente attivo e coraggioso. In primavera, poi, ci sposteremo per alcune date in Germania e vedremo se l’Europa ha qualcosa in più da offrirci…
Cossutta: Lo dico sinceramente: è qualche mese che cerchiamo di trovare date in Italia con una difficoltà estrema. Siamo riusciti ad uscire due volte dal Triveneto, e non sono certo mancati i tentavi di organizzare: abbiamo mandato mail e chiamato in lungo ed in largo. La radio nazionale svedese P3 ci ha voluto intervistare dopo aver sentito una volta il CD, a Berlino ci hanno contattati dopo aver sentito una volta il CD. Perché?
Prima di fare nuovi album credo passerà del tempo. Abbiamo comunque già 4-5 pezzi su cui stiamo lavorando, un remix elettronico di Noiserv, un artista portoghese giù presente nella "XMAS Compilation 2010" della Megaphone [scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale dell'etichetta, N. d. R.] e molti progetti collaterali da portare avanti. Per fortuna. - La bottega di Hamlin (webzine)


"June Leaves Review"

Gustare i suoni-sapori degli Storylines non è solo un'esperienza possibile, ma anche auspicabile. Alle pendici delle montagne friulane, dove sorge la baita Megaphone, l'esordio in Lp della band di Pordenone è un tripudio di soffici melodie. Gli arpeggi vellutati o i rumori della natura campionati su trame elettroniche sono solo la superficie luccicante del primo ascolto. Basta poco per accorgersi che la montagna emana echi armonici e voci velate sospinte dal vento del nord. È lì, nei terreni fisici e sonori del Nord, che si forma un sound folktronico e ispido. Ma non ci troviamo di fronte ad un omaggio sterile alla Morr o ai neon dorati dei teutonici Notwist. Viene in mente ascoltando il parquet di legno e flamenco che sta dietro "Daisy", il rimbombo di feedback e tamburi artigianali che rammenda gli arpeggi di "Icarus", il chiaro-scuro di sguardi fatti di fucili e pietre di "Your Eyes Are Rifles". Come pioggia lieve sui vetri che si fa melodia, il sound della band, si traveste da canzone d'autore, ma trova nel confine con l'elettronica, il posto migliore su cui adagiarsi. Fra pelli di tamburo tirate al minimo e improvvisi tuffi in suoni artificiali, gli Storylines ci regalano dieci canzoni che odorano di "fatto in casa", di alba e tramonto, di coperte cucite negli anni dai parenti lontani. I rumori e i silenzi del mondo, i cigolii dei dondoli arrugginiti sotto temporali estivi ("Pond"), accettano volentieri l'anello melodico dell'altra dimensione, che guarda dall'alto il nostro pianeta ("Pink Star", "SP1"). In questo retroterra musicale perfettamente calibrato si innesta il gioco di voci che, come il vento tra le fronde, irrompe puntuale e deciso in ogni brano. Così facendo, il cantato impreziosisce le modalità sperimentate, siano esse duetti ("Happiest, the 3rd most enviable") o sovrapposizioni ("Sick of Goodbyes"). Tra cielo e terra, dunque, tra melodie spaziali e armonie da sporcarsi le mani con gli strumenti, la magia dell'officina Storylines abbellisce di colori sfumati la tela della nostra musica. - Rock.it


"June Leaves Review"

Instant. Nemmeno il tempo di caricare i brani dell’album “June leaves” su Bandcamp e gli Storylines sono già sbattuti su Embassy. Va detto che la blogzine che state leggendo si era già accorta del talento dei friulani qualche mese fa, con l’EP “Trame” che serviva anche a lanciare l’etichetta Megaphone, per cui si era abbastanza allertati…

Dell’EP sono state integrati nell’album due brani su quattro, Daisy (in una versione differente, in cui all’arpeggio killer si accompagna una vocalità più convinta e qualche additivo) e SP1, mentre lo scheletro dell’opera è costituito da altri otto pezzi di squisita fattura, che amplificano le impressioni già maturate. “June leaves” si può liberamente scaricare for free, appunto, nella pagina bandcamp della band, ma esiste anche l’edizione ultra-limitata che sarà presentata il 12 maggio agli “Amici di Bambi” di Porcìa (Pordenone, ore 20 puntuali), oltre che sul sito della label e via email (speaktomegaphone@gmail.com).
La delicata consistenza folktronica, un romitismo ghiacciato in ciabatte di glitch, in simbiosi con lo scabro territorio circostante: queste le principali peculiarità di un modo etico di produrre suoni come artigianato. Pond è l’attesa della notte di Natale col vento che trasporta le corde di una vecchia armonia, Your eyes are rifles svicola-scivola indolente ma non svogliata, elettrica nel réfrain e capace di diventare canzone credibile come quei materassini che vuoti non danno manco l’idea del gonfiore che possono essere, tutta rilasci di chitarra alla fine. Pink star risponde ispirata di rasoio e tamburo, “che se fosse nata anglosassone” godrebbe di ben altra risonanza, un po’ José Gonzales; Sick of goodbyes staziona più stabilmente nei paraggi del folk autoriale, segnata dal violino di Violetta Gasti e tanto feeling con la scrittura musicale, del resto nell’annuncio ai media la parola “length” torna scritta stranamente corretta rispetto ai troppi che ne abusano sbagliandola… Happiest, the 3rd most enviable: spaziale duetto anaerobico che in microonde si scalda e trova vigore, come succedeva ai vicini di casa Ten Thousand Bees, quella dolce ruvidità dei maglioni di montagna. Wings stride fra avvoltoi e nastri al contrario, una balzana chillwave subalpina, ma è solo un’impressione: tosto cresce la canzone, in ambiente di promiscuità digitale, e la tersa Icarus mantiene il plot delle precedenti, nel rumore di passaggio alla partecipata e malinconica Those days, una di quelle tracce che vedi bene giusto alla fine di un percorso. Quello della conferma, che è sempre bello ricevere segnali univoci a questo mondo. - Italian Embassy (Webzine) and Blow Up (Italian Music Magazine) - July 2010


Discography

February 2009 - "the Storylines" EP
May 2009 - "Trame" EP
June 2010 - "June Leaves"
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"Wendy Balsam" included in the 1st Megaphone Xmas Compilation
"Beatone" included in the 2nd Megaphone Xmas Compilation
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Sp1 and Daisy were played by Pelle Moeld at the Swedish Radio P3.
Sick of Goodbyes was played at Radio RAI WR8
Acoustic live performance @ Radio Bue (PD)
Several plays on web-radios.

Photos

Bio

“the Storylines” was born in the late 2006, in some small, dusty, unused rooms located in the 17-inhabitants village called Piancavallo, a place almost forgot by civilization among the mountains looking at the city of Pordenone, in the north- east of Italy.
In this empty quiet, surrounded by snow and dark, the four members had the opportunity of sharing what they had experienced untill that time, every single Friday since the beginning.

The continuous presence of electronic sounds and artificial sound- scapes, is lead every now and then by a folk spirit born in Paris, in a small room with a creaking floor. The result of this melting-pot led to "June Leaves", the first full length work of the band entirely self-produced and self-promoted.