Walden Waltz
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Walden Waltz

Arezzo, Tuscany, Italy | Established. Jan 01, 2011 | INDIE

Arezzo, Tuscany, Italy | INDIE
Established on Jan, 2011
Band Rock Psychedelic

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Music

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"ELEVEN SONS 9/10"

... I Walden Waltz sono una di quelle band che ti lasciano a bocca aperta e sembra quasi impossibile che “Eleven Sons”, sia il loro album di debutto. E’ difficile cercare di indirizzarvi ad un genere musicale per raccontare i Walden Waltz, perché loro abbracciano la musica degli anni 60 e 70, folk, prog, rock, psicadelia, beat e lo fanno con grande classe e professionalità. “Eleven Sons” è un bellissimo affresco dove la musica può diventare immagine e dove ogni brano è un colore diverso.... - Tutto Rock


"Eleven Sons - the finest album of the year"

Sounds International !!! - RockShock


"7/10 A great Album"

La psichedelia folkeggiante e bucolica dei Led Zeppelin capitolo III è senz’altro il punto di partenza (So They Say), su cui si innestano man mano acide suggestioni campestri che guardano ai più sognanti Woods di At Echo Lake, le distese litanie lisergiche degli Psychic Ills di One Track Mind, piacevoli rimandi ai Jethro Tull periodo Aqualung senza suonare derivativi (A and D) e nervose cavalcate elettriche che si aprono improvvisamente in scorci altezza Revolver, per poi terminare in voli d’archi sostenuti da lievi pulsazioni elettroniche (Feed Your Ignorance). Proprio i vaghi tappeti ritmici sintetici (Move Ahead) offrono un elemento di piacevole sorpresa che sembra tracciare un immaginario ponte con esperienze psichedeliche dall’afflato più elettronico (pur rimanendo in un delimitato ambito 70’s piuttosto vintage) come i Peaking Lights di 936, seppur spogliati dalle suggestioni dub.
Tra riff di banjo con profumi prog (How Long), svisate piacevolmente freak in scia King Gizzard & the Lizard Wizard (Tyger), drogatissime ninna nanne (You’ll Be Home), ipnotiche nenie che riescono a suonare tanto ossessive quanto malinconiche per poi chiudersi con bordate dal profumo King Crimson (My Old Friends) e acustiche incursioni nelle inquietanti e fiabesche atmosfere dei Genesis di Nursery Crime (The Fair and the Hermit), il disco sa regalare un caleidoscopio di sonorità veramente ampio. - Sentire Ascoltare


"Walden Waltz - Eleven Sons 7,5"

7,5

Se parliamo di musica underground italiana, che cosa vi viene in mente? Piccoli locali dall’aria piena di fumo e alcool, nei quali le band emergenti cercano di farsi apprezzare in mezzo al pogo e alle sbornie del venerdì sera? Beh, gli aretini Walden Waltz sono andati un po’ più in là: dalla loro formazione nel 2011, la band, con una sola demo alle spalle, si è lanciata in un tour che li ha portati nelle più grandi città americane. Tra varie vicissitudini incontrano il produttore Ron Nevison (Led Zeppelin, The Who, Rolling Stones) che li ha aiutati a produrre il loro primo singolo Looking Down, con il quale hanno vinto il premio “LA Music Award: Most Outstanding Debut Release” a Los Angeles (tanta roba, insomma). Tornati in Italia, dopo un lungo lavoro in studio, pubblicano il 17 aprile 2015 il disco d’esordio Eleven Sons.

La breve So They Say apre l’album con una sonorità che a molti ricorderà i Beatles in Magical Mistery Tour, ma già con Feed Your Ignorance, Move Ahead e A and D possiamo vedere il carattere psichedelico e sperimentale della band: l’uso variegato di strumenti abbinato ad una ricerca del suono del calibro dei Radiohead, plasma dei brani difficilmente identificabili in un singolo genere, mettendo in mostra l’originalità dei Walden Waltz. How Long è il primo pezzo che dà spessore all’album, dove le varie parti di mandolino e percussioni creano una ritmica difficile da dimenticare. You’ll Be Home e Tiger continuano la linea psichedelica, attraverso delicate melodie miste a frenetiche parti di chitarra e synth, mentre My Old Friend è forse il brano che più colpisce all’interno dell’album, con uno sporadico crescendo di strumenti che tiene l’ascoltatore in un repentino stato di attesa, che ha culmine con la malinconica parte finale. Dithyramb e The Fair And The Hermit concludono l’album dolcemente, con un leggero ritorno alle nostalgiche sonorità dei Simon & Garfunkel.

Eleven Sons mostra le potenzialità di una band che è destinata a crescere, migliorare e a portare la propria musica e il proprio talento alle orecchie di chi li vuole ascoltare, di chi ha fame di musica. - Wild Wood Zine


"One of the most stimulating thing happened to italian music"

Aretini come i Sycamore Age, i Walden Waltz condividono con il combo di Santoni/Chimenti e soci amicizia e collaborazioni ma anche un approccio di fondo alla musica che tende a smarginare confini e affrontare i generi come uno stato di passaggio. Non è l’effetto di una cultura enciclopedica, al contrario ci si riferisce sempre alla capacità di utilizzare il bagaglio di conoscenze per accrescere l’idea di una musica espansa, dove la percezione cambia continuamente durante il corso del viaggio. Potrebbero essere i segni dei Beatles e quelli di Syd Barrett in So They Say, i Mercury Rev più furiosi in Feed the ignorance, gli Air e il Brian Eno pop in Move Ahead, Robert Wyatt in A and D, il folk minimale della Penguin Cafè orchestra ma anche quello di Sufjan Stevens in How Long, il Bill Laswell di Hear no evil in You’ll Be Home. O al contrario, niente di tutto questo, proprio per il continuo trascolorare di una suggestione nell’altra, senza correre il rischio di sembrare troppo eclettici, ma con l’intenzione di spingersi radicalmente a fondo, verso l’origine di quei suoni. Si lambisce allora l’energia ancestrale di una danza intima e allo stesso tempo collettiva che trova nella coincidenza di opposti del dionisiaco l’anello di comunicazione tra vita e morte, non solo perché l’episodio più breve, Dithyramb, si riferisce a quel canto, ma anche perché lo fa restituendoci in forma essenziale e scarnificata quello stesso incedere che si può ravvisare in tutte le tracce di “Eleven Sons“. Non ha importanza quindi l’approccio filologico quanto quello attitudinale, e se al posto della lira, della grande cetra o dell’aulòs ci sono gli strumenti di altre tradizioni popolari, è l’uso non convenzionale e sincretico che se ne fa a rendere l’esperienza sonora qualcosa di profondamente nuovo e allo stesso tempo famigliare, come le “verità segrete esposte in evidenza” della ricerca esoterica. In questo senso, il debutto sulla lunga distanza dei Walden Waltz ci è sembrato sorprendente e probabilmente una delle cose più stimolanti accadute alla musica “italiana” negli ultimi anni. I confini della psichedelia ci sembrano quindi un limite per definire la musica della formazione aretina, così come lo erano per progetti apolidi e di confine come O’rang, l’esperienza di Paul Webb e Lee Harris dopo Laughing Stock. Anche in questo caso la definizione di un “punctum” ancestrale fa da ponte tra passato, presente e futuro, trovando il centro nella definizione del “saremo già stati“, ovvero una musica declinata sempre al futuro anteriore. - INDIE-EYE


"ELEVEN SONS 7"

Gli aretini Walden Waltz debuttano con il singolo “Looking Down” (2012), già un bell'esempio della loro spontaneità, una cantata folk con armonie vocali immacolate alla Simon & Garfunkel e svarione swingante-percussivo.
Dopo una discreta pausa e una lunga lavorazione esce “Eleven Sons”, il loro primo disco lungo. Sembra di sentire un possibile revival definitivo dell’era hippy, un’opera che attizzerebbe forse anche David Crosby.

La loro attitudine migliore sta spesso nel sabotare l’arrangiamento da camera con i toni suadenti delle tastiere acustiche e i toni sci-fi delle tastiere elettroniche. Così lo stomp di “So They Say”, ma è ancora niente rispetto al galop per mandola e harmonium che prende giri apocalittici in “A And D”, o la prima parte di “Feed Your Ignorance”, che riecheggia i tardi Mercury Rev, ma più nevrotici e spaziali, con fanfare ipnotiche, grandiose e comiche.

Le strutture più arzigogolate e ariose vengono più avanti, nella linea d’organo fantasma che in “How Long” dischiude una sarabanda minimalista e flauto distante, e nel folk progressivo che in “You’ll Be Home” accarezza vagiti di voci e percussioni marziane.
“My Old Friend” ha un connubio curioso tra robotico e operistico, in una serenata funebre che impasta ottoni, archi e tastiere. “Tyger”, un’eccentricità dopo l’altra, è però passatismo vintage ancor più originale. Nel breve strumentale “Everywhere”, poi, si dimostrano anche abili effettisti di soundscape di echi (il lato sperimentale dello spettro). - ONDAROCK


Discography

Walden Waltz - EP - 2012  ( Produced by Ron Nevison ) 

ELEVEN SONS - LP - 2015 - Audioglobe/The Orchard


Photos

Bio

The band , born in 2011 , immediately after the recording of the first EP, left for the East Coast on tour; after 20 dates two months and 4,000 miles on a 1980 Dodge Van, the band moved to California for the last set of live and radio sessions . Here the band is noticed by producer Ron Nevison (Led Zeppelin, The Who , The Rolling Stones ) and they plan to record five pieces in San Francisco. The EP recorder in late 2011 is purchased by Nala Films Production, while the song  premiered in competition ,at 21st LA Music Awards,  runs in major Los Angeles radio ( Pacifica, KPFK ... ) .

The band is rewarded with a Los Angeles Music Award for the song " Looking down " , produced by Nevison , such as Most Outstanding Debut Release, receiving the award at the Avalon Theater in Hollywood. Upon returning from the States , the band began a long work in the studio, completely self-produced , maintaining a relationship with Nevison , in order to promote and distribute their first LP in the United States .

After the Winter Tour Rumors ( won by the Notice of the Region of Tuscany between more than 100 groups ) , the band resumed production of the first LP which will come out this winter , the result of a year and a half of a work of weaving and destruction , worthy of a Tibetan mandala. Out now the First LP Eleven Sons, greatly reviewed by critics and radio.

 La band, nasce nel 2011, subito dopo la registrazione del primo Ep, parte alla volta dell’East Coast in tour, dopo due mesi 20 date e 4000 miglia, la band si sposta verso la California per l'ultima serie di Live e session in Radio. Qui viene notata dal produttore Ron Nevison (Led Zeppelin, The Who, Rolling Stones) con il quale, l'anno successivo, vengono registrati cinque pezzi a San Francisco. Il disco viene acquistato dalla Nala Film Production, mentre il singolo presentato in concorso al 21st LA Music Awards gira nelle principali radio di Los Angeles (Pacifica, KPFK...).

La band viene premiata con un Los Angeles Music Award per il brano “Looking down”, prodotto dallo stesso Nevison, come Most Outstanding Debut Release, ricevendo il premio all'Avalon Theater di Hollywood. Al ritorno dagli States la band inizia un lungo lavoro in studio, totalmente autoprodotto, mantenendo un rapporto di collaborazione con Nevison, al fine di promuovere e distribuire il primo LP negli States. 

Terminato il Tour invernale di Rumors (vinto con il bando di Regione Toscana tra piu' di 100 gruppi), la band riprende la produzione dell' LP che vedrà la luce quest'inverno, frutto di un anno e mezzo di lavoro di tessitura e distruzione, degno di un mandala tibetano.